LEGAMBIENTE SUI COMUNI
Rinnovabili, Italia FUORI dalla top ten Ue e ferma al 24% sul target 2030
Eppure, il nostro Paese è secondo solo alla Germania in quanto a posti di lavoro nel settore: 212mila persone di cui 135mila impiegate nel comparto delle pompe di calore. Nel 2024, intanto sono stati raggiunti i 74.303 MW di potenza rinnovabile installata, + 267% rispetto al 2004, con una media pari a 2.704 MW l’anno. Si moltiplicano gli impianti a fonti pulite: in 20 anni passano da 2.452 a 1.893.195. Boom dei comuni del solare fotovoltaico da 74 a 7.873, mentre gli impianti eolici da appena 120 ora superano le 6mila installazioni.
IN SINTESI
Ormai il quadro è noto. Ed è proprio questa la notizia: cioè, che sulla transizione energetica l’Italia avanza troppo lentamente. A confermarlo è il rapporto sui Comuni presentato ieri da Legambiente. Da un lato, infatti, registriamo una potenza rinnovabile installata cresciuta del 267% rispetto al 2004. Dall’altro lato, però, rispetto agli 80 gigawatt di nuova potenza (sul 2021) da raggiungere al 2030 come da Pniec siamo fermi al 24%. E nel quadro europeo siamo diciottesimi per diffusione dell’eolico e quattordicesimi nella classifica del fotovoltaico considerando la potenza installata per abitante.
Bene il trend dal 2004, le best practices sui territori con le Cer
Guardando più da vicino la situazione, Legambiente registra che nella Penisola dal 2004 al 2024 le rinnovabili sono passate da 20.222 MW a 74.303 MW di potenza efficiente netta installata, con una media pari a 2.704 MW l’anno, per un incremento di 54.081 MW, + 267% appunto. Nei due decenni presi in esame, inoltre, è cresciuto anche il numero degli impianti: nel 2004 erano appena 2.452, nel 2024 sono saliti a oltre 1.893.195 milioni di installazioni. Quanto alle fonti, prevalgono nell’ordine il solare fotovoltaico, l’eolico e l’idroelettrico: il primo, dal 2004 ad oggi ha registrato una crescita di 37.085 MW distribuiti in 1,8 milioni di impianti, di cui 276mila solo nel 2024 e i Comuni dove sono state installate queste fonti pulite sono passati nell’arco di vent’anni da 74 a 7.873. L’eolico, nello stesso periodo è cresciuto, di 11.890 MW e gli impianti sono passati dai 120 del 2004 ai 6.130. Inoltre, 685 MW di eolico sono stati realizzati nel 2024 grazie alla realizzazione di 84 nuovi impianti che, nonostante le tante opposizioni, hanno coinvolto ben 66 Comuni. L’idroelettrico, invece, è passato da 17.055 MW del 2004, distribuiti su 2.021 impianti, a 18.992 MW su 4.907 installazioni nel 2024. Seguono la geotermia e le bioenergie.
Un altro spaccato positivo delle rinnovabili è quello occupazionale: per il report di Legambiente, infatti, l’Italia con 212mila persone è in Europa al secondo posto, dopo la Germania. Oltre la metà, 135 mila, sono impiegate nel settore delle pompe di calore nel quale la Penisola detiene il primato assoluto per impiego tra i paesi dell’Ue. Eolico e fotovoltaico in Italia valgono invece, rispettivamente, 9mila e 26,5mila posti di lavoro.
Dai territori, poi, è il fronte delle comunità energetiche a dare nuovi segnali di speranza. Spicca il caso della Fondazione Cer Italia dell’aretino, che “con una configurazione che si è sviluppata inizialmente intorno a una cabina primaria e poi estesa a livello nazionale, questa Cers conta oggi oltre 400 aderenti, tra cittadini, imprese, enti del terzo settore e amministrazioni pubbliche”. Seguono sul podio la Comunità Illuminati Sabina in provincia di Rieti e quella di Lodi-Piacenza-Milano. “Ogni configurazione territoriale ha un proprio Comitato Soci per la gestione dei benefici derivanti dalla condivisione energetica. La produzione proviene da oltre 100 impianti fotovoltaici (3.000 kW complessivi previsti entro fine 2025), in parte realizzati attraverso gruppi di acquisto solidale”.
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Venendo alle criticità, invece, per Legambiente il trend delle rinnovabili non è buono verso il 2030. Perché, come sappiamo, il target a fine decennio è quello di 80 gigawatt di nuova potenza rispetto al 2021: “Un obiettivo lontano – scrive l’associazione verde nel rapporto – dato che con le installazioni degli ultimi quattro anni il Paese ha raggiunto appena il 24,1% dell’obiettivo – 19.297 MW di nuova potenza installata dal 2021 al 2024. Per colmare questo ritardo, l’Italia dovrà realizzare nei prossimi 5,5 anni 60.704 MW, pari ad una media di 11.037 MW l’anno. Parliamo di almeno 3.557 MW in più rispetto a quanto fatto nel 2024 (7.480 MW).
Cosa fare per provare ad accelerare? Secondo Legambiente, che ha presentato una serie di urgenze al governo, occorrerà “in primis di rivedere al più presto il Decreto sulle Aree Idonee, vista anche la sentenza del Tar Lazio, ma anche la Legge 199/2021 dando alle Regioni indicazioni univoche e meno ideologiche, a partire dalle distanze tout court da beni culturali, siti Unesco ma anche da strade, autostrade, siti industriali. Rivedere il decreto Agricoltura, prevedendo la possibilità di poter realizzare impianti sui terreni agricoli non produttivi, in quelli degradati o inquinati. Accelerare gli iter autorizzativi per velocizzare la realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili, a partire dalle attività di repowering degli impianti eolici già esistenti. Attuare al più presto politiche di accelerazione per la realizzazione dei grandi impianti e valorizzare le filiere industriali collegate alle rinnovabili proprio con l’obiettivo di trasformare la crisi energetica e climatica in un’opportunità per il Paese e per i territori”.
E poi, bisognerà rimettere mano al “contingente per l’eolico offshore previsto dal Decreto Fer2 che si ferma a 3,8 GW contro un potenziale di 15 GW, un passaggio necessario anche per stimolare la nascita di filiere industriali legate a questa tecnologia, garantendo tra l’altro la riconversione di industrie oggi in crisi”. Infine, “è importante anche fornire i giusti strumenti, tra questi: completare, al più presto, l’organico della Commissione Pnrr – Pniec”, rafforzare “anche il personale degli uffici regionali e comunali preposti alle autorizzazioni, senza dimenticare di completare e accelerare la transizione verso il prezzo zonale formato in base al sistema energetico delle varie aree geografiche”. Su questo, conclude il rapporto, “occorre eliminare al più presto il corrispettivo aggiuntivo stabilito da Arera che unifica i prezzi a livello nazionale, ma anche lavorare per dividere nel prezzo finale quello relativo al gas e rinnovabili”. E sarà “fondamentale lavorare anche su una necessaria accettabilità sociale degli impianti, e a tal fine fondamentale avviare una campagna di informazione capillare nei territori sui vantaggi di queste tecnologie”.
“Nel 2024, a livello mondiale – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – il mercato delle fonti pulite ha fatto registrare maggiori investimenti di quelli delle fossili. Un dato importante che, insieme a quello di Comuni Rinnovabili, indica chiaramente quale sia la strada da seguire. Per contrastare la crisi climatica e ridurre il costo delle bollette, è fondamentale che l’Italia acceleri la realizzazione di impianti a fonti pulite, ma anche di reti, accumuli, efficienza energetica, elettrificazione dei consumi termici e di quelli legati alla mobilità. Servono, inoltre, politiche nazionali, regionali e comunali in grado di accogliere la trasformazione in corso, lavorando anche sull’accettabilità sociale e su una maggiore partecipazione dei territori, snellendo gli iter autorizzativi e rimuovendo quegli ostacoli burocratici e i decreti sbagliati che ad oggi ne frenano lo sviluppo, come quello sulle Aree idonee che la recente sentenza del Tar del Lazio ha sostanzialmente smontato. Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica non faccia ricorso al Consiglio di Stato e corregga speditamente il decreto per recuperare il tempo perso nell’ultimo anno”. E non solo.