GREEN BOOK UTILITATIS

Rifiuti, Italia prima dal 2013 ma PESA la gestione comunale del servizio

Guardando il trend, se nel 2013 il nostro Paese presentava valori sempre più alti rispetto alla media europea ma più bassi della Francia (16% vs 17%), nell’ultimo periodo l’Italia ha fatto un importante balzo in avanti che l’ha portata ad un tasso di circolarità del 21% distanziando la Francia di quasi 3 punti percentuali. Ma sulla gestione la frammentazione è sia orizzontale che verticale, soprattutto nelle aree centro-meridionali del Paese. Sulle fasi che compongono la filiera, ci sono troppo pochi grandi gestori in grado di chiudere il ciclo. La soluzione, allora, sarebbe quella di raccordare la raccolta delle varie frazioni con gli impianti.

29 Mag 2025 di Mauro Giansante

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Come un giano bifronte, l’Italia sull’economia circolare ha due facce che, più che guardare una al passato e una al futuro, una sorride e un’altra no. La prima è quella che riguarda l’ottima performance del nostro Paese sul recupero e il riutilizzo delle risorse. L’altra è quella che attiene alla gestione del servizio dei rifiuti sul territorio.

Scrive Utilitatis nel Green Book, infatti, “l’Italia, nel 2023, presenta un ottimo tasso di circolarità delle risorse, di molto superiore alla media europea (12%), confermandosi come uno dei paesi leader in termini di circolarità”. E questo era e continua ad essere noto, confermato. Ma quello che da ancora più valore all’ottimo lavoro fatto sin qui è la tendenza sui dieci anni: “se nel 2013 presentava valori, sempre più alti rispetto alla media europea, ma più bassi della Francia (16% vs 17%), nell’ultimo periodo l’Italia ha fatto un importante balzo in avanti che l’ha portata ad un tasso di circolarità del 21% distanziando la Francia di quasi 3 punti percentuali”. E la situazione vale anche guardando altri big europei come Germania (11-14%), Spagna (9-9%) e Portogallo (3-3%).

Un altro dato indice di ottima circolarità è il seguente: l’import di materie prime riciclabili da Paesi Ue e extra-Ue è tre volte superiore al valore dell’export. In numeri, 11,5 milioni di tonnellate contro 3 milioni nel 2023 (Eurostat). Anche se il problema è nella sostituzione di materie prime vergini con quelle seconde, che soffrono condizioni di commercializzazioni più proibitive. Da questo punto di vista, allora, la sfida è aumentare la qualità della raccolta differenziata e potenziare il riciclo dei materiali, nonché promuovere il mercato delle materie prime seconde. Ma poi, secondo il libro verde di Utilitatis, vanno create nuove filiere: una delle più vantaggiose è quella della gestione del fine vita dei moduli fotovoltaici, su cui il Mase sta aggiornando la normativa. Inoltre, c’è la partita dei progetti per l’approvvigionamento delle materie prime critiche e 4 progetti su 47 del Critical Raw Materials Act europeo, rientrante nel Clean Industrial Deal, sono italiani. Dunque, il lavoro da fare c’è ma la direzione su cui si trova il nostro Paese è positiva.

Venendo al volto scuro, invece, secondo la fondazione “nonostante si segnalino importanti passi avanti, il processo di attuazione della governance locale rimane ancora incompleto in molte aree. Il comparto si conferma, inoltre, caratterizzato da un’alta frammentazione verticale e orizzontale della gestione soprattutto nelle aree centro-meridionali del Paese con gestioni che, per la maggior parte, si rinnovano ogni anno. Dal punto di vista della compagine societaria, a livello nazionale prevale la presenza di operatori totalmente pubblici (43% in termini di abitanti serviti) mentre permane una percentuale elevata di gestioni comunali “in economia” (il 29% di abitanti serviti)”.

 

Per quanto riguarda la tipologia di affidamento, poi, “il 39% della popolazione, che sale al 79% nelle isole e al 67% al sud, è gestito da società con affidamento del servizio tramite gare d’appalto, le cui durate relativamente brevi causano un frequente ricambio della gestione del servizio e un più basso livello di investimenti”. Ancora, come si legge dal Green Book, secondo l’osservatorio Utilitatis creato oltre dieci anni fa, “su oltre 3.000 gare espletate dal 2014 al 2024 per l’affidamento dei servizi di gestione dei rifiuti urbani, il 57% sono gare per i servizi di raccolta e la maggior parte hanno una durata inferiore ai 5 anni, a conferma delle difficoltà nella standardizzazione delle dimensioni e delle tempistiche di affidamento dei servizi di igiene urbana a livello nazionale”. Quello che servirebbe è quindi un servizio integrato, dove la raccolta delle varie frazioni venga raccordata con gli impianti.

Anche a livello temporale c’è frammentazione su tutto il territorio. “Infatti, la maggior parte delle gare bandite nel periodo 2014-2024 risulta con una durata inferiore ai 5 anni (2.032 bandi vs 1.152 con durata superiore a 5 anni) con una differenza che si fa più marcata in alcune aree del paese. Al sud, in particolare, la durata degli affidamenti inferiore a 5 anni rappresenta il 74% dei casi”. E quanto ai bandi per tipologia di attività, “si rileva per le fasi della raccolta una durata media degli affidamenti pari a circa 4 anni, mentre per le attività di avvio a recupero e smaltimento la durata media è pari circa a 2 anni”. Insomma, c’è troppa residualità in queste gare: nell’ultimo anno rilevato ce n’è stata solo una in Sicilia. Secondo Utilitatis, poi, “è interessante osservare come queste tendano a concentrarsi in specifiche aree geografiche con l’area centro-nord che storicamente presenta la concentrazione maggiore di gare d’ambito espletate. Negli ultimi anni, tuttavia, la Sicilia si è distinta per una maggiore diffusione di gare d’ambito”.

Insomma, la situazione rimane troppo spezzettata. Se entro agosto 2024 gli enti territorialmente competenti (Etc) e i gestori hanno dovuto adeguare i contratti di servizio al Contratto-Tipo di Arera, a fine anno scorso l’Autorità ha definito il Bando-Tipo  a cui le stazioni appaltanti e i gestori dovranno adeguarsi per la formulazione dei bandi e delle offerte delle procedure competitive che verranno bandite a partire dal 1° gennaio 2026 (con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, un tetto massimo del 30% per il punteggio economico e almeno il 70% riservato alla qualità tecnica). La stessa Arera, poi, ha da poco pubblicato quattro documenti di consultazione con nuovi elementi sul sistema tariffario e l’articolazione delle tariffe per il periodo regolatorio 2026-2029, sulla qualità tecnica e sulla separazione contabile e amministrativa nel settore dei rifiuti. Ma, conclude Utilitatis, “su 135 gestori che gestiscono il 30% della popolazione nazionale si osserva che attualmente il 57% dei comuni (equivalenti al 36% della popolazione del campione) non hanno adeguato il contratto di servizio allo schema tipo”. Il 2 giugno è vicino ma la Repubblica italiana della gestione dei rifiuti ancora non c’è.

 

 

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