Il protocollo

Caldo: ISTRUZIONI dall’Inps. Arrivano decreto del Lavoro, emendamento Cig

Le temperature record fermano le attività. Nei giorni scorsi l’Inps ha diffuso le istruzioni nelle quali  definisce le modalità di accesso agli ammortizzatori sociali nei casi di interruzione o riduzione dell’attività dovuti al caldo eccessivo. Le ore di cassa integrazione ordinaria utilizzate per eventi “oggettivamente non evitabili” non intaccheranno il monte ore disponibili. Il Mef sta quantificando gli oneri che ne deriveranno.

07 Lug 2025 di Maria Cristina Carlini

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Dopo la firma del protocollo quadro per fronteggiare le emergenze climatiche, si attende ora il varo del decreto ministeriale che recepisce i contenuti dell’intesa sottoscritta da governo e parti sociali il 2 luglio. Per il disco verde, si attende il ritorno dalla Danimarca del ministro del Lavoro Marina Calderone, impegnata ieri e oggi, per i lavori dell’Epsco, il Consiglio UE Occupazione, politica sociale, salute e consumatori), la prima Ministeriale del semestre di Presidenza danese. Intanto, l’Inps ha già impartito le proprie istruzioni in un messaggio (n.2130) del 3 luglio nelle quali  definisce le modalità di accesso agli ammortizzatori sociali nei casi di interruzione o riduzione dell’attività dovuti al caldo eccessivo. I datori di lavoro possono richiedere la cigo, cioeè la  cassa integrazione ordinaria, l’assegno di integrazione salariale del FIS o le prestazioni dei Fondi di solidarietà bilaterali, indicando come causale “l’evento meteo” – quando le condizioni climatiche impediscono lo svolgimento dell’attività – oppure “sospensione per ordine della pubblica autorità per cause non imputabili all’impresa o al personale”, in presenza di ordinanze che dispongono l’interruzione delle attività. Sempre secondo le istruzioni dell’Inps, le integrazioni salariali possono essere riconosciute anche in presenza di temperature inferiori a 35 °C, quando la temperatura percepita – aggravata da fattori come umidità, esposizione diretta al sole, utilizzo di macchinari che generano calore o dispositivi di protezione individuale – renda impossibile lo svolgimento delle attività in sicurezza. Le richieste devono riportare una descrizione dettagliata della tipologia di attività sospese o ridotte e delle condizioni operative, per consentire un’istruttoria completa e devono essere presentate entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello in cui si è verificato l’evento. Per queste fattispecie, considerate eventi oggettivamente non evitabili, non è richiesto il requisito dei 30 giorni di anzianità lavorativa; non è dovuto il contributo addizionale previsto per la CIGO e per l’assegno di integrazione salariale; l’informativa sindacale può essere resa anche successivamente all’avvio della sospensione o riduzione. Le indicazioni si applicano anche alle lavorazioni in ambienti chiusi privi di sistemi di ventilazione o raffreddamento per cause imprevedibili e non imputabili al datore di lavoro, nonché per le aziende agricole che rientrano nella disciplina della cisoa.

Tutta l’attenzione è puntata ora sull’attuazione del protocollo quadro. L’iter tracciato è quello della sottoscrizione di accordi declinati nei diversi  contesti lavorativi settoriali, territoriali e aziendali e anche a livello contrattuale. Sta prendendo forma l’emendamento in materia di “Tutele per emergenze climatiche”, di cui circola una bozza, annunciato dal ministro del Lavoro e che verrà presentato al primo veicolo normativo utile in Parlamento. Un’ipotesi è che salga sul treno del Dl Economia.  Come anticipato nei giorni scorsi e come si legge nel testo, visionato da Diac Diario,  la novità più significativa è il mancato computo delle ore di cassa integrazione ordinaria utilizzate per eventi “oggettivamente non evitabili” dal limite massimo di durata della CIG. Questo significa che, se un’azienda deve sospendere o ridurre l’orario di lavoro a causa di un’ondata di caldo eccezionale o di altre condizioni climatiche estreme (come maltempo violento), le ore di cigo utilizzate in queste circostanze non rientreranno nel conteggio complessivo della cassa integrazione disponibile per l’azienda. “I periodi di trattamento di cui al comma 3 non sono conteggiati ai fini del raggiungimento della durata massima di novanta giornate all’anno e sono equiparati a periodi lavorativi ai fini del requisito delle 181 giornate di effettivo lavoro, previsti all’articolo 8 della legge 8 agosto 1972, n. 457”, si legge nel testo della bozza.

Questa misura, che prevede un ricorso “ampio ed automatico” agli ammortizzatori sociali, si estende anche al lavoro stagionale, un settore particolarmente esposto alle variazioni climatiche. Insomma, non andranno a incidere sul monte ore complessivo disponibile. La richiesta che è arrivata dalle imprese al Ministero del Lavoro è stata quella di supportare il sistema produttivo nella rimodulazione dell’orario di lavoro, orientando i provvedimenti futuri in modo da non penalizzare le aziende. Il trattamento previsto nei casi di intemperie stagionali, è riconosciuto agli operai agricoli a tempo indeterminato e a tempo determinato anche in caso di riduzione dell’attività lavorativa pari alla metà dell’orario giornaliero contrattualmente previsto.  Nel testo manca ancora la quantificazione degli oneri derivanti da queste disposizioni per il 2025.  Un passaggio non certo secondario sul quale si attendono le indicazioni del Mef. La richiesta sarebbe di 34 milioni di euro. A questi oneri “si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione”. Inoltre, “in deroga all’articolo 14 della legge 8 agosto 1972, n. 457”,  il trattamento è concesso dalla sede dell’Inps “territorialmente competente ed è erogato direttamente dall’Istituto previdenziale medesimo”.

Nei giorni scorsi, Alessandro Genovesi, responsabile contrattazione inclusiva e appalti della Cgil nazionale, ha chiesto che “in attuazione del protocollo sul caldo sottoscritto al ministero del Lavoro e in attesa dei vari accordi territoriali e di settore, alcuni già sottoscritti, tutti i committenti pubblici e privati si facciano parte attiva nella sospensione di lavori, servizi, forniture e manutenzioni nelle ore più calde e rinviino interventi non urgenti, riconoscendo in automatico dilazioni dei tempi di consegna o lavorazione ai fini delle responsabilità commerciali”. “Soprattutto – ha dichiarato – non si strumentalizzi ciò che rientra nel concetto di pubblica utilità o messa in sicurezza, come il ripristino di una linea ferroviaria dopo un guasto o una riparazione negli ospedali, con attività ordinarie o già programmate. Da diversi territori, le Camere del Lavoro ci segnalano tentativi di tal fatta, nell’indifferenza delle stesse Istituzioni locali”. Per Genovesi, “se da una parte occorre, come richiesto da molto tempo da Cgil e le sue categorie, un intervento strutturale ed immediatamente efficace contro il caldo, dall’altra serve che i grandi committenti pubblici e privati dimostrino subito di essere responsabili, non solo per motivi di responsabilità sociale, ma anche legale, sia ai sensi del D.lgs 81/08, che ai sensi, per esempio, della legge 231/01 in caso di responsabilità per infortunio grave”.

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