LECTIO MAGISTRALIS A NAPOLI

Cascetta: “I trasporti RIGENERANO le città. La settima rivoluzione è già in corso, la metropolitana di Napoli un modello unico”

“Le infrastrutture crollano perché arrivano al fine vita tecnico e l’Italia ha ancora ponti e strade del secondo dopoguerra. Napoli è un caso unico perché ha rigenerato le stazioni della metropolitana rendendole parte di un solo progetto che ha coinvolto tanti architetti”. Le città del futuro stanno arrivando e saranno decarbonizzate, connesse e smart.

08 Dic 2024 di Mauro Giansante

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Cascetta: “I trasporti RIGENERANO le città. La settima rivoluzione è già in corso, la metropolitana di Napoli un modello unico”

Ennio Cascetta, Tecne e Cluster trasporti

“Stiamo scoprendo che le infrastrutture di trasporto sono un punto di necessaria rigenerazione urbana. La settima rivoluzione è già iniziata ed è quella che porterà verso l’era delle città post-automobile”. La lungimiranza di Ennio Cascetta, presidente di Cluster trasporti e Tecne Autostrade per l’Italia, è palpabile. Il palco è quello del Dipartimento di Architettura dell’Università di Napoli, la lectio è davvero magistralis e ripercorre tutta la storia delle infrastrutture italiane e napoletane nello specifico.

Le infrastrutture crollano perché arrivano a fine vita tecnica

“I crolli di ponti e viadotti sono la manifestazione di un fenomeno unico, quello della fine della vita tecnica delle infrastrutture. Specie se parliamo di ponti e gallerie che risalgono a 50-60-70-80 anni fa”. La storia parla chiaro e vede gli Stati Uniti in testa ai Paesi che hanno il problema della vetustà delle infrastrutture: “perché hanno realizzato la rete interstates tra le due guerre mondiali come reazione alla crisi del ’29”, ricorda Cascetta. “Ma le nostre sono comunque tra le più vecchie, risalgono al secondo dopoguerra, sono state costruite con tecniche, materiali, norme di progettazione che oggi sono ridicole”. E allora vanno rigenerate. “Il vero paradosso – spiega l’Ingegnere – è che è la Cina, un Paese che non ha il problema di ricostruire le infrastrutture perché le ha nuove, ad avere come prima voce di spesa quella delle autostrade. Dovrebbe essere l’Occidente, che ha ponti e strade postbelliche, appunto”.

Gli effetti del climate change e il nuovo contesto di strade, ponti e gallerie

La rigenerazione dei collegamenti intra-urbani, poi, si lega anche agli effetti del cambiamento climatico. “E’ cambiato il clima in cui le infrastrutture operano e sono progettate”, avverte Cascetta. “L’Italia è stato il primo Paese infrastrutturale d’Europa, oggi è quarto. Ma siamo i più difficili per geologia e sismologia. Viadotti e gallerie, parti delicate delle infrastrutture, sono tantissime: 1200 chilometri di viadotti sui 7mila di autostrada. Abbiamo 600 chilometri di gallerie da Torino a Trieste, in Europa su due gallerie una sta in Italia, siamo un Paese montuoso e collinare”.

Oggi, però, “rigenerare fermando le infrastrutture è impossibile. Il tema dell’ingegneria e dell’urbanistica è questo. Capire come, con che tecniche e tempi le infrastrutture vanno rigenerate e riguarderà tutti”. Ma la prima sfida del futuro, secondo Ennio Cascetta, è che “la rigenerazione può essere occasione per mitigare gli impatti con l’ingegneria e l’architettura. Mancano però una cultura e una competenza nelle amministrazioni”, avverte. E poi: “Ponti e viadotti vanno rifatti, perché non rifarli anche belli? Il futuro può essere solo di ignegneria o di ingegneria e anche di architettura”.

Il caso Napoli

Napoli, in questo senso, è un esempio chiarissimo. Anzi, “un modello unico, un progetto sistemico di una nuova metropolitana fatta di nuove stazioni, ognuna bella, con opere d’arte e di archeologia”. Uscendo così dalla logica di terminali di trasporto come non luoghi con unica funzione di interscambio. “Ci sono tanti esempi di belle stazioni ricostruite in giro per il mondo ma tutte concepite come singoli terminali”. Eccola, l’eccezione (e l’eccellenza) napoletana. Ogni stazione progettata da un architetto diverso, alcune ancora non inaugurate ma tutte concepite per rigenerare anche il contesto circostante. “Oggi vediamo le coppie di sposi farsi le foto con la scala del paradiso della stazione metro di Toledo. Tra le dieci cose da fare a Napoli c’è la visita alle stazioni della metropolitana”.

Tutto questo, poi, “cambia il modo e il valore funzionale dell’uso della metropolitana”, illumina Cascetta. “Secondo una ricerca effettuata anni fa, con la rigenerazione la stazione Dante attrae molto di più perché nuova, a tal punto che la gente è disposta a camminare 500 metri in più per utilizzarla, aspettare 7 minuti in più, pagare 43 centesimi in più. E l’affluenza è cresciuta del 99%”. Di qui la domanda, guardando altre città: “Penso a Milano, perché fare tutte stazioni nuove ma uguali?”.

Le città del futuro: la settima rivoluzione è già in corso

I presupposti per la città del futuro ci sono già. “E’ questa la settima rivoluzione (dall’homo sapiens a all’automobile ne abbiamo avute sei): la walkability, la camminabilità, è il Sacro Graal di chi fa urbanistica influenzata. E dipende dal design, dalla sicurezza, dall’accessibilità ai servizi. Ma la vera domanda è: quanto si è disposti a camminare in più tra una villa e un marciapiede? Quanto si è disposti a non usare l’auto se l’alternativa pedonale è piacevole? Il quanto e il come non è stato ancora calcolati”.

I fattori della città del futuro sono e saranno, quindi, la guida autonoma e connessa, la decarbonizzazione e la smart mobility. “La mobilità sempre più come servizio, il trasporto a menù con tante soluzioni, non più la necessità di possedere un veicolo”. Una città post-automobile. “Non sapremo ancora come sarà ma immaginiamo che essendoci meno auto ci saranno meno parcheggi, ad esempio. Sarà solo questione di tempo, ci stiamo già dentro”. E potrà includere, forse, anche il trasporto aereo urbano con gli eVtol, electric vertical take-off and landing. “Tecnologicamente è già possibile”, conclude Ennio Cascetta. La rivoluzione continua, reggiamoci forte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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