La relazione al Parlamento
Pnrr, l’Upb: rischio SIGNIFICATIVO di non attuare la spesa entro il 2026
Il Rapporto sulla politica di Bilancio, presentato ieri al Senato, fa suonare l’allarme sullo stato di attuazione del Pnrr, indicando il significativo rischio che la spesa non venga realizzata entro il 2026. Di qui la necessità di accelerare. Secondo le stime dell’Upb, mostrano che il posticipo di 10 miliardi di spesa al 2027 dimezzerebbe la crescita per il prossimo anno. Occorre poi guardare oltre il Pnrr dando continuità all’azione di riforma e di sostegno agli investimenti.
“Il rischio di non realizzare interamente la spesa entro il termine del 2026 è significativo” e, per questo, verrebbe a mancare un importante sostegno alla crescita dell’economia italiana. Sull’attuazione del Pnrr, arriva un nuovo campanello d’allarme ed è quello che suona l’Ufficio Parlamentare di Bilancio nella presentazione al Parlamento del Rapporto sulla politica di bilancio. “La fotografia dello stato di attuazione del Pnrr presenta luci e ombre. L’avanzamento della spesa è stato di norma inferiore alle previsioni iniziali. Secondo i dati più recenti, la spesa sostenuta ammonta a 68,3 miliardi, pari a più della metà delle risorse già ricevute (122 miliardi) e quasi un terzo delle risorse finanziarie complessive (194,4 miliardi)”, ha riferito la presidente, Lilia Cavallari. “La concentrazione della spesa nella fase finale del Piano ha sottolineato ne aumenta il contributo alla crescita previsto per il 2026. Stime Upb mostrano che il posticipo di 10 miliardi di spesa al 2027 dimezzerebbe la crescita per il prossimo anno e lo scarto sarebbe recuperato nei due anni successivi”, ha sottolineato Cavallari.
In questo quadro, la priorità diventa quella di accelerare. La presidente dell’Upb ha spiegato che “la quasi totalità dei progetti è in fase di esecuzione, anche piuttosto avanzata, sebbene rimanga ancora limitata la quota di progetti nella fase conclusiva (32,4 per cento per 26,8 miliardi)”. “La chiusura dei cantieri entro la metà del 2026 – ha aggiunto – richiederà una decisa accelerazione rispetto ai tempi di norma impiegati per i lavori pubblici. Sarà importante assicurare un pieno riequilibrio territoriale delle strutture e dei servizi, soprattutto nell’ambito della sanità e degli asili nido. Potrebbero infatti permanere divari significativi nonostante il raggiungimento degli obiettivi del Piano”. Inoltre “occorrerà prestare attenzione al completamento delle opere programmate, incluse quelle al di fuori del Pnrr, e garantire risorse adeguate al loro funzionamento”.
Come ha messo in evidenza Cavallari, il Pnrr “può incidere sulle potenzialità di crescita non tanto in ragione dell’entità della spesa – la quale rileva per lo più ai fini degli andamenti congiunturali – quanto contribuendo a trasformare l’ambiente produttivo e sociale. La chiave di volta – ha sottolineato – sarà la capacità di innovare, promuovendo lo sviluppo e l’adozione su vasta scala delle tecnologie di frontiera, l’adeguamento delle competenze professionali, l’imprenditorialità e la competitività del sistema produttivo”. Di qui, la necessità di guardare oltre l’oltre l’orizzonte del Pnrr, dando continuità ai progetti di potenziamento infrastrutturale e agli interventi di riforma dei mercati e delle Amministrazioni pubbliche, sostenendo al contempo i processi di accumulazione di capitale fisico e umano”. Se “è cruciale accelerare la transizione verso un sistema produttivo più resiliente, competitivo e sostenibile”, per la presidente dell’Upb, “l’’attuazione tempestiva del Pnrr e la continuazione dell’azione di riforma e di sostegno agli investimenti delineata nel Piano strutturale di bilancio costituiscono preziose opportunità”.
La necessità di sfruttare appieno questa spinta alla crescita è, secondo l’Upb, tanto più urgente quanto più questa procede a un passo moderato. “L’espansione moderata dell’attività economica, in continuità con la performance degli ultimi due anni, sembra indicare che sia ormai esaurito l’abbrivio della forte ripresa registrata nel biennio successivo alla pandemia”, ha detto Cavallari. “Nelle stime di consenso – ha proseguito –, le potenzialità di crescita dell’economia italiana appaiono modeste in ragione di andamenti demografici sfavorevoli e di una dinamica contenuta della produttività”. Ma tutto questo non è ineluttabile. “La progressiva contrazione della forza lavoro indotta dalla transizione demografica – ha spiegato – può essere in parte controbilanciata da un innalzamento dei tassi di partecipazione, in particolare tra le donne e i giovani, per i quali si sono verificati progressi significativi. I flussi migratori possono sopperire alle carenze di manodopera che già si registrano in settori quali il turismo e le costruzioni”. Essenziale poi sarà rafforzare la capacità di attrarre lavoratori qualificati. La distribuzione per titolo di studio del saldo migratorio appare sfavorevole nel confronto internazionale. È bassa la quota di immigrati con titolo di studio almeno pari alla laurea (13,9 per cento, contro il 31,8 nella media europea), mentre è elevato il numero di laureati italiani che cercano all’estero opportunità di lavoro al passo con le loro aspettative di carriera e crescita professionale. “Controbilanciare appieno gli effetti di una demografia sfavorevole richiederà un cambio di passo volto ad accrescere in modo persistente la produttività”.
Il Rapporto dell’Upb fa anche il punto sull’impatto degli imcentivi all’edilizia nel periodo post-pandemico che “hanno esercitato un forte stimolo all’attività economica, ma con ritorni decrescenti nel tempo”. “L’espansione degli incentivi all’edilizia residenziale dopo la pandemia ha rappresentato una delle principali leve di stimolo fiscale attivate in Italia, combinando obiettivi di rilancio economico con finalità sociali e ambientali. L’adozione di queste misure ha generato un significativo impulso agli investimenti abitativi, secondo l’analisi controfattuale condotta dall’Upb mediante il metodo del controllo sintetico e il modello macroeconometrico MeMo-It”.
“Nel 2020-23 – indica la relazione – l’impatto complessivo cumulato sul Pil degli investimenti residenziali aggiuntivi è stimato in quasi quattro punti percentuali, sebbene con delle pressioni sui prezzi. L’addizionalità degli interventi è stata elevata nella fase immediatamente successiva alla crisi sanitaria per poi ridursi significativamente. In particolare nel biennio 2022-23 solamente il 60 per cento degli investimenti sarebbe stato realizzato grazie agli incentivi, sollevando quindi interrogativi sul profilo di efficienza della misura nel medio periodo”.