Da Zero a NÒVA
Ogni volta che passo davanti alla Cupola di San Gaudenzio, mi fermo un istante, respiro e penso: che bella che è. Talmente alta da sfiorare il cielo di Novara, talmente bella da sembrare inarrivabile.
Io quaggiù, sedici anni da quando sono nato, le cose belle mi sembrano tutte lontane. Troppo lontane per me. Non siamo abituati noi, siamo ragazzi e ragazze che combinano guai, finiscono nei casini e a volte pure all’IPM…non sai che è? È il carcere per minori, in pratica…. Bro…sai che c’è? Ognuno di noi ha la sua storia di macelli, di famiglia, di testa, di cuore, di tutto. Macelli che ti scombinano la vita, che ti opprimono, che poi vivi in mezzo al nero, che sicuro bello non è, hai capito Bro?
E quindi, come fai a sentirti bello se attorno a te tutto ti dice che sei zero? Io non lo so, ma so che è arrivato un giorno che l’amico mio Mammolo m’ha detto: “vieni con me bro, c’è un posto forte, guarda che è forte, davvero eh!”. Io ero un po’ diffidente, ma ho pensato: “ma sì vado a vedere, faccio una cosa tanto per fare e se non mi fila scappo via”.
Appena entrato al Nòva sono rimasto venti minuti fermo, immobile, a guardare.
IN SINTESI
“Un posto così bello per me? Per noi? Non hanno paura che sfasciamo tutto? Si fidano? Me la merito tutta questa bellezza? La capisco davvero?” Questo mi batteva nelle tempie mentre giravo come un sonnambulo tra gli spazi immensi e i colori fluo delle pareti. Una scossa, un suono come elettronico spingeva ogni mio passo, ogni respiro. “È un posto fico, proprio bello…pare che m’abbraccia”, mi è uscito così, dai pensieri alla voce senza che me ne accorgessi. Che strano…che nuovo.
Al Nòva ci sono tante stanze in un solo piano e tante porte che affacciano all’esterno, danno la sensazione di non sentirti mai chiuso, quando vuoi puoi uscire, anche solo per una sigaretta, o per cantare al cielo. Poi c’è il salone, per le prove dei concerti, della danza, e c’è un piccolo palco per le esibizioni, ma noi ci saliamo anche solo a scherzare, a fare battute.
Quando sali sul palco prendi luce, tutti ti guardano eppure non hai paura degli occhi che ti guardano, perché si crea come un filo elettrico tra il sopra e sotto il palco, è come un’energia che scorre tra tutti noi: chi canta, chi ascolta, chi guarda. Pare che questa luce faccia “boom” , che esploda dappertutto, e che alla fine accechi di gioia tutti noi.
Prima era solo una vecchia caserma a Novara, poi l’hanno stravolta, ricostruita da zero. Ora è uno spazio nuovo, più vivo, più bello. Un po’ come i pensieri che nascono qui dentro: prima nascosti, chiusi nel buio di ognuno, poi fuori. Nuovi, leggeri, potenti. Belli come la musica.
La musica, sì, perché noi qui facciamo musica, Rap per la precisione. E le canzoni le scriviamo noi. Le canzoni sono scagliate fuori dal pensiero, arrivano quando vuoi dire qualcosa che non riesci a dire, a dirti. Io le scrivo in momenti difficili, quando voglio smontare il mondo, allora scrivo, mi sfogo, mi placo, mi fermo e riparto. Solo così riesco a raccontarmi ciò che vivo, che penso, che sono. È uno sfogo del brusio che ho in testa, che si ferma, si fissa sulla carta in versi, e poi finalmente si libera con la musica e si ricompone nell’aria, davanti a me. Allora tutto mi sembra più chiaro, limpido, tanto da parermi bello pure io.
All’inizio ero molto insicuro, non riuscivo a cantare, a far niente e neppure a darmi un nome, poi grazie agli educatori, agli amici sono riuscito a capire qualcosa in più di me stesso. Quando sono arrivato qui avevo paura di non piacere, avevo il terrore del giudizio degli altri, anzi diciamo pure che non mi piacevo. Cercavo una forma che contenesse tutte le mie forme, ma mica lo sapevo che forma avevo.
A volte mi sento a metà, come sospeso, i piedi non trovano la terra, il mio passo non ha nessun suono, come la voce che si ferma nella gola. Le parole fanno fatica ad uscire, restano a metà, spezzate, come me.
Oggi so che la maggior parte di noi si sente così a volte. Un mio amico dice sempre: “Le strade fredde devono ancora venire”. Lui intende che le strade conosciute sono già riscaldate dalla nostra presenza, quelle fredde sono ancora da vivere. Quel freddo ci spaventa, ma solo se quelle strade nuove le cerchiamo e le percorriamo potranno riscaldarsi, potranno non farci più sentire freddo, paura. Solo così i sogni che lasciamo sotto il cuscino la mattina, nascosti a noi stessi e agli altri, potranno uscire, svelarsi.
Sai che c’è, bro, adesso tu mi stai chiedendo, perché vuoi addirittura scrivere una storia su questa storia qua. E già mi pare assurdo…Ma a volte ancora non ci credo che sto qui a cantare, scrivere, registrare pezzi. Cioè, credete tutti che valiamo così tanto? che io valgo così tanto? Assurdo…
Ma se io valgo è pure perché questo posto ha un valore che non si può misurare con i numeri. Perché qui ci sono adulti e amici che danno valore l’uno all’altro. Siamo legati profondamente, siamo proprio in sintonia. Questa connessione ci fa sentire meno soli quando le giornate si mettono storte. Non è solo un luogo dove ritrovarci, ma una casa, dove possiamo crescere insieme, aiutarci e divertirci. E questo come fai a misurarlo? Viene un numero infinito che gira su se stesso e poi torna a me, a te, a tutti noi.
Lo so, le persone possono prendermi per pazzo, do i numeri…ma la mia prospettiva qui è considerata, perché ho imparato che ogni punto di vista ha il suo valore, la sua bellezza, anche il mio che mi pareva zero.
Zero è il nome che ho scelto infatti, che è niente, ma zero ha mille possibilità, può diventare quello che vuole, può prendere mille forme. Zero mi sembrava la fragilità, la mia fragilità di dipendere affettivamente, di non sentirmi mai abbastanza, di sentirmi sbagliato, anche mentre facevo finta di essere chissà chi. Zero è questo zaino che porto in spalla ogni giorno, pieno di sassi, che ora a mano a mano lascio cadere, lo svuoto fino ad arrivare a zero pesi, zero paranoie, ma mille forme. Della mia forma in cerca di forma oggi faccio bandiera, sono zero ma posso essere tutto. La fragilità oggi mi rafforza.
Il cielo di Novara quando canto ora mi sembra anche di sfondarlo, sono felice, anche se so bene che la felicità dura poco, come le canzoni. C’è un momento della canzone che sento proprio la sintonia col mondo. Cioè la canzone mi piace tutta, ma c’è quel momento preciso, che ne so l’inizio, o il ritornello, o la fine, quelle parole precise, oppure quel passaggio di accordi in cui la canzone mi entra così dentro, che sono proprio felice, come un brivido, come un tuffo nel blu, come un salto fino alle stelle, e mi sento sicuro quando sono felice, sono libero e non mi importa più di nulla, di nessuno, non vedo più gli sguardi degli altri che mi giudicano, non sento più le pressioni, nessuno mi fa gli sgambetti o mi tira gli schiaffi. Cammino convinto, non devo essere più perfetto ad ogni costo, perfetto come intendono gli altri, non io. Quando arriva quel momento lì, anche se dura poco, canto con la vita, canto da solo nella stanza e fuori non c’è più niente. Ci sono solo io e la musica. E’ tutto bello, pure io.
La bellezza che mi pareva irraggiungibile, oggi è più vicina. Forse allora la bellezza è qualcosa che ci accoglie, che ci insegna, che ci cambia. Forse ce la meritiamo, forse no, forse la bellezza non chiede il permesso, ma so che ora la guardo e la sento mia, la Cupola, il Nòva, la strada e la musica.
Ringraziamo i ragazzi, le ragazze del centro NÒVA, per averci ispirato. La storia prende spunto dalle interviste a loro, agli educatori e ad altri cittadini di Novara.
Ascolta il racconto di Emilia Martinelli letto da Danilo Turnaturi
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Emilia Martinelli
Nata a Napoli nel 1974, storyteller nell’ambito della valorizzazione di beni culturali, regista e autrice, insegnante di teatro, educatrice. Il lavoro di autrice parte sempre da ricerche sul campo, dall’ascolto di storie vere. Collabora e ha collaborato col Teatro Brancaccio, il Teatro di Roma. Ha lavorato anche in contesti “al limite” come carceri, centri di accoglienza, periferie, e poi con donne vittime di violenza, persone disabili, minori a rischio. È fondatrice e direttrice artistica della compagnia fuori contesto dal 2005 e dal 2013 del Festival “Fuori Posto. Festival di Teatri al limite”. Dal 2020 è socia della società̀Hubstract Made for art e cura i contenuti, le installazioni e performance site specific.