rapporto sui settori industriali
Intesa Sp: riparte il manifatturiero, ma freneranno i settori legati all’edilizia
Il rapporto presentato da Intesa SanPaolo con Prometeia prospetta il ritorno alla crescita nel prossimo biennio del grande malato che è il settore manifatturiero italiano. Ma non sarà una ripartenza omogenea. A trainare saranno ancora i settori più competitivi all’export e sul fronte della doppia transizione mentre meno rosee sono le prospettive per i settori legati all’edilizia. Per i prodotti e materiali da costruzione viene mantenuto l’outolook negativo. Intanto la siderurgia italiana fa i conti con il calo delle attività di Acciaierie d’Italia, Cdp: ripartenza di Taranto è priorità per il comparto
IN SINTESI
Per il manifatturiero italiano, si attende un ritorno alla crescita per il prossimo biennio, dopo un 2024 ancora negativo all’insegna di un calo del fatturato e nonostante l’instabilità e l’incertezza che permangono a livello internazionale. Ripresa sì ma non sarà allo stesso ritmo per tutti. I settori più competitivi all’export e sul fronte della doppia transizione digitale e ambientale continueranno a fare da traino mentre meno brillanti sono le prospettive per i settori legati al ciclo dell’edilizia, dopo il boom degli ultimi anni. E’ uno scenario, finalmente, roseo quello che dischiude il Rapporto sull’Analisi dei settori industriali presentato ieri da Intesa SanPaolo insieme a Prometeia. Anche se qualche ombra rimane ancora. C’è poi il grande interrogativo sul futuro della siderurgia ed è su questo che Cassa Depositi e Prestiti incentra il proprio focus. sottolineando la necessità di un coordinamento tra le politiche commerciali Ue e Usa e di un potenziamento dei poli produttivi nazionali per rafforzare la posizione dell’Italia quale primario attore europeo.
Nel 2025-2026 il fatturato dovrebbe riposizionarsi su un tasso di crescita medio annuo dell’1,1%
L’aspetto positivo è, dunque, la prevista ripartenza del settore manifatturiero. I riflessi positivi del rientro dell’inflazione (e dei tassi d’interesse) sulle condizioni di domanda, interna e internazionale, consentiranno al fatturato di riposizionarsi su un tasso di crescita medio annuo dell’1,1%, a prezzi costanti, recuperando il calo atteso per il 2024 (-0,9%). Gli scambi commerciali dovrebbero rafforzarsi nel 2025-26, pur in un contesto internazionale denso di rischi e di incertezze, legate anche agli esiti di importanti cicli elettorali. Grazie a un’offerta specializzata nell’alto di gamma e in nicchie a elevato valore aggiunto, le esportazioni italiane di beni manufatti potranno crescere a un tasso (medio annuo) superiore al 2%, a prezzi costanti, e il saldo commerciale potrà superare la soglia dei 124 miliardi di euro nel 2026. L’allentamento delle pressioni inflative determinerà anche un rafforzamento del mercato interno, dove i consumi potranno beneficiare dell’evoluzione favorevole dell’occupazione e degli effetti positivi dei rinnovi contrattuali. Inoltre, il supporto di Transizione 5.0 unito al taglio dei tassi e alle ottime condizioni di autofinanziamento che caratterizzano il nostro manifatturiero, sono attesi sostenere il ciclo degli investimenti. Fondamentale sarà anche
l’accelerazione attesa nell’implementazione del PNRR.
Il ranking settoriale rifletterà la capacità di competere sui mercati esteri e il passo con le transizioni digitale e ambientale
Ma, sottolinea il Rapporto, il ranking settoriale 2025-26 rifletterà la diversa capacità di competere sui mercati esteri e di offrire prodotti in linea con la doppia transizione digitale e ambientale. A guidare la classifica sarà l’elettrotecnica (con un fatturato deflazionato in crescita del 3,3% medio annuo), settore chiave per il processo di elettrificazione, davanti ai settori meno ciclici, come largo consumo (+2,7%), farmaceutica (+2,6%) e alimentare e bevande (+1,1%), già in crescita nel 2024. Meccanica (+2,5%) ed elettronica (+2,3%) sono attese recuperare slancio, dopo un 2024 caratterizzato da scarso dinamismo.
Difficoltà per l’automotive e per i settori legati all’edilizia
Tra i settori produttori di beni di investimento, solo gli autoveicoli e moto continueranno a scontare una transizione difficile, anche per via di una domanda interna per beni durevoli che resterà più debole di quella rivolta ad altri comparti, in tutto il periodo di previsione. Meno positive sono, poi, le prospettive anche per i settori legati all’edilizia, a iniziare dai prodotti e materiali da costruzione, l’unico settore che presenta un outlook negativo nel ranking settoriale (con un fatturato deflazionato in calo del -2,4% medio annuo nel periodo 2025-26). La tonicità del comparto infrastrutture e opere pubbliche non sarà in grado di compensare del tutto l’affievolirsi degli ordini legati al segmento delle ristrutturazioni, che penalizzerà anche i produttori di beni durevoli per la casa, mobili (in crescita del +0,7% medio
annuo, sotto la media manifatturiera, nonostante previsioni di export in miglioramento dai bassi livelli del biennio 2023-24) ed elettrodomestici (solo in parziale rimbalzo dai livelli deteriorati degli anni passati). Anche gli altri produttori di beni intermedi (metallurgia, intermedi chimici, altri intermedi, prodotti in metallo), pur beneficiando della fase di ripresa ciclica 2025-26, risentiranno del traino più modesto offerto dalle costruzioni e dall’automotive.
Nel caso delle costruzioni, e nello specifico delle ristrutturazioni,  spiega il Rapporto, si tratta però anche di un fisiologico rallentamento dai massimi raggiunti negli ultimi anni in presenza del Superbonus 110%, che hanno favorito l’intera rete di fornitura. Un’analisi eseguita sui dati di bilancio incrociati con i dati di pagamento tra imprese, per ricostruire la catena dei fornitori delle costruzioni (che include elettrotecnica e meccanica tra i settori più direttamente connessi, oltre ai produttori di intermedi), dimostra come l’essere stati parte di una filiera così trainante dal punto di vista della domanda abbia portato, a parità di specializzazione produttiva e di dimensioni aziendali, a una crescita dei
margini più elevata nel quadriennio 2019-23, rispetto al resto del campione. Le differenze più marcate si riscontrano nei settori dell’elettrotecnica, degli intermedi chimici e dei prodotti in metallo, in particolare in corrispondenza dei fornitori che vedono nelle costruzioni il loro core business (o uno dei principali settori di sbocco), dove il miglioramento dei margini tra 2019 e 2023 è più che doppio rispetto al resto del campione.
Il 2024 con il fatturato in calo, -0,9% su base tendenziale
Per quel che riguarda il 2024, le crescenti tensioni geopolitiche hanno condizionato lo scenario macroeconomico internazionale, penalizzando l’evoluzione degli scambi commerciali e, di riflesso, il ciclo manifatturiero, soprattutto europeo. I dati di export dell’Italia risentono della debolezza degli scambi intra-UE, e in particolare del ridimensionamento della domanda tedesca. Nei primi 7 mesi del 2024 si è osservato un calo intenso delle esportazioni Italia- Germania del settore automotive (-19% tendenziale, a valori correnti) e nei settori della filiera metalmeccanica (metallurgia -15%, prodotti in metallo -9,8%, che risentono però di un trend più marcato di rientro dei prezzi). Al
contempo, però, la buona diversificazione geografica e merceologica dell’export italiano risulterà premiante, potendo contare anche sulla conferma di buoni ritmi di crescita delle vendite verso gli Stati Uniti e sulla tenuta dei mercati asiatici. Nel complesso del 2024, pertanto, le esportazioni italiane sono attese stabilizzarsi sui livelli record dell’ultimo biennio, a prezzi costanti (+0,2% secondo le nostre stime).
Sul fronte interno, invece, l’incertezza sta frenando sia il recupero dei consumi, che ancora risentono del deterioramento del potere d’acquisto delle famiglie, sia gli investimenti, penalizzati dalla rimodulazione del Superbonus e dal ritardato arrivo dei decreti attuativi del piano Transizione 5.0. In questo contesto, l’industria manifatturiera italiana è attesa chiudere il 2024 con un fatturato ancora in calo a
prezzi costanti: -0,9% su base tendenziale, dopo il -2,1% del 2023. Più intensa la contrazione a valori correnti (-1,7%), che riflette il trend di rientro dei prezzi di vendita. In molti settori, infatti, soprattutto quelli posizionati a valle della filiera, il 2023 aveva rappresentato un anno di picco per il ritocco al rialzo dei listini.
Cdp: per siderurgia coordinare politiche commerciali Ue-Usa. Priorità è ripartenza rapida dell’Ex-Ilva
Intanto la siderurgia italiana, “settore in cui l’Italia tradizionalmente eccelle per volumi, qualità e sostenibilità ambientale, risente degli effetti della sovraproduzione asiatica e del calo di offerta nazionale proveniente dal “ciclo integrale”. A metterlo nero su bianco è stata Cassa Depositi e Prestiti nel suo nuovo brief: “La siderurgia italiana tra sfide nazionali ed europee: quali prospettive di sviluppo?” che analizza l’assetto del comparto, indagandone le principali leve competitive e le criticità da affrontare. L’Italia è la seconda siderurgia d’Europa, dopo quella tedesca, e l’undicesima al mondo: oltre l’85% della sua produzione – a fronte del 44% in media a livello europeo – è rappresentata da acciaio prodotto nei forni elettrici a partire da rottami di ferro. Nel brief si sottolinea come un coordinamento tra le politiche commerciali Ue e Usa insieme ad un potenziamento dei poli produttivi nazionali rafforzerebbe la posizione dell’Italia quale primario attore europeo. L’accompagnamento delle imprese del settore nel sentiero della decarbonizzazione, attraverso l’efficienza energetica e lo sviluppo di tecnologie alternative come l’idrogeno verde, e l’applicazione delle nuove tecnologie digitali, dalla sensoristica all’Intelligenza Artificiale, sono alcune delle misure che potranno consentire all’industria siderurgica italiana di mantenersi competitiva. Non solo. Per il rilancio della siderurgia italiana è “fondamentale avanzare rapidamente nel piano di ripartenza dello stabilimento di Acciaierie d’Italia a Taranto, presidio strategico dell’industria nazionale per tecnologia, volumi e tipologia di prodotto”, sottolinea Cdp osservando che “è necessario procedere con la valutazione dei piani di rilancio di poli siderurgici in altre aree del Paese, con l’obiettivo di dotarli di impianti all’avanguardia”. Allo stesso tempo, “è opportuno prevenire gli effetti che tali interventi di rafforzamento della capacità produttiva potrebbero avere in termini di spiazzamento competitivo di impianti già attivi nella produzione degli stessi prodotti e che non sono beneficiari di contributi pubblici e destabilizzazione del mercato, già teso, del rottame, per la crescita repentina della domanda e il conseguente aumento dei prezzi”. Il settore soffre essenzialmente per due fattori: la sovrapproduzione globale, soprattutto ad opera di Cina e India, e le tensioni commerciali con gli Stati Uniti che risalgono al 2018. Una risoluzione alle controversie in corso, si legge nello studio della società di via Goito, dovrebbe provenire dal Global Arrangement on Sustainable Steel and Aluminum (Gassa). L’accordo, ancora oggetto di trattativa, porrebbe fine alle misure protezioniste introdotte dalle parti, al fine di disegnare un approccio comune all’evoluzione dell’industria siderurgica globale.
 
				