ANTICIPIAMO L'EMENDAMENTO DEL RELATORE

Metà salva-Milano, metà semplifica-Italia: il LODO FOTI liberalizza altezze e demoricostruzione di ieri e di domani

Diario DIAC anticipa il testo presentato dal capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera per recepire l’accordo maggioranza-governo: interpretazione autentica delle norme sulla demolizione e ricostruzione contenute nella legge urbanistica del 1942, nel Dm 1444/1968 sugli standard e all’articolo 3 del Dpr 380/2001. Nelle zone urbanizzate saltano piani particolareggiati e limiti di altezza, possibile ricostruire con sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche “anche integralmente differenti”. Il voto della commissione Ambiente la prossima settimana.

07 Nov 2024 di Giorgio Santilli

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Metà salva-Milano, metà semplifica-Italia: il LODO FOTI liberalizza altezze e demoricostruzione di ieri e di domani

Tommaso Foti, capogruppo FdI alla Camera e relatore del salva-Milano

Metà salva-Milano, metà maxisemplificazione-Italia. Il “lodo Foti”, l’emendamento presentato ieri dal relatore all’AC 1987, Tommaso Foti, capogruppo FdI a Montecitorio, alla commissione Ambiente della Camera per ratificare l’accordo fra governo e maggioranza  mette infatti una pezza al grande caos meneghino, ma al tempo stesso si tinge dei colori di prima riforma radicale in senso liberistico del testo unico per l’edilizia. Il nuovo testo sana tutto quel per cui è nato, ma al tempo stesso lancia un segnale culturale molto forte sulla demolizione e ricostruzione in tutta Italia. DIARIO DIAC è in grado di anticipare l’emendamento Foti (il testo si può leggere qui).

Per fare questa doppia operazione su ieri e su domani, il testo di Foti utilizza lo strumento dell’interpretazione autentica (norma varata dal Parlamento per “rileggere” le disposizioni legislative con valore retroattivo, cioè dal momento stesso in cui sono entrate in vigore). Lo usa per tre distinte norme, producendo l’effetto di modificare il loro senso rispetto alla lettera.

La prima norma è il sesto comma dell’articolo 41-quinquies della legge urbanistica 1150/1942. Se il testo originario dispone che, nelle città dotate di piano regolatore, non si possono realizzare edifici superiori a 25 metri se non previa approvazione di un piano particolareggiato, la norma di Foti ribalta il concetto e sostiene in sostanza che il piano particolareggiato serve (o serviva) solo fuori della città consolidata, dove c’era espansione edilizia,  perché negli “ambiti edificati e urbanizzati”, invece, il piano particolareggiato non serve. Salva-Milano? Certo, salva molti progetti milanesi. Ma al tempo stesso sana situazioni simili eventualmente presenti in altre parti d’Italia e soprattutto liberalizza per il futuro eliminando il limite di altezza nelle operazioni di nuova costruzione, di sostituzione edilizia e di ristrutturazione di immobili esistenti che avvengono, appunto, negli ambiti edificati e urbanizzati.

La seconda norma su cui interviene Foti è il cosiddetto decreto standard, vale a dire il Dm 1444/1968, in particolare sull’articolo 8, punto 2) che sempre sulle altezze va a parare. In questo caso il vincolo che viene superato non è un parametro numerico, ma dice che il nuovo edificio non può superare, se non con piano particolareggiato,  l’altezza degli “edifici preesistenti e circostanti”.

Di nuovo salta retroattivamente l’obbligo di piano particolareggiato nel caso in cui la nuova costruzione, la demoricostruzione e la ristrutturazione su edificio esistente avvengano in “ambito edificato e urbanizzato”. I limiti a questa interpretazione sono tre: il rispetto della normativa tecnica, dei limiti di densità fondiaria (previsti dall’articolo 7 dello stesso Dm), il “contrasto con un interesse pubblico concreto e attuale al rispetto dei predetti limiti di altezza, accertato dall’amministrazione competente con provvedimento motivato”. Anche in questo caso, come è evidente, scatta la lettura liberalizzatrice: è sempre consentito superare il limite di altezza salvo che non sia l’amministrazione a motivare perché non si può.

La terza norma che viene interpretata dal testo Foti a ritroso è l’articolo 3, comma 1, lettera d), vale a dire la definizione di “interventi di ristrutturazione edilizia” e in particolare l’interpretazione si concentra proprio sulla demolizione e ricostruzione. Anche questa norma intepretativa è finalizzata a sanare diversi progetti milanesi, ma in questo caso è molto radicale la riforma che pone in essere in termini di liberalizzazione per il futuro: la norma risolve, infatti, contraddizioni annose della demolizione e ricostruzione che in passato hanno trovato sempre mezze soluzioni contraddittorie o misure impostate e poi frenate dopo tentativi di riforme.

L’ultimo clamoroso tentativo fu quello del governo Conte nel luglio 2020, con il decreto semplificazioni  76/2020, quando la verde De Petris stoppò il tentativo di liberalizzazione della demolizione e ricostruzione imponendo un emendamento che lo vietava in tutte le zone A, cioè zone centrali e in alcune città, come Roma, anche semicentrali.

Ora l’intervento Foti, se sarà approvato così, riconferma che gli interventi di demolizione e ricostruzione, totale o parziale, rientrano nella ristrutturazione edilizia, ma legittima poi una ricostruzione con sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche “anche integralmente differenti” da quelli originari. Restano alcuni limiti (almeno apparenti): queste operazioni devono rispettare “le procedure abilitative e il vincolo volumetrico previsti dalla legislazione regionale e o dagli strumenti urbanistici comunali”. In realtà, citando la legislazione regionale e gli strumenti urbanistici si risolve a monte l’eventuale conflitto con la legislazione nazionale. Anche questo è un salvacondotto per numerosi progetti milanesi, ma al tempo stesso una riforma potentissima. Resta il limite, questo vero, che queste operazioni si realizzino nel “medesimo lotto”: vengono esclusi quindi da questa disposizione i trasferimenti di cubature da un lotto all’altro, ma sono possibili da un sedime all’altro.

Anche per misurare l’adeguatezza delle dotazioni territoriali e dei parametri urbanistici  prevalgono leggi regionali e strumenti urbanistici comunali.

Il voto sugli emendamenti, dopo l’avvio della dicussione generale, è previsto per la prossima settimana.

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