Le audizioni sul nuovo Dfp
Pnrr, Giorgetti rilancia: “Possibilità di contabilizzare le spese anche dopo il 2026”. Sui ritardi suona l’ALLARME di Bankitalia, Corte dei Conti e Upb

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO
Dalla Banca d’Italia alla Corte dei Conti, sale l’allarme sui ritardi nell’attuazione del Pnrr; le opposizioni attaccano con durezza. E il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, prova a rassicurare: “stiamo lavorando per il raggiungimento degli obiettivi previsti nelle ultime tre tranche e a un monitoraggio rafforzato dello stato di attuazione del Pnrr, anche al fine di individuare gli eventuali aggiustamenti necessari per completare gli investimenti nei tempi previsti”. E, intanto, rilancia la richiesta alla Ue: “riteniamo del tutto fisiologico che, indipendentemente dal conseguimento degli obiettivi e dei traguardi entro la fine del 2026, parte della spesa dovrà essere contabilizzata anche negli esercizi successivi”. Giorgetti parla davanti alle Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato nel corso di un’audizione sul nuovo Documento di Finanza pubblica, approvato dal Governo. Un documento che presenta lo scenario tendenziale e non programmatico a causa, spiega il ministro, della pesante incertezza, anche se non manca una nota di fiducia perchè dalla guerra dei dazi “ne usciremo meglio degli altri” grazie all'”innata capacità di superare le difficoltà” dell’Italia, per la sua resilienza con “tutte queste formichine di imprenditori medio piccoli”.
Ma è il Pnrr che diventa uno dei temi portanti perchè le parole di Giorgetti viene chiamato a rispondere ai forti moniti giunti dalle istituzioni nelle audizioni che l’hanno preceduto. “Secondo i dati disponibili, si stanno accumulando ritardi, specie nell’esecuzione delle opere pubbliche, con il rischio che alcuni traguardi e obiettivi non vengano raggiunti entro la scadenza del Piano (agosto 2026). Membri del Governo hanno tuttavia fatto riferimento a una nuova richiesta di revisione del Piano, attesa per le prossime settimane”, ha detto Andrea Brandolini, vice capo del dipartimento economia e statistica della Banca d’Italia. “L’attuazione delle misure del Pnrr è fondamentale per sostenere la crescita e la solidità dell’economia nazionale”, ha avvertito.
Incalza la Corte dei Conti: “per una valutazione complessiva della finanza pubblica, e della adeguatezza dell’azione che si intende intraprendere all’interno dei limiti consentiti dalla nuova governance economica europea, è di particolare rilievo lo sviluppo nel prossimo biennio del Pnrr”, affermano i magistrati contabili nella relazione al Parlamento. “La necessità di procedere ad una accelerazione della spesa per gli interventi resi disponibili con il Piano, nonché l’emergere di nuove esigenze congiunturali – proseguono – non possono e non devono far abbandonare (o ridurre) quello che era l’obiettivo principale dello stesso Piano: contribuire alla modernizzazione del Paese rafforzandolo rispetto alle crisi cui è stato finora esposto”. E sottolinea ancora la Corte dei Conti: “la buona tenuta della finanza pubblica che gli ultimi esercizi hanno dimostrato rafforza quella spinta a una attenta selezione degli interventi da avviare e ad una sempre maggiore valutazione costo efficacia che deve orientare l’azione del Governo. Un lavoro di selezione che diventerà ancora più importante dopo il 2026 richiedendo la focalizzazione delle risorse sugli interventi che il Piano ha consentito di avviare, ma che devono trovare nei prossimi anni lo spazio per produrre un’effettiva crescita del nostro potenziale di sviluppo”.
“Lo stato di attuazione del PNRR mostra progressi significativi ma anche ritardi che potrebbero comprometterne la piena realizzazione nei tempi dovuti”, avverte l’Ufficio parlamentare di bilancio. “Dalle informazioni disponibili in ReGiS all’8 aprile 2025, emerge che è stato attivato il 95 per cento della dotazione finanziaria complessiva e che la spesa sostenuta ammonta a 64,1 miliardi (33 per cento del totale), di cui 27,3 miliardi relativi a Superbonus e crediti d’imposta. Nel restante periodo di attuazione dovrà essere conseguita quasi la metà del totale delle milestone e dei target, mentre la spesa da effettuare rappresenta circa due terzi della dotazione complessiva”, indica la presidente Lilia Cavallari. “Il ricorso per alcune misure a facility, società veicolo e fondi consente, da un lato, di rispettare milestone e target nei tempi e dunque di ottenere il pagamento delle rate da parte delle Istituzioni europee e, dall’altro, di completare gli investimenti e sostenere la spesa anche dopo il 2026. Per il 3,7 per cento dei 291.527 progetti censiti in ReGiS (corrispondenti a 4,9 miliardi) non si hanno informazioni e per un altro 7,8 per cento (13,5 miliardi) è riportata solo la fase in cui si troverebbe il progetto in base a quanto indicato nella programmazione iniziale senza alcuna indicazione sulla data effettiva di avvio della stessa. Se si guarda al complesso del PNRR, a questi progetti – che potrebbero essere quelli maggiormente a rischio di non realizzazione – corrisponde la stessa quota di sovvenzioni e prestiti (12,5 per cento), mentre differenze non trascurabili emergono se si osservano le singole missioni. La Missione 2 è l’unica per la quale, per questi investimenti, prevale la quota di prestiti su quella delle sovvenzioni. Per tutte le altre emerge la situazione opposta. Particolarmente rilevante è lo sbilanciamento verso le sovvenzioni riscontrabile per la Missione 3 (50,5 per cento, a fronte di 5,5 per cento di prestiti) e la Missione 7, dove tutti i progetti per i quali non si hanno informazioni o è nota solo la fase teorica sono interamente finanziati con sovvenzioni”,
Paventa poi l’effetto baratro dopo il presidente del Cnel Renato Brunetta. “Bisogna costruire la staffetta dopo il 2026, perché il grande pericolo è che il Pnrr finisce nel 2026 e dopo rischiamo l’effetto baratro cioè il buco di investimenti pubblici. Bisogna quindi giocare molto sull’accelerazione del Pnrr nel 2025 e nel 2026 anche usando meglio i Fondi di Coesione per le finalità per cui sono stati costituiti, proprio per riempire la potenziale voragine dal 2026 in poi”, afferma. Anche per l’Istat, “resta importante l’impegno dell’attuazione del programma di investimenti e riforme previsto dal Pnrr anche al fine di conseguire e rafforzare gli obiettivi di crescita programmati”.
La parola, a fine mattinata, passa a Giorgetti, che deve anche replicare al fuoco di fila degli attacchi della minoranza. “Il sistema di monitoraggio” sul Pnrr”mostra che, a marzo 2025, è stata sostenuta una spesa totale di circa 66 miliardi. Questo importo corrisponde a circa il 34% del budget totale del Pnrr e al 54% delle risorse ricevute finora dalla Commissione europea. Ci aspettiamo un sostanziale aumento della spesa dell’anno in corso e del prossimo, con il progressivo completamento degli investimenti e la chiusura dei numerosi cantieri aperti in tutta Italia”, dice Giorgetti spiegando che “ci sono più di 100 miliardi da mettere in campo”. E, ancora, ribadisce, “stiamo lavorando per il raggiungimento degli obiettivi previsti nelle ultime tre tranche e ad un monitoraggio rafforzato dello stato di attuazione del Piano, anche al fine di individuare gli eventuali aggiustamenti necessari per completare gli investimenti nei tempi previsti”. Il titolare del Mef assicura che l’obiettivo della riprogrammazione del Pnrr è quello di efficientare al massimo la spesa. E, nell’ambito di questa operazione, “si potranno individuare risorse da destinare a imprese, lavoratori e settori più colpiti dalla guerra commerciale”. Come si è detto, Giorgetti ritiene “inevitabile” contabilizzare le spese oltre il 2026.
Insomma, per Giorgetti, la partita non è nè chiusa né persa. Anche davanti ai parlamentari il titolare del Mef raccomanda prudenza. L’Italia è credibile, i conti sono migliorati, come confermano le agenzie di rating alzano il loro giudizio.”Abbiamo davanti a noi sfide sempre più complesse che richiedono prudenza, decisioni ponderate e strategie condivise a livello europeo”. E poi arriva un’altra nota di fiducia: lo scenario che sembra prospettarsi potrebbe essere “meno avverso di quello messo in conto nelle previsioni ufficiali”. Il quadro macroeconomico “è soggetto anche a rischi positivi”. Spiragli che, però, non vedono Bankitalia, Upb e Corte dei Conti.