IL PIANO DI DONNARUMA
Modello Terna per le Ferrovie, privatizzazione per la parte ricca della rete. Per il Pnrr seconda revisione entro febbraio
L’ad del gruppo Fs sta cominciando a presentare al governo un primo schema di privatizzazione: investitori istituzionali parteciperebbero a un veicolo societario nato dallo spin off di Rete ferroviaria italiana ma ancora sotto controllo pubblico. A essere trasferite alla nuova società sarebbero le linee “ricche”. La tariffa per il passaggio dei treni sarebbe sul modello di Terna: a definirla sarà l’Autorità di regolazione dei Trasporti, probabili aumenti rispetto agli attuali canoni, con un possibile rimbalzo anche sui biglietti pagati dai passeggeri.
Si incrociano le vicende del Pnrr e quella della privatizzazione delle ferrovie. Per il primo si sta preparando, negli incontri fra strutture tecniche della commissione e del governo italiano, una radiografia dettagliata degli investimenti che certamente saranno in ritardo alla scadenza del giugno 2026 e di quelli che potrebbero sostituirli: questo lavoro è propedeutico alla seconda revisione generale del piano che si farà entro febbraio. Sul termine c’è già accordo anche se non è esclusa un’accelerazione per evitare che sia Raffaele Fitto a fare l’assessment del nuovo piano italiano. Il punto è capire se si riuscirà in fretta a definire cosa deve uscire dallo scatolone Pnrr e cosa deve entrarci.
La privatizzazione delle Ferrovie potrebbe essere la più spettacolare riforma di un pacchetto pesante di provvedimenti che la commissione Ue chiederà in cambio della revisione degli investimenti. Non è affatto certo se effettivamente questo progetto entrerà nel Pnrr, considerando i vincoli che questa scelta imporrebbe in termini di modalità di realizzazione e di tempi, mentre è certo che l’amministratore delegato di Fs, Stefano Donnarumma, ha elaborato un primo schema di privatizzazione di cui sta parlando con Palazzo Chigi, il Mef e il Mit.
La prima certezza, che è anche una sorpresa, è che la privatizzazione riguarderà non le Frecce, come si era detto inizialmente, ma una parte della rete. La parte ricca su cui viaggia il business più ricco.
Sarà costituito un veicolo societario da uno spin off di Rete ferroviaria italiana che trasferirà alla nuova società le linee già completate dell’Alta velocità, come la Torino-Milano-Napoli e la Milano-Venezia (che sarà finita con il Pnrr a giugno 2026), le linee Av che devono essere completate come la Napoli-Bari, ma non quelle che ancora devono essere iniziate come la Salerno-Reggio Calabria o che scontano difficoltà di realizzazione come la Palermo-Catania. Una vera incognita, in questo momento, il Terzo valico, anche per effetto del giacimento di gas scoperto lungo la linea che al momento è sotto esame dei tecnici Snam per capire quanto sia grande, quanto importante e redditizio e quanto pericoloso, prima di assumere una decisione sulla continuazione dell’opera di collegamento fra Milano e Genova.
Il perimetro della Rete Av Spa andrà definito ancora nel dettaglio, ma certamente riguarderà la parte più consolidata e stabile della rete: l’obiettivo è non appesantire la nuova società con oneri eccessivi di investimento, mentre certamente farebbe fronte alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria. Il resto dell’infrastruttura ferroviaria resterebbe a Rfi.
La neonata società avrebbe una nuova concessione (non una subconcessione da Rfi), sarebbe controllata da un soggetto pubblico che potrebbe essere la stessa Fs o il Mef o una nuova holding infrastrutturale e partecipata da privati e soprattutto da investitori istituzionali come Cdp, fondazioni bancarie e casse previdenziali private.
Il modello tariffario sarebbe quello di Terna, con le tariffe a carico di chi transita sulle linee stabilite dall’Autorità di regolazione (che qui sarebbe l’Art in luogo di Arera). Probabile che i livelli tariffari risulteranno più alti rispetto agli attuali canoni pagati dai vettori a Rfi, con possibile rimbalzo sui biglietti pagati dai passeggeri.
Si tratta di uno schema di massima che ha ancora bisogno di molte verifiche e che non ha ancora avuto alcun via libera politico.
Alla commissione Ue potrebbe piacere, in particolare, l’implicazione concorrenziale perché la valorizzazione della parte della rete su cui circola il business ferroviario più ricco dovrebbe reggersi sull’interesse ad accrescere la concorrenza fra vettori. Anche lo sganciamento proprietario della Rete Av dal resto del gruppo Fs avrebbe implicazioni positive sul lato della concorrenza, rimuovendo l’attuale legame “proprietario” fra Rfi e Trenitalia più volte criticato da Bruxelles (sia pure fortemente sterilizzato dalle regole che puntano a dare a Rfi autonomia gestionale e terzietà rispetto al mercato).