IL NUOVO PIANO
Foti: in ARRIVO la strategia per le aree interne, Regioni da coordinare
Si è tenuto ieri pomeriggio il convegno di Fratelli d’Italia su ambiente ed energia per fare il punto sulle mosse del governo e dell’Unione europea tra Pnrr, obiettivi di decarbonizzazione e persecuzione degli stessi tramite un Green Deal più o meno attento al mondo industriale e alle logiche economiche. Il nuovo Piano strategico nazionale delle aree interne riprende in gran parte quanto elaborato dal 2013 a oggi ma con l’intento di far ripartire (meglio) l’azione.
IN SINTESI
La strategia nazionale sulle aree interne è in arrivo. Ad annunciarlo, ieri, è stato il ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr Tommaso Foti. Il quale, intervenendo al convegno di Fratelli d’Italia al Senato “Ambiente ed energia: contro le eco-follie per un futuro realmente sostenibile”, ha spiegato che è giunta l’ora di dare un coordinamento centrale alle Regioni. “Bisogna cambiare il meccanismo di intervento sulle aree interne e bisogna che le Regioni abbiano un riferimento per coordinare gli interventi. Se non vogliamo che ci sia una desertificazione dei Comuni, dobbiamo fare una scelta di campo. Nei prossimi giorni presenteremo il piano per la strategia delle aree interne che prevede un cambio di passo perché così non si va da nessuna parte. Sono aree in cui dobbiamo portare i servizi, occorre avere la scuola primaria per i figli e una connessione adeguata per quanto riguarda la rete. Le nuove forme di lavoro a distanza possono portare molte persone a tornare in luoghi differenti dalle Città metropolitane”.
Perché serviva e serve un rilancio della strategia
Proprio la necessità di un rilancio strategico e di un coordinamento del piano nazionale per le aree interne è quanto chiedeva l’Uncem, Unione dei comuni e comunità enti montani, già in un dossier pubblicato la scorsa estate: “L’azione di supporto tecnico centrale nelle relazioni con le Regioni, i territori candidati e “promossi” dovrebbe contare su una task force della tipologia di quella che, attraverso Invitalia, ha operato nella stagione precedente con la avvertenza di non qualificarne la operatività come quella di “progettisti” restando la responsabilità progettuale delle proposte in mano ai territori e alle loro assistenze tecniche”. Nella programmazione 2021-2027, ricorda il paper, “saranno 56 le nuove aree interne di cui 43 finanziate con risorse del bilancio dello Stato. A queste si aggiungono 63 aree (delle 72 complessive) della scorsa programmazione (2014-2020) che le Regioni hanno scelto di continuare a supportare anche nei rispettivi programmi europei”.
Progetti e fondi bloccati
A marzo scorso, però, il presidente di Uncem Marco Bussone lamentava che “sin dall’inizio, ci si perde nella burocrazia. Le 72 aree sperimentali, per circa mille Comuni, non verranno mai estese. E i Ministeri non hanno mai avuto voglia di adeguare provvedimenti normativi, numeri e regole a quanto emergeva dalla prima sperimentazione. Basti guardare alla norma sulle classi e sulle dirigenze scolastiche: numeri abbassati due anni fa in legge di bilancio e corretti al rialzo, un anno dopo, governo diverso, nella manovra successiva. I parametri che devono cambiare, restano immutati”. Intanto, il monitoraggio sul programma 2014-2020 si è fermato al 31 ottobre scorso con cifre che parlano da sole: 19% di progetti conclusi, 6% di quelli liquidati, 56% in corso, 18% non avviati.
“Con la nuova programmazione comunitaria 2023-2027 – tuonava Bussone già lo scorso anno – anche gli ultimi Governi nella SNAI non hanno creduto. Dovevano partire già nel 2022 altre 43 nuove aree sperimentali SNAI. Tante attese, ma tempi eterni per approvare un “programma di territorio”. Ci lavorano. Siamo ancora lì. Come siamo fermi con 40milioni di euro stanziati nel 2021 dal decreto incendi per la prevenzione proprio nelle aree interne. 40 sono stati spesi, altri 40 sono persi in qualche tavolo della Presidenza del Consiglio, visto che l’Agenzia della Coesione che se ne stava occupando è stata chiusa trasferendo tutti al Dipartimento della Coesione. La Strategia Aree interne non è più nazionale. Solo alcune Regioni (brave!, in primis Lombardia) si sono dotate di risorse dei loro Por Fesr e dello sviluppo rurale per far lavorare insieme Comuni in nuove aree. Di fatto una regionalizzazione di una strategia nazionale che abbiamo perso nelle frizioni istituzionali, nella non continuità amministrativa, nei litigi tra livelli”. Adesso, invece, Foti ha rilanciato riannodando il filo dando seguito a quanto promesso già nel 2024 dal suo predecessore Raffaele Fitto. E allora vedremo nei giorni a venire.
I contenuti del nuovo Piano
Lo stesso presidente Bussone, nelle osservazioni inviate a Foti il 27 gennaio scorso dopo la condivisione del Piano strategico nazionale delle aree interne, ha espresso parole di ottimismo istituzionale. Bene – si legge nella lettera del numero uno di Uncem che riprende e analizza i punti del Psnai – l’approccio integrato “con i quattro punti chiave dell’azione: investire nei servizi pubblici, colmare il divario digitale, sostenere le economie locali, rafforzare lo sviluppo sostenibile”. Positiva, poi, la cooperazione tra aree urbane e aree interne, così come “la necessità di utilizzare tutte le risorse disponibili per le aree interne” che giacciono dal 2014. Obiettivo, mettere in sinergia le strategie (Green Communities, foreste, aree interne). Infine, merito anche alla relazione del pubblico con le imprese sui territori per una nuova cooperazione, così come il binomio semplificazione-tempi certi. Non proprio una coppia tipica del made in Italy.