DIARIO POLITICO

Autunno bollente tra dazi, legge di bilancio ed elezioni: incroci pericolosi per Meloni

Per il governo e soprattutto per Giorgia Meloni quello che si prospetta è – per usare una locuzione abusata in passato – un autunno caldo, anzi bollente. La partita sui dazi inevitabilmente si intreccia infatti con quella sulla legge di bilancio già  di per sé complicata vista la consueta difficoltà nel reperire le risorse. Nella passata edizione gli sforzi si sono concentrati sul rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale deciso l’anno prima e poco altro. Quest’anno nessuno si azzarda a fare previsioni. Quel 30% sull’esportazione dei prodotti europei minacciato dal presidente degli Stati Uniti è un’ombra gigantesca sulle prospettive di crescita europee. Per l’Italia, seconda solo alla Germania per prodotti spediti oltre Atlantico. È una scure nella produzione destinata al mercato USA.

13 Lug 2025 di Pol Diac

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A Palazzo Chigi confidano che quella del leader statunitense sia una sparata finalizzata ad alzare la posta in vista del rush finale dei negoziati con scadenza (per ora) 1* agosto. Se così non fosse le conseguenze – già pesanti con tariffe ipotizzate al 10% in generale e del 25 e del 50% rispettivamente su auto e acciaio-alluminio in vigore – sarebbero devastanti per il Made in Italy. Una prospettiva da brividi. A maggior ragione per un Paese che non ha cuscinetti per ammortizzare la caduta. Niente margini fiscali, nessuna rete di protezione.  Anzi, l’Italia deve uscire dalla procedura d’infrazione per deficit. Secondo le previsioni del ministero dell’Economia è assai probabile che il disavanzo possa tornare sotto la soglia del 3% entro i primi mesi del prossimo anno. Un risultato più che positivo tenendo conto che nel 2023  era oltre il 7%. Merito del titolare di via XX Settembre Giancarlo Giorgetti e del riconoscimento ottenuto dai mercati. Un andamento che la guerra commerciale potrebbe però rivoluzionare. Di qui il silenzio , la mancanza di dibattito o anche più semplicemente di quegli annunci roboanti che solitamente si rincorrono durante l’estate in vista dell’apertura della sessione di bilancio.

Quest’anno per di più ad aumentare le fibrillazioni c’è anche la campagna elettorale per le regionali. Si vota in Veneto, Toscana, Marche, Puglia, Campania e Valle d’Aosta. Per la maggioranza il nodo decisivo è il Veneto: decidere chi succederà al doge Luca Zaia. È quella la prima tessera del puzzle dopo la quale si possono inserire le altre. A Palazzo Chigi a breve si terrà un vertice tra i leader.  La tensione è alta. Soprattutto nella lega con Zaia che è arrivato a minacciare una lista autonoma capace, secondo i sondaggi, di raggiungere il 40%. Unica nota positiva per il centrodestra e che il fronte opposto non è messo molto meglio. Anche lì è un gioco a incastri Elly Schlein continua a rinviare la decisione sulla Toscana, nonostante il pressing del governatore uscente Giani. La segretaria del PD ha bisogno prima di raggiungere l’intesa in Campania con Vincenzo De Luca, impossibilitato a candidarsi perché ha già due mandati alle spalle ma che vuole dire la sua su chi sarà chiamato a succedergli. In ballo c’è l’alleanza con M5s, che vuole in cambio la candidatura di un suo esponente (in pole position c’è l’ex presidente della camera Roberto Fico ).

Al momento non è stata decisa neanche la data del voto. L’Election day è comunque escluso. Le urne si apriranno  nelle Marche già a settembre. A seguire dovrebbe esserci a ottobre la Toscana mentre per Veneto e Campania si parla di fine novembre. Saremo nel pieno della discussione su quella che una volta veniva chiamata la Finanziaria. Al momento però più che ipotizzare stime, si incrociano le dita in direzione Washington.

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