DIARIO POLITICO

Pontida amara: Meloni detta le condizioni e Salvini punta il dito a sinistra

14 Set 2025 di Pol Diac

Condividi:

Giancarlo Giorgetti ha tolto ogni illusione: «Il quadro internazionale si è complicato», ha detto il ministro dell’Economia, e i soldi per tagliare l’Irpef o lanciare la nuova rottamazione delle cartelle sponsorizzata da Matteo Salvini non ci sono. Un avvertimento che pesa come un macigno sulla Lega, alla vigilia del raduno di Pontida.  Salvini arriva domenica al pratone con il partito nervoso: da una parte l’irruenza di Roberto Vannacci, che punta a occupare spazi nelle liste regionali; dall’altra la pressione di Fratelli d’Italia, che reclamano la guida di una grande Regione del Nord in nome dei numeri: il Veneto o la Lombardia. A Salvini la scelta.

Ma economia e candidature, per quanto cruciali, Salvini tenterà di metterle in secondo piano. Almeno fino a domenica. L’omicidio di Charlie Kirk, ha annunciato, impone «un cambio di agenda» per  Pontida. Sul palco dove interverranno anche alcuni esponenti della destra europea, il bersaglio principale saranno “i nemici a sinistra”, accusati di alimentare il clima d’odio. Un linguaggio che ricalca quello di Giorgia Meloni: anche la premier, dopo l’assassinio del politico Maga, ha denunciato un “clima insostenibile” e accusato la sinistra di minimizzare. Toni da campagna elettorale, che monopolizzano il dibattito e sono funzionali a nascondere le divergenze interne. La legge di Bilancio ma non solo. L’autonomia differenziata, cavallo di battaglia leghista, ha subito un’altra frenata al vertice di Palazzo Chigi la scorsa settimana e per ora resta al palo. Anche  la promessa di “rilanciare l’agenda del Nord” appare già logorata. Salvini prova a guadagnare tempo: il 28 settembre si vota nelle Marche (dove FdI punta al bis di Francesco Acquaroli), poi toccherà a Toscana, Calabria, Puglia, Campania e Veneto. Proprio il Veneto è il cuore del contendere: l’accordo sul dopo-Zaia potrebbe arrivare a Pontida, con l’investitura di Alberto Stefani, giovane vice di Salvini che ha anche il sì di Zaia. Una boccata d’ossigeno per il segretario. Il prezzo però sarebbe cedere il cuore del Carroccio, la Lombardia, a FdI.

Meloni sembra pronta a questo scambio: non vuole umiliare Salvini perché ne teme le ricadute sul Governo, ma dal Palazzo il messaggio è chiaro: “È impensabile che Fdi, che a oltre il doppio dei voti dei suoi alleati non governi alcuna Regione del Nord”. Il leader della Lega lo sa e il confronto con il passato che si farà dopo questa tornata elettorale certo non lo rassicura: cinque anni fa la Lega dominava, oggi gran parte dei suoi voti sono finiti nel partito di Meloni. Anche in Veneto. Tant’è che per limitare i danni, Zaia rinuncerà alla sua lista personale per fare da traino al partito. In Toscana, invece, dove il Carroccio teme un tonfo ancora più forte, Salvini ha scelto di aprire le liste ai fedeli di Vannacci per ammortizzarlo nonostante il malumore dei leghisti storici. Pazienza, se ne dovranno fare una ragione, il via libera del leader è già arrivato.

Argomenti

Argomenti

Accedi