L'ATTO DI INDIRIZZO POLITICO
Strategia Mase 2025, per le infrastrutture LOTTA al Nimby
Sono sette le priorità individuate nel documento che delinea le mosse del Ministero dell’Ambiente per il 2025 e il triennio che andrà fino al 2027: Pnrr e Pniec; Sicurezza energetica, decarbonizzazione, sostenibilità e prevenzione dell’inquinamento atmosferico; Economia circolare; Tutela della biodiversità e degli ecosistemi terrestri, costieri e marini; Prevenzione e mitigazione del dissesto idrogeologico, difesa del suolo, tutela della risorsa idrica e risanamento ambientale; Azioni internazionali per la decarbonizzazione, la transizione energetica, ecologica e per lo sviluppo sostenibile; Efficienza amministrativa, transizione burocratica ed educazione ambientale.
Il Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica lancia il piano politico per il 2025 e il triennio 2025-2027, rinnovando tanti impegni già in corso tra Pnrr e Pniec. Trentasei pagine divise per sette priorità, che oltre ai due piani nazionali puntano a confermare e accelerare i dossier strategici su sicurezza energetica e decarbonizzazione, tutela del suolo, lotta al dissesto idrogeologico, economia circolare e sburocratizzazione delle procedure.
Nel gruppo della seconda priorità, titolata “Sicurezza energetica, decarbonizzazione, sostenibilità e prevenzione dell’inquinamento atmosferico”, grande spazio è riservato alle infrastrutture che dovranno garantire il primo obiettivo della lista. “Ferma la necessaria promozione dell’efficienza energetica, per come si dirà più sotto, si ritiene che il ruolo del gas naturale, combustibile fossile più pulito, rimanga essenziale anche nel prossimo futuro per il nostro sistema energetico”, si legge nel documento. Anche per favorire la transizione all’idrogeno rinnovabile grazie allo sfruttamento delle infrastrutture di trasporto e stoccaggio già esistenti. Proprio le infrastrutture sono cruciali, in particolare quelle di gas naturale liquefatto, cioè i rigassificatori. Viene ricordata l’installazione del terminale di Piombino, nel 2023, e di Ravenna, dove sarà attiva una nuova nave dai “primi mesi del 2025”. E poi si procederà “alla massimizzazione della capacità degli altri tre già operativi”. Così, si “consentirà potenzialmente di sostituire i circa 25 miliardi di metri cubi di gas russo solitamente importati annualmente prima della crisi”.
Di qui, il ruolo di hub energetico nel Mediterraneo e il ruolo in Africa con il Piano Mattei. E allora, “sarà necessario continuare a sostenere l’incremento della capacità dei rigassificatori esistenti (Panigaglia-La Spezia, Livorno e Porto Viro-Rovigo) e verificare la necessità di nuovi, il mantenimento, l’ammodernamento e l’ampliamento degli impianti nazionali di stoccaggio di gas, il citato potenziamento del Tap, e la realizzazione della Rete Adriatica”. Ma per consentire questo sviluppo infrastrutturale “è ormai non più rinviabile un intervento che riesca ad incidere in modo significativo sul fenomeno dell’opposizione alla realizzazione degli interventi a livello locale (Nimby), anche attraverso opportune norme; al riguardo sarà fondamentale anche una attenta analisi dei rapporti tra programmi di sviluppo di nuove infrastrutture funzionali alla transizione green e il complesso di norme esistenti volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio e dei beni culturali”. Eppure, proprio riguardo uno dei rigassificatori, quello di Piombino, è ancora caldo il tema del trasloco dal 2026 a Vado Ligure. Con tanto di opposizione della comunità ligure e della Regione a guida Marco Bucci. Mentre è di qualche giorno fa la richiesta degli operatori portuali del comune toscano di mantenere la nave dov’è ora.
Sempre nella priorità 2, spazio poi alla sburocratizzazione. “Sono state potenziate le Commissioni Via/Vas e Pnrr/Pniec per l’analisi dei progetti, in modo da dare le risposte nel minor tempo possibile”, si ricorda. Anche se i componenti non sono ancora tutti quelli previsti per legge. “Allo stesso modo verranno potenziate le strutture ministeriali allo scopo di accelerare le procedure di avvio e di conclusione dei procedimenti amministrativi di autorizzazione”.
La prima priorità, nell’ordine della strategia Mase, è però quella Pnrr-Pniec: qui si spiega che “le proposte di riprogrammazione del Mase sono pienamente in linea con gli obiettivi ed i principi del Dispositivo di Ripresa e Resilienza stabiliti in ambito europeo e dotano il Ministero di ulteriori risorse fondamentali per l’attuazione della strategia energetica nazionale, con una quota aggiuntiva di circa 2 miliardi di euro previsti dal contributo del RePowerEu che consta di 7 nuovi investimenti, 3 scale-up e 3 riforme per un totale di 18 milestone e 11 target”. Oltre 5 miliardi di euro in tutto. Con la rimodulazione, afferma il documento, sono state modificate “alcune misure la cui attuazione appariva critica senza compromettere l’architettura finanziaria del Piano; tutto ciò dà garanzia del pieno conseguimento dei target e obiettivi condivisi con la Commissione Europea e permetterà al nostro Paese di dare piena e completa attuazione al progetto di riforma che il Governo italiano sta realizzando attraverso il fondamentale strumento del Pnrr”.
Sul Piano Nazionale Energia e Clima, invece, viene ammesso che “tale percorso è tuttavia notevolmente complesso e non si presta a soluzioni semplici o a scelte precostituite, ma richiederà misure in grado di favorire l’utilizzo di tutte le tecnologie, comportamenti e fonti energetiche disponibili in grado di decarbonizzare l’economia”. Una spiegazione calzante, per esempio, con la difficoltà del governo italiano a digerire la direttiva europea cosiddetta Case Green. Anche se lo stesso ministro Pichetto ribadisce appena possibile che dovrà esser per forza di cose recepita, in un modo o nell’altro. E nel documento strategico, comunque, si ribadisce che “occorrerà agire diffusamente con misure adeguate anche nella riduzione dei consumi e delle emissioni carboniche del terziario, del settore residenziale, e, in particolare, della mobilità”. Proprio perché “particolare attenzione sarà dedicata allo sviluppo di misure per la riduzione dei consumi e delle emissioni nei settori legati agli impegni dell’Effort Sharing Regulation (di seguito Esr)”. Cioè, nei trasporti, agricoltura, rifiuti e piccola-media industria e, appunto, il civile.