RIFORME DIFFICILI
Sugli appalti l’Italia ha rischiato la bocciatura della commissione Ue sulla quinta rata Pnrr
Sotto accusa, in particolare, la mancata riduzione del 10% dei tempi che intercorrono dalla firma del contratto all’apertura del cantiere. Rilievi anche sulla qualificazione delle stazioni appaltanti, va estesa alla fase esecutiva.
A dispetto dei trionfalismi del governo italiano sul Pnrr e sui “primati europei” per la presentazione e la riscossione delle varie rate, i sei mesi di confronto con la commissione Ue sulla quinta rata (in scadenza il 31 dicembre 2023) sono stati durissimi e più lunghi di quanto si prevedesse. Fino alla fine il verdetto è stato in bilico: l’Italia ha seriamente rischiato di essere bocciata proprio su alcuni aspetti della riforma degli appalti e, più in generale, del funzionamento del sistema degli appalti pubblici. In particolare, l’esame puntiglioso ha riguardato due target: la riduzione del tempo medio tra la pubblicazione del bando e l’aggiudicazione dell’appalto (M1C1-84) e la riduzione del tempo medio tra l’aggiudicazione dell’appalto e la realizzazione dell’infrastruttura (M1C1-85). Sotto accusa, in particolare, è stata la mancata riduzione del 10% del tempo che intercorre fra l’aggiudicazione dell’appalto e l’apertura del cantiere.
Alla fine gli ispettori europei venuti a Roma la settimana scorsa, dopo un lungo confronto sui dati, sono tornati a Bruxelles con un verdetto positivo, ma appena sufficiente. La politica ha fatto il resto: si è deciso che non era questo il momento di essere troppo rigidi sul singolo target e l’assessment della commissione (il documento finale dell’esame) darà il via libera al pagamento della quinta rata. Sul punto specifico, però, l’Italia resta sotto un potente riflettore e il documento, che in quel capitolo si sta ancora scrivendo, prevederà impegni vincolanti per l’Italia a mettere in campo azioni che rapidamente migliorino la situazione.
Ci sono altri due punti della materia degli appalti su cui il confronto è stato molto duro. Uno è il solito: più concorrenza sotto soglia Ue. E stavolta la commissione non si accontenterà di una circolare del ministro Salvini, ma vuole vedere recepita nel decreto correttivo del codice la norma che chiarisca definitivamente che per gli appalti di lavori fino a 5,5 milioni, le stazioni appaltanti possono decidere liberamente se affidare tramite procedura negoziata o tramite procedura aperta. Non solo, anche se sceglieranno la procedura negoziata, dovranno garantire un livello minimo di trasparenza mediante avviso.
L’altra questione è meno scontata. Gli ispettori Ue se ne sono andati da Roma per niente convinti che l’Italia stia facendo un lavoro utile sul fronte della qualificazione delle stazioni appaltanti.
L’obiettivo per la commissione Ue è sempre stato l’accorpamento e l’aggregazione stabile di piccole stazioni appaltanti con centrali di committenza più grandi. Una radicale trasformazione di sistema per cui l’Unione europea avrebbe visto di buon grado anche incentivi concessi alle piccole amministrazioni per rinunciare a gestire direttamente gli appalti.
Gli ispettori si sono trovati davanti, invece, numeri che fotografano una selezione, ma non la certezza che questo porti a un miglioramento complessivo della qualità del sistema. Non è sufficiente, in altre parole, che 8.630 piccole amministrazioni (in gran parte comunali) si siano convenzionate con le centrali di committenza per lo svolgimento delle gare. Ma questa selezione non necessariamente significa aggregazione stabile, né significa rinuncia definitiva delle piccole amministrazioni a gestire l’appalto. Quindi, si sono chiesti gli ispettori, che accade se, dopo la gara, l’appalto torna alla piccola stazione appaltante, ancora più fragile di prima?
L’esempio di molti piccoli lavori comunali del Pnrr, le cui gare sono state gestite da Invitalia, prima che l’appalto tornasse, però, per la fase esecutiva, alla stazione appaltante di origine non ha ben disposto la commissione. Questa strada ha accelerato la fase di gara ma non ha consentito una migliore gestione dell’appalto nell’arco della sua vita intera.
Il punto di compromesso che ha consentito di passare anche questo esame è stato allora quello di porre una forte enfasi su un sistema di qualificazione della fase esecutiva che fino a oggi era rimasto totalmente in ombra e che ora sembra conquistare il centro della scena. Anche l’Autorità anticorruzione ha recentemente insistito sulla necessità di questa fase 2 della qualificazione delle stazioni appaltanti. In questo caso la fase 2 è un passaggio obbligato per dimostrare alla commissione che anche la fase 1 ha funzionato.
Anche la fase 2 del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti finirà nel decreto correttivo che dovrà rafforzare questo aspetto. Ieri, intanto, si è tenuta la cabina di regia di Palazzo Chigi sugli appalti, ma senza risultati definitivi. Il primo tema affrontato è l’equo compenso per i professionisti applicato agli appalti pubblici.