INGEGNERIA ECONOMICA

L’allarme di Ingegneri e Ance: per il BIM siamo in ritardo sul 2025

Catta: c’è un problema culturale e di formazione da risolvere. Solo 4mila stazioni appaltanti si sono allineate alle nuove piattaforme Anac

27 giugno

27 Giu 2024 di Mauro Giansante

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L’allarme di Ingegneri e Ance: per il BIM siamo in ritardo sul 2025

Digitalizzazione, efficientamento energetico-ambientale, sostenibilità e governance a tutto tondo. Attorno a questi pilastri si è svolta ieri a Roma la prima giornata nazionale dell’ingegneria economica, organizzata dall’Ance – Associazione dei costruttori – e il Consiglio nazionale ingegneri (Cni). L’edilizia, così come la rigenerazione urbana più a largo spettro, sono temi attuali intercettati anche dalla politica. In Parlamento perché si discute di decreto Casa per sanare piccole difformità e provare a mettere un primo tassello per la riforma sugli immobili e degli edifici in generale. A livello legislativo, mancano pochi giorni al primo anno del nuovo codice degli appalti e sulla digitalizzazione delle procedure l’Italia è parecchio indietro. Ancora, in Europa, perché la direttiva Case green ha posto sul tavolo il grande tema della riduzione dei consumi delle nostre dimore.

Il resoconto della giornata in via Guattani porta dunque con sé un senso di complessità del tema, oltre che di consapevolezza del coinvolgimento di tanti attori. Non solo politici bensì dal mondo delle imprese, i professionisti, le associazioni e gli enti, le autorità di garanzia.

Sisto (Giustizia) e Mauceri (Mit): serve fiducia tra Pa e operatori

Per il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, intervenuto dopo i saluti introduttivi di Angelo Domenico Perrini (presidente Cni) e Massimo Angelo Deldossi (vicepresidente Ance, Tecnologia e Innovazione), bisogna riflettere bene sui principi del risultato e della fiducia introdotti con il nuovo Codice dei contratti pubblici. A questi occorre aggiungere quelli della semplificazione, la digitalizzazione già richiamata in apertura, la velocizzazione delle procedure, l’organizzazione e la trasparenza. “Siamo interessati – ha detto – a sviluppare assieme ai professionisti tutte quelle idee che possano portare un beneficio alla collettività. Il ruolo dei professionisti è fondamentale perché contribuiscono alla riduzione del gap tra pubblico e privato. In questo senso il tema di questa giornata, l’ingegneria economica, riveste una particolare complessità”. Quindi, un passaggio sull’abolizione del reato di abuso d’ufficio: “la paura da parte dei tecnici della Pa di apporre una firma rappresenta un forte freno ed alimenta una sorta di burocrazia difensiva. Il che si traduce in un danno per i cittadini. Dobbiamo costruire un clima di fiducia tra cittadini, funzionari pubblici ed operatori”.

Il discorso del Capo Dipartimento per le opere pubbliche e le politiche abitative del Mit (Ministero delle Infrastrutture e Trasporti) Calogero Mauceri, invece, si è incentrato sul tema del decreto casa in esame alla Camera proprio in questi giorni (si attende la scrematura degli emendamenti presentati dai partiti) e al voto presumibilmente la prossima settimana. “Il nostro patrimonio edilizio è caratterizzato in larga misura da piccole difformità che ostacolano la vendita e la locazione degli immobili. Non siamo di fronte a un condono né a una sanatoria, ma soltanto ad una regolarizzazione”. Poi sull’edilizia residenziale pubblica: “Abbiamo bisogno di dare nuova linfa alla risposta alla forte domanda abitativa che, attualmente, ammonta a circa 350mila e non è soddisfatta. Esiste un ampio patrimonio pubblico che va valorizzato e vanno approfondite le sperimentazioni in tema di social housing. Anche dalla rigenerazione urbana possono arrivare delle risposte: si possono recuperare aree che necessitano di riqualificazione da utilizzare per la costruzione di nuovi alloggi”. Una risposta, in questo senso, può arrivare dal recupero del patrimonio immobiliare invenduto e dal riutilizzo dei fondi accantonati negli anni scorsi. Le best practice sono Lombardia, Sicilia e Lazio e – ha annunciato Mauceri – entro fine anno arriveranno simili accordi con altre sei-otto Regioni. “La sfida è fare progetti di qualità”, ha chiosato. Sul tema generale, invece della governance delle opere, ha detto: “Un’opera pubblica che arriva fuori tempo massimo può risultare inutile. Per evitare questo serve una stretta cooperazione tra imprese, professionisti ed amministrazioni pubbliche”.

Catta (Cni) e i ritardi sul Bim

Sulle nuove regole appaltizie, il consigliere Cni Sandro Catta ha sottolineato i ritardi italiani sulla digitalizzazione delle informazioni nelle stazioni appaltanti, in base alla Piattaforma dei Contratti Pubblici di Anac. C’è un problema culturale e di formazione da risolvere, secondo Catta dagli enti agli studi professionali alle imprese, tutti sono tutt’oggi sguarniti delle figure richieste. Nel 2022 (ultima rilevazione disponibile), in Italia, c’erano 1266 Bim (Building Innovation Modeling) specialist, 434 Bim coordinator, 509 Bim manager e 71 Cde manager. Da allora, ha spiegato il consigliere, è cambiato poco e solo 4mila stazioni appaltanti si sono allineate alle nuove piattaforme Anac. Questo, in vista del 2025 non fa certo ben sperare.

Betti (Ance Edilizia e territorio): Manca continuità nell’efficientamento

Stefano Betti, vicepresidente Ance Edilizia e territorio, ha sviluppato ancora il tema Esg e case green. “E’ impensabile che i costi della direttiva Epbd siano solo a carico dello Stato o dei cittadini. Serve uno sforzo creativo per trovare nuove forme di sostegno oltre a misure urbanistiche per la rigenerazione”.

L’80% dei consumi energetici europei, ha ricordato Betti, deriva da riscaldamento, raffreddamento e la produzione di acqua calda sanitaria. Come noto, soprattutto dopo la nuova invasione militare russa in Ucraina, il tema dell’energy è esploso e l’Ue ha dovuto modellarsi pur restando un continente variegato sotto il profilo del fabbisogno e l’utilizzo di elettricità e gas. In Italia, ha ricordato quindi Betti, abbiamo avuto a che fare con lo strumento del superbonus, i cui interventi oggi si sono via via sgonfiati dopo aver inciso su 500mila edifici dalla seconda metà del 2021 alla fine del 2023. “Il sistema oggi si è fermato e con la mancanza di finanze pubbliche da poter dedicare a queste operazioni tra due anni – il termine per adeguarci alla direttiva europea – rischieremo di arrivare già in ritardo”. Dunque, c’è un tema di continuità dell’efficientamento energetico: per Betti la lezione del Superbonus è che gli interventi costano. Di qui, un monito all’Europa: serve indicare i costi di queste manovre. Il tema finanziario, per il vicepresidente, è immediato. Solo da qui si può strutturare un nuovo sistema di distribuzione tra collettività e privati, provando a fare uno “sforzo creativo”.

A livello urbanistico, edilizio, per Betti vanno riscritte le leggi generali nella direzione dei parametri Esg (Environment, Social, Governance). Infine, una stoccatina o comunque un amaro commento sul salva-casa di Matteo Salvini: “E’ semplicemente una goccia nel mare”. Il programma che serve va impostato su 20-25 anni.

Peppetti (Abi): per le case green costi fino a 400mld

Anche per Angelo Peppetti, Responsabile Ufficio Credito e Sviluppo dell’Abi, “l’ultima versione della direttiva Epbd sembra aver mitigato le criticità enormi della prima versione”. Anche se “i target rimangono ambiziosi”. In numeri, parliamo di 5-6 milioni di edifici da rigenerare in termini energetici per un range di costo che oscillerà tra i 250 e i 400miliardi di euro. L’Abi, in questo senso, ha avanzato una decina di proposte per i finanziamenti green. “Serve fare squadra con le imprese per rendere coerente la direttiva alle esigenze e le caratteristiche del patrimonio immobiliare del nostro Paese”.

Anche la consigliera e delegata all’ingegneria economica Ippolita Chiarolini, così come il vicepresidente Ance Centro Studi Pietro Petrucco, hanno condiviso la necessità di cooperazione tra pubblico e privato per aumentare la qualità dei progetti e coordinare meglio le risorse economiche negli interventi edilizi. “Il patrimonio italiano, dati del Demanio, è di 43mila immobili dal valore complessivo di 62 miliardi, cui si aggiungono i 300mld degli 800mila fabbricati degli enti locali”. Basta inquadrare questi numeri per capire l’enormità del lavoro da fare.

 

 

 

 

 

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