USATO SOLO IL 9% DEI RICAVI ETS
Sulla spesa dei fondi clima l’Italia è OPACA. L’allarme del think tank Ecco
L’Italia spende poco e male i fondi per il clima. L’allarme arriva dal think tank Ecco che, ieri, ha presentato uno studio per monitorare le rendicontazioni pubbliche presentate dall’Italia alla Commissione Europea tra il 2014 e il 2024 e capire come vengono utilizzati i proventi generati dalle aste dell’Eu Emissions Trading System (Eu Ets), il sistema europeo per lo scambio di quote di emissione di gas serra introdotto nel 2005 che stabilisce un prezzo alle emissioni di CO2 mediante l’attribuzione di permessi ad emettere che diminuiscono nel tempo.
IN SINTESI
Per ricordare, inizialmente regolamentava il settore elettrico e quello dell’industria energivora, oggi coinvolge oltre 10.000 installazioni fisse in Europa (più di 1.000 in Italia) e con l’ultima revisione normativa, del 2023, è stato esteso anche al settore dell’aviazione civile e quello navale. Tra due anni, poi, verrà introdotto un nuovo sistema, chiamato Ets2, che regolamenterà le emissioni di carbonio di fornitori di carburanti e combustibili fossili per trasporti, edifici e imprese medio-piccole. Trasferendo così i costi d’inquinamento dai fornitori di energia da fonti fossili ai consumatori finali, spingendo i consumatori a scelte di efficienza energetica ed elettrificazione dei consumi finali, adottando soluzioni a zero-basse emissioni (e per alleviare possibili discrepanze, la Direttiva prevede la possibilità di alleviare il peso sociale derivante da tali costi, sia mediante spesa diretta dei proventi delle aste, sia attraverso il cosiddetto Fondo Sociale Clima).
Tornando ad oggi, come ha rilevato Ecco in questo studio “emergono significative carenze nella pianificazione della spesa a breve e medio termine e nella tracciabilità dei fondi utilizzati”. In particolare, tra il 2012 e il 2024 le aste dell’Eu Ets hanno generato proventi per 15,6 miliardi di euro ma l’Italia appare aver speso solo il 9% di questi soldi in azioni di contrasto ai cambiamenti climatici. “Ben al di sotto delle previsioni di spesa attualmente previste ex legem del 50% dei proventi”, si legge nello studio. Inoltre, “solo il 42% dei proventi delle aste del biennio 2012-2013 è stato speso a distanza di oltre un decennio”. Ecco perché “rimangono dubbi sull’efficacia della destinazione dei 3,6 miliardi di euro utilizzati tra il 2021 e il 2022 per ridurre i costi delle bollette”.
Parliamo di somme rilevanti, insomma, “e con l’Ets 2 dovrebbero arrivare nelle casse dello Stato altri 40 miliardi di euro, di cui 7 destinati al Fondo sociale per il clima”, spiega a Diario Diac una delle curatrici del rapporto, Francesca Bellisai. “Come spendere queste risorse? Ad esempio per efficientare le scuole pubbliche o le case popolari. Per le prime si stimano costi attorno i 20 miliardi di euro sulla metà degli edifici”. Il problema, appunto, è che al netto degli obblighi europei per l’Italia “persistono forti difficoltà a capire dove sono stati impegnati i fondi e dove effettivamente è avvenuto l’esborso guardando le rendicontazioni”.
Come sono stati spesi (e come no) i proventi del sistema Ets
Guardando a come sono stati spesi 1,404 miliardi sui 15,6 generati dal 2012, nello studio Ecco scrive che “la quota maggiore, pari al 29,16% dei fondi, è stata destinata a progetti e misure per sviluppare le energie rinnovabili, per un totale di 406 milioni di euro generati tra il 2018 e il 2019”. Ma “dalla rendicontazione 2024, gli ultimi proventi impegnati sono quelli generati nel 2020 con destinazione Development of technologies that help meet the commitment of the Union to increase energy efficiency, per finanziare la creazione della Solar Farm negli aeroporti di Pantelleria e Palermo, con un totale di circa 4 M€. Non c’è chiarezza sui proventi generati dal 2021 a oggi. Anche tenendo conto delle procedure di gestione amministrativa, infatti, almeno i fondi del 2021 dovrebbero essere indicati”.

Nei prossimi cinque anni proventi Ets1 tra 27 e 33 miliardi di euro ma in Italia c’è un problema di gestione dei fondi
Matteo Leonardi, Direttore e co-fondatore di Ecco, il think tank italiano per il clima ha ricordato che “l’Ets garantisce entrante importanti per le casse dello Stato. Nei prossimi cinque anni si stima che l’Ets1 possa generare proventi tra i 27 e i 33 miliardi di euro. Questi fondi non possono andare dispersi in misure emergenziali, come accaduto durante la crisi gas del 2021-22. Tali ricavi possono offrire un contributo significativo nel finanziamento delle politiche della transizione. Permetterebbero a famiglie e imprese di investire in tecnologie alternative a quelle alimentate dalle fonti fossili, con conseguenti vantaggi in termini di competitività e sicurezza nei mercati, al riparo dalla volatilità di un mercato del gas che si è dimostrato profondamente instabile e volatile”.
Chiara di Mambro, Direttrice strategia Italia e Europa di Ecco ha quindi spiegato che “per un Paese come l’Italia, caratterizzato da un limitato spazio fiscale, l’uso efficiente ed efficace dei proventi delle aste Eu Ets rappresenta un’opportunità per finanziare la transizione energetica, ridurre la dipendenza dalle fonti fossili e garantire la competitività delle imprese”.
Secondo Bellisai, “manca una ownership pubblica dei fondi da almeno dieci anni, a prescindere dal colore politico dei governi in carica”. Insomma, “c’è una perdita di contezza dei processi di gestione delle risorse e il rischio è che arrivino contestazioni dalla Commissione europea per il recepimento della norma modificata nel 2023 per cui i fondi che dovevano andare interamente a finanziare azioni climatiche e invece sono stati destinati per il 50% ai titoli di Stato”. Una parziale consolazione, aggiunge a Diac l’analista curatrice del rapporto, è che “questa situazione di opacità dei fondi clima è piuttosto diffusa in tutta l’Unione, dunque l’Italia non è isolata”. Quanto al Pniec, intanto, dal 2024 al 2030 le risorse per gli investimenti cumulati si stimano 174 miliardi “ecco perché 30 miliardi sarebbero utili per il processo di decarbonizzazione”. Anche perché, si legge nell’analisi, “gran parte di questi investimenti dovrà provenire dal settore privato e, in questo senso, l’effetto leva della finanza pubblica nell’attivare gli investimenti privati è fondamentale”. Un ultimo consiglio, Bellisai lo da in relazione alla recente Piattaforma di monitoraggio del piano nazionale integrato energia e clima istituita dal Mase: “Potrebbe dare più visibilità all’uso di queste risorse provenienti dal meccanismo Ets, la piattaforma è ben avviata”.
L’allarme rilanciato dalle associazioni ambientaliste
Sul dossier di Ecco sono intervenute le associazioni ambientaliste. “L’Italia non può permettersi di sprecare i soldi per la transizione e l’autonomia energetica, due obiettivi importantissimi per il Paese e per le famiglie italiane”, hanno commentato Wwf, Greenpeace e Legambiente. Mentre nel dibattito sul caro-bolletta si sente spesso evocare la proposta di usare i fondi Ets – Emission Trading System, il meccanismo della Ue per far pagare gli inquinatori del clima attraverso l’obbligo di comprare quote di CO2, in realtà quei soldi, destinati ad assicurarci in modo permanente proprio dal caro bolletta vengono sprecati o usati per finalità opposte. Poi si usa la carenza di fondi come motivo, o meglio scusa, per ritardare la transizione, il delitto perfetto.
Non solo, aggiungono: nel 2023, le industrie pesanti, come quelle dell’acciaio e del cemento, nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissione dell’Ue (Ets) ricevevano ancora la maggior parte dei permessi di inquinamento gratuitamente. Ebbene, un nuovo report di Carbon Market Watch e Wwf uscito oggi [ieri, ndr] a Bruxelles ha stabilito che spesso queste aziende, le stesse che in Europa costantemente si lamentano per i prezzi dell’energia, oltre alle mille facilitazioni, in alcuni casi hanno ricevuto più quote gratuite di quelle di cui avevano effettivamente bisogno, di fatto guadagnandoci. Ancora: l’industria pesante europea ha ricevuto l’incredibile cifra di 40 miliardi di euro per inquinare nel 2023. Inoltre, quasi il 40% delle entrate dell’Ets nel Fondo per l’innovazione è andato alla cattura e allo stoccaggio/utilizzo del carbonio, mettendo potenzialmente da parte le vere soluzioni per la crisi climatica e per quella energetica, le energie rinnovabili e l’efficienza e il risparmio nell’uso dell’energia.
Per le associazioni ambientaliste, oggi occorre andare verso misure strutturali che, accelerando il passaggio all’energia pulita, permetta di liberarsi dal giogo del gas e, contemporaneamente, affronti la crisi climatica. Nell’anno in cui si devono definitivamente spegnere le centrali a carbone in Italia, come da impegni bipartisan assunti nella strategia energetica nazionale del 2016 e nei successivi Piani Energia Clima, appare un insulto che qualcuno riproponga invece la loro accensione, quando i soldi per le energie che davvero assicurano autonomia energetica sono stati spesi per pagare gli inquinatori.