LA CAMERA APPROVA

Sbadigli e zero ambizioni con le micronorme del Dl Infrastrutture

Finisce più o meno come era iniziato il decreto legge Infrastrutture: con un certo numero di aggiustamenti normativi e finanziaria di piccolo cabotaggio e senza alcuna ambizione. Una forzatura della programmazione per via politico-parlamentare, facendo entrare nuove bretelle prioritarie e tre commissari straordinari alle infrastrutture. La votazione di Montecitorio si è conclusa con 191 sì e 102 no.

10 Lug 2025 di Giorgio Santilli

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Se il valore strategico delle infrastrutture in Italia si dovesse decifrare dalla portata e dalle ambizioni di provvedimenti che portano proprio il nome di Infrastrutture, come il decreto legge 73, potremmo arrivare alla conclusione che la strategia è zero, l’ambizione è zero, il disegno è zero. Il decreto finisce come era cominciato: i 191 sì che alla Camera hanno suggellato l’approvazione (contro 102 no) notificano una pioggia di aggiustamenti normativi e finanziari pressoché impercettibili, buoni solo per quelli che li hanno proposti ai parlamentari che li hanno presentati.

Anche quando la maggioranza ha tentato con qualche guizzo di alzare il livello della discussione – per esempio dando una soluzione alla controversia della revisione prezzi per i settori delle forniture e dei servizi o provando a rilanciare la programmazione del Piano nazionale complementare tramortito un anno fa dalla coppia Fitto-Giorgetti – sono arrivati i Niet di Via Venti Settembre a smorzare le ambizioni e a evitare ripensamenti su strade già segnate (e blindate). Con quelle torsioni parlamentari che non di rado assumono tratti comici. Così gli emendamenti proposti per recuperare una parte delle opere infrastrutturali strategiche cassate dal Pnc sono mandati su un binario secondario (o forse terziario) e reintitolati “Interventi per l’incremento della capacità di stoccaggio di gas naturale liquido e di rigassificazione nel territorio nazionale”. Tema sicuramente fondamentale ma che nulla aveva a che vedere con il contenuto iniziale di quegli emendamenti.

I due picchi di tensione (e di emozione) del provvedimento restano così lo schiaffone assentito dal Quirinale con lo stralcio della norma che voleva riportare a Roma i controlli antimafia sul Ponte dello Stretto e il pasticcio in corso d’opera degli aumenti delle tariffe autostradali inseriti da un emendamento dei relatori per portare in dote meno di un centinaio di milioni all’Anas: in entrambi i casi non ha certo brillato la credibilità del ministero delle Infrastrutture e del suo titolare, Matteo Salvini.

Ma quel che è peggio – Diario DIAC lo ha detto fin dal primo commento (che si può leggere qui) – è il vulnus inferto per via politico-parlamentare alla programmazione infrastrutturale, di cui il ministero delle Infrastrutture dovrebbe essere il sacro e geloso custode. Invece, con un misto fra la rassegnazione e la strizzata d’occhio, è stato proprio il Mit ad avallare norme di legge proposte dalla maggioranza di governo per assecondare questo o quel parlamentare, questo o quel collegio, dando indicazioni di priorità assoluta a opere che vengono inserite nel contratto di programma Anas. Una commistione di ruoli, uno svilimento di quelli che dovrebbero essere gli Uffici ministeriali della programmazione dei Trasporti e delle Infrastrutture per far posto a interventi sulla SS700 Caserta, al raddoppio della Galleria della Guinza, alla variante di Pieve di Teco-Ormea con traforo di Valico Armo-Cantarana, agli interventi di adeguamento e miglioramento tecnico funzionale della Ss 78 Amandola-Mozzano, ai lavori sulla Ss 7ter, tratto Manduria-Grottaglie.

Per non ripeterci sulla vicenda assurda dei commissari: il piano di razionalizzazione viene rinviato per far posto a tre nuovi commissari su altrettante bretelle. I particolari nel già citato articolo. Non che il respiro strategico cresca con le misure straordinarie per l’accelerazione del polo logistico di Alessandria Smistamento o il potenziamento della ferrovia Milano-Mortara.

Alla fine, del decreto legge 73 – che ora sarà ratificato dal Senato in questa versione – resteranno la società Stretto di Messina qualificata per legge stazione appaltante, il ritorno dei Provveditorati regionali alle opere pubbliche, il ritorno delle anticipazioni per gli appaltatori dei servizi di ingegneria e architettura. E poco altro.

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