IL DISEGNO DI LEGGE SULLE RICOSTRUZIONI

Piano sicurezza sismica, il grande assente. Partire da scuole, ospedali e incentivi ai privati

Lo strumento di prevenzione, annunciato a dicembre dal ministro Musumeci, non ha ancora trovato posto nel Ddl ricostruzioni all’esame del Senato dopo il sì della Camera. La Rete Professioni Tecniche guidata da Zambrano, che ha messo a punto una proposta con vari enti fra cui Ispra e il dipartimento della Protezione civile, l’ha rilanciata nell’audizione di martedì interpretando un consenso vasto. Il piano prevede una graduale messa in sicurezza degli edifici pubblici e un piano di interventi privati favoriti da agevolazioni.

22 Gen 2025 di Mariagrazia Barletta

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Piano sicurezza sismica, il grande assente. Partire da scuole, ospedali e incentivi ai privati

Un piano nazionale per la prevenzione sismica che parta dalla conoscenza degli edifici e della loro capacità di resistere all’azione dei terremoti, dall’individuazione delle aree a maggior rischio, in modo da prefigurarsi gli obiettivi strategici e prioritari su cui indirizzare le risorse. Un piano che deve considerare le infrastrutture strategiche pubbliche che risultano non ancora adeguate alle norme antisismiche, come le scuole, gli ospedali, i municipi, così come previsto dal Piano pluriennale (con dotazione di 250 milioni per il primo anno) annunciato lo scorso dicembre dal ministro per la Protezione civile Nello Musumeci, ma che non dimentichi l’edilizia privata, anzi inizi da subito a programmare gli interventi per incentivare i privati a rendere più sicure le proprie abitazioni, partendo dalla conoscenza del loro grado di vulnerabilità. Da questo bisogna partire secondo la proposta resa pubblica dalla Rete delle professioni tecniche, messa a punto anche col contributo – fa sapere la Rtp – di associazioni, organizzazioni scientifiche e enti pubblici, quali: Ingv, Enea, Con. Scienze, Copl, Anaci, Aissa, Ispra, Uni e dipartimento di Protezione civile.

Una proposta che la Rtp ha reso nota in occasione delle audizioni sulla legge quadro sulle ricostruzioni post-calamità tenutosi in Commissione Ambiente al Senato e che riassume quelle portate recentemente al tavolo della prevenzione sismica istituito dal ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci. Una proposta costituita da principi direttivi con l’obiettivo di strutturare una delega al Governo per la predisposizione di un Piano nazionale di prevenzione sismica, magari già da inserire nel Ddl quadro sulle ricostruzioni post-calamità. Ddl che mostra timidi segnali di apertura al tema della prevenzione solo nel rafforzare le funzioni del dipartimento Casa Italia, concentrate anche su azioni di prevenzione e non solo di ricostruzione.

La proposta condivisa dà l’idea di cosa dovrebbe contenere un piano nazionale di prevenzione sismica. Almeno sei i pilastri su cui basare il programma, ricordando che mitigare il rischio significa preservare vite umane e ridurre i danni contenendo le ingenti spese di ricostruzione. Come ha ricordato Carlo Doglioni, presidente dell’Ingv: «Dal Belice ad oggi sono stati spesi 200 miliardi per le ricostruzioni, una cifra che raggiunge quasi i mille miliardi se si calcolano i costi indiretti».

Obbligo di classificazione sismica

Il primo pilastro si identifica con l’introduzione dell’obbligo – da ottemperare certamente non nel breve termine – di dotare tutti gli edifici privati di un certificato di idoneità statica in cui sia indicata anche la classificazione sismica. Lo strumento per attribuire agli edifici una classe di rischio c’è già ed è il Dm 58 del 2017 attuativo del sismabonus che ne definisce otto, con rischio crescente dalla A+ alla lettera G insieme ai metodi – convenzionali o speditivi – per incasellare ogni tipologia di edificio in una delle otto classi. A quel punto, come per gli attestati di prestazione energetica, si potrebbe pensare – viene suggerito nella proposta – di allegare la classificazione del rischio sismico agli atti di compravendita e ai contratti di affitto, in modo da «dare maggior valore agli immobili adeguati alle norme antisismiche, stimolando l’interesse del mercato ad intervenire». Questo favorirebbe una diffusa conoscenza dello stato di sicurezza degli immobili e della loro distribuzione sul territorio nazionale, che farebbe da base per la definizione di ambiti di priorità in funzione del maggior rischio.

Necessità di incentivi strutturali

Ma – come è noto – gli interventi antisismici sono molto onerosi e allora non si può prescindere dalla strutturazione di idonei incentivi fiscali che necessariamente devono prevedere risorse pubbliche per coprire una parte delle opere finalizzate alla mitigazione del rischio. È chiaro che il sismabonus depotenziato dalla legge di Bilancio 2025 – che ha portato le aliquote al 36% nel 2025 (resta al 50% solo per le prime case) facendole scendere al 30% nel 2026-27 (36% per le abitazioni principali) – non avrebbe alcuna forza propulsiva per avviare il piano di prevenzione auspicato. Incentivi che – secondo la proposta – dovrebbero includere anche, in modo strutturale, le diverse forme di monitoraggio delle costruzioni.

Il fascicolo digitale del fabbricato

Il terzo pilastro richiama una battaglia delle professioni tecniche tanto vecchia quanto osteggiata, rappresentata dall’introduzione del fascicolo digitale del fabbricato. E qui la proposta incrocia il testo unico delle costruzioni predisposto nel 2023 dal tavolo tecnico istituito presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici. L’idea (come era già stato proposto nello schema di Tu del 2023) è di rendere obbligatoria la predisposizione per ogni edificio di un fascicolo digitale – da aggiornare ad ogni intervento sul costruito che implichi un titolo abilitativo – in cui raccogliere tutte le informazioni riguardanti i profili urbanistici, edilizi, vincolistici, catastali, strutturali, impiantistici, prestazionali e ogni elemento utile alla conoscenza dello stato di fatto. Un punto che trova un alleato nell’Ingv. «Speravo – ha affermato il suo presidente, Carlo Doglioni – che con questa proposta (il Ddl quadro, nda) venisse introdotto il libretto del fabbricato che permetterebbe veramente di valutare sia l’aspetto strutturale sia il contesto di pericolosità naturale in cui l’edificio si trova. Sarebbe un salto organizzativo straordinario per l’Italia se tutti i fabbricati, a cominciare dai condomini, avessero questo importante documento che permetterebbe di ricostruire la storia e rendere meno vulnerabili gli edifici ai prossimi eventi».

Estensione dell’obbligo di assicurazione

Il quarto punto: l’introduzione progressiva dell’obbligo – non solo per le imprese – di stipulare un’assicurazione contro il rischio sismico, con un costo, fissato dallo Stato, modulato sull’esito della classificazione del rischio. Il premio potrebbe essere commisurato al grado di sicurezza dell’edificio. Interessante quanto da tempo sostiene la Fondazione Inarcassa, chiedendo che venga reso obbligatorio un esame diagnostico sulla sicurezza statica degli edifici antecedenti al 2008, nel caso in cui vengano effettuate opere per l’efficientamento energetico che coprano tutto l’involucro o una sua parte.
Ricostruzione sicura e aggiornamento di piani e cartografie
C’è poi la necessità che siano individuate delle linee guida volte a garantire una ricostruzione sicura, unitaria e omogenea nel territorio colpito dall’evento calamitoso, che determini i contributi spettanti ai beneficiari sulla base di chiari indicatori del danno, della vulnerabilità e, in caso di terremoti, della pericolosità sismica di sito. Serve, inoltre, aggiornare le cartografie geologiche e geomorfologiche esistenti, sulla base delle quali vengono svolte attività di pianificazione e ricostruzione post-catastrofe, insieme ai piani di assetto idrogeologico e di gestione delle alluvioni.

Ci sarà sempre un’emergenza da affrontare

Quello che serve è sicuramente tener ben presente come ha ricordato Doglioni che «l’Italia è soggetta a 20-25 terremoti al secolo di magnitudo superiore a 5.5, che generano, a causa della vulnerabilità dell’edilizia residenziale italiana, vittime e danni». Ci sarà sempre un’emergenza da affrontare. Costruire strategie supportate dalla conoscenza della vulnerabilità degli edifici e del territorio è fondamentale per iniziare a programmare un serio e lungimirante piano di prevenzione che avrà bisogno forse di decenni per essere portato a compimento e di ingenti risorse da distribuire nel tempo, considerando che nei comuni con la maggiore pericolosità sismica sono quasi 72mila gli edifici in calcestruzzo armato costruiti prima del 1971 e quasi 500mila quelli in muratura portante.

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