L'assemblea di Confindustria
Orsini: “Servono 8 miliardi l’anno per sostenere gli investimenti, l’energia un vero DRAMMA”. Meloni: “Troviamo soluzioni ma non con soldi pubblici”
Confindustria chiede un nuovo Piano industriale straordinario per rilanciare l’economia europea e italiana. Bisogna riaccendere il motore degli investimenti per contrastare il declino e disinnescare il rischio di una deindustrializzazione. Non solo difesa ma un vero e proprio ‘New Generation Eu per l’industria’: su questo l’Europa deve muoversi con determinazione. Anche in Italia la richiesta è quella di un Piano industriale straordinario: “servono scelte forti e visione”, dice Orsini. Ma la grande emergenza che va risolta è quella dell’energia. A questo appello risponde la premier Meloni mettendo in chiaro però che i soldi pubblici non possono essere la soluzione
IN SINTESI
Un piano straordinario italiano ed europeo che rimetta al centro la crescita dell’economia e l’industria e faccia ripartire la macchina degli investimenti. Non è un’opzione tra tante ma è una strada obbligata: lo impone il cambio di paradigma innescato dai conflitti, dalle nuove modalità di regolare le partite economiche attraverso rapporti unilaterali con le grandi potenze, dalle transizioni ambientali digitali, dalla dirompente rivoluzione tecnologica trainata dall’intelligenza artificiale. La straordinarietà di questo tempo chiama interventi altrettanto straordinari. “Dobbiamo convincere i nostri imprenditori a investire” e serve “un sostegno agli investimenti di 8 miliardi l’anno per i prossimi tre anni, ancora meglio un orizzonte di cinque”. E’ una richiesta incalzante quella che il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, consegna al governo. Lo fa parlando dal palco dell’assemblea degli industriali -circa 2000 – presenti all’EuropAuditorium di Bologna- e rivolto, in primis, alla premier Giorgia Meloni, seduta in prima fila, con mezzo governo e con la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola.
Il cambio di paradigma richiede un cambio di marcia tanto più che i problemi che irrompono ora sulla scena vanno ad acuire quelli aperti già da tempo come la perdita di competitività e produttività , il rischio di deindustralizzazione., il declino degli investimenti. E poi c’è il “vero dramma” dei costi dell’energia che le imprese non potranno sostenere ancora a lungo. In questo quadro, non è un caso se “straordinario” è l’aggettivo più ricorrente nella relazione di Orsini. E non è un caso se il numero uno degli industriali batte ed insiste, con numeri di peso, sul tasto degli investimenti. Da Orsini arriva subito la proposta di un Piano industriale per rilanciare l’economia europea e nazionale. All’Europa chiede “un radicale mutamento di impostazione: le scelte degli ultimi anni stanno presentando un conto pesantissimo”. E denuncia: “hanno indebolito la nostra competitività industriale, hanno messo a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro e, di conseguenza, l’intero sistema di welfare e di coesione sociale: cuore del modello europeo dal secondo dopoguerra”. Lo dimostra il Green Deal dove “l’errore è stato anteporre l’ideologia al realismo e alla neutralità tecnologica: ci siamo dati i tempi e gli obiettivi più sfidanti del mondo man senza alcuna stima degli effetti e dei costi sull’industria e sui lavoratori e le loro famiglie”. Qui la richiesta di una svolta che non arriva solo da Confindustria ma da tutte le Confindustrie europee. “Siamo confortati di aver trovato il governo italiano al nostro fianco nella richiesta di un forte cambio di passo nell’Unione europea”, sottolinea Orsini.
“L’Europa sia determinata sugli investimenti. Serve un un New Generation Eu per l’industria”
Il presidente di Confindustria chiede all’Europa di affrontare con la stessa determinazione che mostra sul fronte della difesa anche la guerra commerciale e con investimenti altrettanto necessari. “Il patto di stabilità e crescita deve consentire un grande piano di sostegno agli investimenti dell’industria in ogni Paese europeo. altrimenti non è un patto per la stabilità e crescita . È un patto per il declino dell’Europa. Bisogna lavorare seriamente alla creazione del mercato unico degli investimenti , a maggior ragione visto che oggi importanti flussi finanziari potrebbero abbandonare gli Stati Uniti”, sostiene Orsini. Due le leve per il nuovo piano straordinario europeo: la prima sono gli investimenti per sostenere la capacità innovativa dell’industria da realizzare con il contributo delle risorse pubbliche e private. Per attivarli serve un New Generaion Eu per l’industria e un mercato dei capitali realmente unico e integrato. La seconda sono le regole per rimettere al centro la competitività, l’abbattimento degli oneri burocratici e l’unione fra le tre dimensioni della sostenibilità Esg: “se le politiche rimangono solo nazionali, continueremo con la frammentazione che ha caratterizzato l’Europa finora e non riusciremo a far crescere la massa critica degli investimenti industriali e delle innovazioni tecnologiche”.
“Per l’Italia serve un Piano industriale straordinario, l’obiettivo di crescita del Pil deve essere del 2% l’anno”
La relazione di Orsini vira, quindi, sull’Italia. Anche in questo caso lancia un piano industriale straordinario per il nostro Paese. “Al netto dell’effetto dei dazi, dopo due anni di flessione della produzione , l’industria italiana è in forte sofferenza. È ancora frenata da troppi ostacoli che riducono la competitività delle rispetto a quelle dei paesi con regole, sistemi fiscali e infrastrutture più favorevoli“. Servono “scelte forti per aumentare la competitività, la produttività e l’innovazione con gli investimenti e la semplificazione”, serve un “ progetto di sviluppo e crescita di più ampio respiro”: “per noi non ci sono alternative: bisogna pensare al rilancio dell’industria e al rilancio del pil. Dobbiamo avere un obiettivo di crescita ambizioso: raggiungere almeno il 2% di crescita del Pil nel prossimo triennio, da consolidare e aumentare nel tempo. una crescita da raggiungere investendo in spesa pubblica produttiva, a partire dalle infrastrutture, e creando le condizioni affinché le imprese possano generare ricchezza per tutti”. Tutto questo in un Paese che, secondo le stime del Centro Studi di Confindustria, al netto dei dazi, dovrebbe crescere dello 0,6% ed ora è esposto a un triplo shock: la caduta della domanda Usa, la frenata della domanda globale, la possibile crisi finanziaria con ripercussioni su Pil, investimenti, occupazione e debito.
“Energia: per le imprese situazione insostenibile, agire subito nella logica del disaccoppiamento”
Gli industriali chiedono di potenziare l’Ires premiale (dopo il limitato intervento nella legge di Bilancio), o di riprisrinare l’Ace, di puntare su Industria 4.0 e 6.0, misura “indispensabile”. Complessivamente, calcolano un sostegno agli investimenti da 8 miliardi l’anno. Dove trovare le risorse? “Usiamo tutto il margine possibile per spostare risorse dal Pnrr, non utilizzabili entro metà 2024, indirizzandole verso strumenti più efficaci a favore degli investimenti produttivi. Sfruttiamo la possibilità che la riforma dei fondi di coesione Ue del Commissario Fitto mette a disposizione per le filiere industriali italiane salvaguardando le quote per il Sud”, propone Orsini che sollecita interventi di semplificazioni. Ma del piano industriale straordinario la componente più urgente è quella dell’energia. Le imprese subiscono un sovraccosto energetico che supera del 35% il costo medio europeo e che arriva a toccare anche l’80%. “E una situazione insostenbile, occorre agire con urgenza”: “dopo tutti gli incentivi per le rinnovabili, non possiamo più accettare di continuare a pagare l’energia al prezzo vincolato a quello del gas. Occorre agire subito nella logica del disaccoppiamento”, afferma Orsini. Poi un messaggio diretto soprattutto alla politica: “si smetta di dire a Roma che siete per le rinnovabili, per poi porre nelle Regioni ostacoli di ogni tipo proprio alle rinnovabili”.
Da Orsini un nuovo appello a Meloni sul Piano Casa
Tra le emergenze del Paese, Orsini ricorda quella della casa. “Il piano casa straordinario per i nuovi assunti è entrato nell’orizzonte delle misure a cui il governo lavora e su cui già si è intervenuti con una prima misura fiscale”. E lancia un nuovo appello a Meloni: “so quanto tiene a questo progetto. È una vera emergenza sociale, dobbiamo intervenire il prima possibile per aiutare i nostri lavoratori e soprattutto i nostri giovani”.
“Con il governo dialoghiamo” e Meloni assicura: “porte sempre aperte”
Ad ascoltare la relazione di Orsini, in prima fila, c’è, come si è detto la premier Meloni, che interviene dopo Metsola e chiude i lavori dell’assise confindustriale. Appuntamento, questo, che tradizionalmente dà il polso dei rapporti tra le imprese e l’esecutivo, soprattutto se a parlare è il presidente del Consiglio. E se gli applausi sono un buon termometro, si può concludere che i rapporti volgono al sereno. Sicuramente, lo strappo che si è consumato con la dura presa di posizione di Confindustria sul Dl Bollette è rientrato. Orsini assicura che il canale di dialogo è aperto. Meloni, che chiede a gran voce che l’Europa elimini prima di tutto gli auto-dazi che si è imposta, assicura che “il confronto è la cifra di questo governo, lo dimostrano i fatti anche se non ci siamo trovati sempre d’accordo ma siamo in democrazia” e di certo “tutti vogliamo fare bene il nostro lavoro”. Agli industriali che chiedono investimenti, Meloni risponde che a questi è stata ridata centralità e l’Italia è diventata più attrattiva: “siamo desiderati in tutto il mondo” e a tutto questo ora si aggiunge il fatto che “siamo in grado di garantire stabilità”. Visione comune sugli investimenti, dunque: il governo sta lavorando già insieme al settore produttivo e alle parti sociali per una politica industriale di medio e lungo periodo”, dice Meloni. Dal Governo però non arrivano indicazioni sull’impegno finanziario chiesto dagli industriali.
E poi c’è l’energia: “Il governo è perfettamente consapevole dell’impatto che i costi energetici hanno sulle famiglie e sulle imprese, soprattutto su quelle di piccole e medie dimensioni. E lo sappiamo anche perché dall’inizio di questo governo abbiamo stanziato circa 60 miliardi di euro, l’equivalente di due leggi finanziarie, per cercare di alleviare i costi. È evidente – sottolinea- che continuare a cercare di tamponare spendendo soldi pubblici non può essere la soluzione. Per questo abbiamo accompagnato le risorse con diversi interventi, alcuni dei quali rispondono anche alle necessità richiamate proprio dalla Confindustria”. Sul costo dell’energia, il Governo sta lavorando a “un’analisi del funzionamento del mercato italiano per comprendere se eventuali anomalie nella formazione del prezzo unico nazionale possano essere la causa di aumenti ingiustificati”. E poi assicura: “siamo sempre aperti a suggerimenti, idee nuove, proposte serie. C’è bisogno della collaborazione di tutte le persone di buona volontà. La porta del governo su questa materia è e rimane sempre aperta”. “Ci siamo, anche a partire dalle semplificazioni” e “penso si debba procedere in modo più spedito e mi prendo l’impegno personalmente ad occuparmene. Ci sono cose che si possono fare più velocemente”. Meloni ricorda, inoltre, che “nel nostro ultimo incontro a palazzo Chigi ho proposto un patto col sistema produttivo, abbiamo individuato circa 15 miliardi nel Pnrr che io vorrei fossero rimodulati per sosterne l’occupazione e aumentare la produttività”. La premier assicura il proprio impegno anche ad andare avanti sul PIano Casa. “Mi sta particolarmente a cuore ma le cose preferisco assestarle e poi annunciarle”, spiega. Insomma, la sintonia c’è ma poi andrà verificata sul campo. E poi ieri l’intervento di Meloni è durato solo mezz’ora rispetto all’intervento fiume della precedente assemblea. Ci sarà tempo per un confronto più approndito sull’agenda degli industriali e capire sé questa sintonia tiene.