Il progetto Cities di Confcommercio
Alleanza fra commercio e Comuni in 38 città contro la desertificazione, per la RIGENERAZIONE urbana
Dal 2012 al 2024, si è registrato un calo di quasi 118 mila imprese del commercio al dettaglio. Un dato allarmante perché fotografa il grado di avanzamento del processo di desertificazione commerciale. E’ una situazione grave ma non irreversibile: è per questo che Confcommercio ha intensificato l’azione di contrasto con il progetto ‘Cities’ che punta su un’alleanza con il territorio per lo sviluppo di nuove politiche di sviluppo e di rigenerazione urbana per dare nuova vita alle città. Da Nord a Sud, sono state presentate proposte per 38 città.
IN SINTESI
La desertificazione commerciale nelle città italiane avanza ma non è irreversibile. È una minaccia alla sopravvivenza stessa delle città ma questo rischio può e deve essere disinnescato. C’è una strada per arginare Il declino ed è quello di un nuovo modello di rigenerazione e sviluppo urbano che coinvolga i principali attori sul territorio. A indicarla è il progetto ‘Cities’ promosso due anni fa da Confcommercio che ora lo rilancia con forza alla luce dei ultimi allarmanti dati, contenuti dal report realizzato dal suo ufficio studi ‘Demografia d’impresa nelle città italiane’ : tra il 2012 e il 2024, si è registrato un calo di quasi 118 mila imprese del commercio al dettaglio. Ma, appunto, la sfida è aperta, il cantiere è nel vivo e c’è già un numero che misura il percorso intrapreso: 38, tante sono le città italiane dove le associazioni territoriali di Confcommercio hanno presentato ai Comuni proposte di riqualificazione e rilancio dei centri e dei quartieri di città grandi e medie ma anche di centri più piccoli.
Prima di entrare nel dettaglio di alcune delle 38 proposte, ci sono alcune considerazioni generali che tratteggiano l’operazione nel suo complesso, come ha spiegato, nei giorni scorsi, nel corso della presentazione nella sede nazionale di Confcommercio del rapporto, il responsabile dell’Urbanistica e Rigenerazione urbana, Paolo Testa. Il percorso fin qui compiuto dal progetto ‘Cities’ ha, innanzitutto, messo in luce la necessità di un approccio multidisciplinare al problema che integri dimensioni urbanistiche, economiche e sociali. In base all’analisi delle proposte avanzate dalle associazioni territoriali a sindaci e decisori dei rispettivi enti locali, sono emersi due strumenti fondamentali: la redazione di Programmi Locali di Sviluppo delle Economie di Prossimità, che definiscano strategie e azioni di rilancio commerciale e di rivitalizzazione dei quartieri e la formalizzazione di alleanze tra attori civici (es. i distretti del commercio egli hub urbani e di prossimità) per la gestione coordinata dei sistemi economici e urbani. Va ricordato, comunque, che c’è anche una regia nazionale suggellata dal protocollo d’intesa sottoscritto da Anci e Confcommercio.
Le cinque direttrici per una nuova politica urbana di sviluppo
Cinque sono le direttrici che guidano questo nuovo corso di politica urbana di sviluppo. La prima è la rigenerazione dello spazio pubblico e dei quartieri. La proposta è quella di di rafforzare il coinvolgimento delle economie di prossimità e delle loro rappresentanze nella rigenerazione degli spazi pubblici e delle aree degradate, attuata attraverso interventi di trasformazione fisica delle infrastrutture, di mitigazione dell’impatto del cambiamento climatico, di urbanistica tattica e di placemaking. In questi percorsi, la collaborazione strutturata tra istituzioni e associazioni può generare ecosistemi di supporto per rendere tangibili i progressi e promuovere un’identità di quartiere più forte.
La seconda direttrice si focalizza sulla mobilità e logistica sostenibili per la città della prossimità. L’obiettivo è superare il modello della “città delle distanze” e favorire una mobilità sostenibile. Si propongono Piani Urbani della Mobilità e della Logistica sostenibili (PUMS e PULS) che integrino trasporti, urbanistica ed economia locale. Piani caratterizzati damisure concrete che includono, tra le altre: piattaforme di smistamento merci con magazzini di prossimità urbana per ridurre il traffico e la congestione, sistemi di logistica a basso impatto ambientale (inclusi mezzi a zero emissioni e cargo bike) per ridurrel’inquinamento.
La terza direttrice punta sui patti locali per la riapertura dei negozi sfitti. Si tocca qui un problema cruciale dal momento che l’alto costo degli affitti è certamente uno dei fattori di freno all’apertura di nuove attivitàe di spinta alla chiusura di quelle tradizionali. La proposta è quella di attivare accordi tra Comuni, associazioni e proprietari per agevolare la definizione formale di canoni di locazione calmierati, in particolare nei quartieri e nei quadranti più fragili e rendere accessibili gli immobili anche alle imprese nascenti o in difficoltà. Questi patti, che possono privilegiare in prima battuta imprese costituite da giovani e donne, hanno benefici molteplici perché, oltre alla riapertura degli sfitti, contribuiscono alla riqualificazione dei luoghi, promuovono un uso più efficiente del patrimonio immobiliare esistente e riducono i rischi per tutti gli attori in campo.
La quarta direttrice si concentra sulla gestione partecipata e collettiva delle città. Il degrado urbano è spesso legato alla mancanza di manutenzione e al progressivo abbandono dei luoghi. Occorre promuovere la città come “bene comune”, quel modello di sviluppo urbano in cui la città è vista come un patrimonio collettivo da gestire in modo partecipativo, equo e sostenibile. Questo approccio considera lo spazio urbano, i servizi pubblici e le risorse della città come beni comuni, cioè accessibili a tutti, con imprenditori e cittadini attivi nella rivitalizzazione dei luoghi, nella creazione di servizi per la comunità e nella promozione di iniziative culturali e commerciali, per valorizzare il tessuto urbano e rafforzare la coesione sociale.
Infine, la quinta direttrice è quella che riguarda le politiche per il commercio locale più efficaci grazie all’uso di tecnologie digitali. L’uso dei Big Data e dell’Urban Analytics può guidare politiche più efficaci per il commercio locale. Cities ha sviluppato e sperimentato sul campo, con il fondamentale contributo delle associazioni territoriali, un applicativo di monitoraggio (web-dashboardbasata su dati di telefonia mobile) che analizza i flussi pedonali e le dinamiche commerciali nelle vie del commercio dei centri urbani. Lo scambio di dati con Comuni e istituzioni e la collaborazione con istituti di ricerca e università per la loro analisi può contribuire alla programmazione degli eventi e delle campagne di marketing, al miglioramento dell’accessibilità dei luoghi e all’ottimizzazione degli interventi di arredo urbano.
Le proposte di ‘Cities’ in 38 città
prevede una serie di azioni strategiche: dalla mappatura degli immobili idonei al coinvolgimento attivo dei proprietari, dall’introduzione di incentivi fiscali e amministrativi al lancio di una campagna di promozione per attrarre investitori. L’obiettivo è quello di riqualificare l’ambiente urbano del centro storico e tutelare il patrimonio culturale di Palermo, rilanciando l’economia locale e rafforzando l’attrattività turistica della città.
I numeri della desertificazione: tra il 2012 e il 2024 meno 118 mila attività commerciali
Tra il 2012 e il 2024 le imprese del commercio a dettaglio con sede fissa sono passate da 551.300 a 433.600, registrando un calo di 117.800 attività (-21,4%. Ancora più ampia la flessione Nel commercio ambulante dove si è passati da 93.800 a 70.900 in calo di 22.900 attività (-24,4%). In controtendenza ‘alberghi, bar e ristoranti’, che nello stesso periodo sono passati da 318.100 a 336.600, in crescita di 18.500 attività (+5,8%). Dal rapporto emerge che nei centri storici chiudono più negozi che nelle periferie, sia al Centro-Nord che nel Mezzogiorno. Nei comuni sono spariti, negli ultimi 12 anni, quasi 31mila esercizi al dettaglio in sede fissa, riduzione che si accompagna a quella degli sportelli bancari che tra il 2015 e il 2023 sono passati da 8.026 a 5.173 (-35,5%). Tra i settori merceologici, nei centri storici si riducono le attività tradizionali (carburanti -42,1%, libri e giocattoli, -36,5%, mobili e ferramenta -34,8%, abbigliamento -26%) e aumentano i servizi (farmacie +12,3%, computer e telefonia +10,5%) e le attività di alloggio (+67,5%) al cui interno si registra un vero e proprio boom degli affitti brevi (+170%), dovuto alla forte accelerazione nell’ultimo anno, mentre gli alberghi tradizionali calano del 9,7%. A livello territoriale, le regioni del Nord evidenziano le maggiori perdite di negozi al dettaglio, mentre al Centro-Sud si registra una maggiore tenuta: dei 122 comuni presi in esame dall’analisi, ai primi 5 posti si collocano Ancona (-34,7%), Gorizia (-34,2%), Pesaro (-32,4%), Varese (-31,7%) e Alessandria (-31,1%); nelle ultime 5 posizioni i Comuni che registrano la migliore tenuta sono Crotone (-6,9%), Frascati (-8,3%), Olbia (-8,6%), Andria (-10,3%), Palermo (-11,2%).