Il bollettino della Bce
Per le costruzioni europee a picco la produttività (ma non in Italia)
Suona un nuovo campanello d’allarme sul declino della produttività dell’economia europea, frenata da fattori contingenti e strutturali. Le costruzioni hanno un impatto negativo nelle maggiori economie europee. Fa eccezione l’Italia dove danno impulso alla crescita
4 agosto


IN SINTESI
Soltanto poche settimane fa il FMI evidenziava in un report come la produttività sia uno dei principali problemi dell’economia europea e questo a causa, principalmente, della frammentazione dell’economia stessa e del mercato finanziario. Anche nel World Economic Outlook, in primavera, il Fondo aveva rimarcato come la bassa crescita della produttività accumuni le economie avanzate. Soltanto poche settimane poi fa, Ursula von der Leyen, nel suo discorso al Parlamento europeo, aveva posto la questione delle produttività come priorità da affrontare per imprimere uno slancio competitivo all’economia europea. E ora arriva un nuovo allarme: è quello della Bce che tratteggia un quadro preoccupante in un report, contenuto nell’ultimo bollettino economico di agosto, dal titolo “Andamenti recenti della produttività del lavoro nell’area euro per paese e per settori”. Un’analisi che conferma, innanzitutto, il problema europeo del declino della produttività e mette in evidenza come in questo declino il settore delle costruzioni abbia pesanti responsabilità nelle maggiori economie europee. Con una eccezione, però: quella dell’Italia, dove il settore, sulla scia degli effetti indotti dal Superbonus e dalle agevolazioni all’edilizia, ha contribuito, invece, alla crescita della produttività.
Dalla pandemia alla guerra, gli shock che hanno frenato la produttività europea
Ma quali sono le cause della perdita di produttività dell’economia europea negli ultimi anni? Ci sono, in primis, i diversi shock negativi che si sono abbattuti sull’economia europea la cui combinazione ha avuto pesanti effetti sulla crescita della produttività. La pandemia, le interruzioni nelle catene di approvvigionamento mondiali e, a partire dal 2021, i rincari dell’energia, accentuati dalla guerra russa in Ucraina, sono tutti fattori che hanno contribuito al rallentarne la crescita con un impatto particolarmente significativo sull’industria, sul commercio all’ingrosso e al dettaglio e sulle costruzioni. Di conseguenza, la dinamica della produttività è stata più debole rispetto al passato: a partire dal quarto trimestre del 2019, la produttività media per occupato è diminuita dello 0,2 per cento all’anno, in media, a fronte di una crescita media dello 0,8 per cento all’anno nel periodo precedente la pandemia. Dal quarto trimestre del 2019 il tasso di crescita medio della produttività per ora lavorata è stato pari allo 0,2 per cento all’anno, a fronte di una crescita media dell’1,2 per cento all’anno nel periodo precedente la pandemia. Nel primo trimestre del 2024 la produttività per occupato è stata inferiore dello 0,7 per cento rispetto al dato corrispondente osservato nel quarto trimestre del 2019, mentre la produttività per ora lavorata è stata superiore di solo lo 0,7 per cento.
Ma ci sono anche fattori strutturali
Sebbene rifletta fattori di natura ciclica, il rallentamento della produttività potrebbe essere riconducibile anche a fattori di natura strutturale, sottolinea il report della Bce. La produttività, spiega, è intrinsecamente prociclica: aumenta in periodi di espansione e diminuisce in periodi di recessione. “Nell’area dell’euro, le istituzioni del mercato del lavoro e le preferenze sociali attribuiscono grande importanza alla tutela dell’occupazione rispetto alla flessibilità, come dimostrano, ad esempio, le misure di integrazione salariale introdotte durante la pandemia. Tuttavia, non è ancora possibile valutare se l’ampio ricorso a tali misure e gli impatti del rincaro dell’energia a partire dal 2021 avranno solo un effetto ciclico o se si aggiungeranno alle debolezze strutturali esistenti”.
La crescita della produttività del lavoro negativa nelle maggiori economie ad eccezione dell’Italia
Tra le cinque maggiori economie dell’area dell’euro, la Francia e la Spagna si distinguono per aver registrato, rispettivamente, il calo e l’aumento più elevati nella produttività per ora lavorata. In Francia, l’input di lavoro, in termini sia di ore lavorate sia di persone occupate, è aumentato di circa il doppio rispetto al PIL. Questo, rileva l’analisi della Bce, si spiega in parte per effetto del maggior numero di contratti di apprendistato offerti. E, considerato che i nuovi apprendisti sono, in media, meno produttivi rispetto ai lavoratori esperti, ciò può aver contribuito al brusco calo della produttività osservato nel breve periodo. La Spagna ha registrato una forte crescita della produttività del lavoro per ora lavorata, in parte riconducibile al netto calo della media delle ore lavorate, mentre la crescita della produttività per occupato è stata negativa.
La crescita della produttività del lavoro per occupato è stata negativa in tutte le cinque maggiori economie, ad eccezione dell’Italia, dove si è osservato un forte aumento della media delle ore lavorate. Le differenze settoriali sono fondamentali per spiegare tali andamenti. Ad esempio, il settore delle costruzioni ha sostenuto la crescita della produttività in Italia, mentre nelle altre quattro maggiori economie ha avuto un effetto negativo. “Il settore delle costruzioni – ricorda la Bce – ha beneficiato di un regime di sostegno fiscale introdotto nel 2020 per attenuare l’impatto economico della pandemia su famiglie e imprese. Tale regime consentiva ai proprietari di detrarre dalle tasse, a determinate condizioni, fino al 110 per cento del costo di ristrutturazione delle proprie abitazioni”. Il settore pubblico ha fornito un contributo negativo alla produttività per occupato in tutti e cinque i paesi.
Tra la fine del 2019 e i primi tre mesi del 2024 per le costruzioni -8% della produttività
Nel periodo compreso tra il quarto trimestre del 2019 e il primo trimestre del 2024, il settore delle costruzioni ha registrato il più elevato calo cumulato della produttività, dovuto alla diminuzione del valore aggiunto lordo e a un forte aumento dell’occupazione e delle ore lavorate. Complessivamente, questi due fattori hanno contribuito a una diminuzione della produttività del lavoro in tale settore pari a circa l’8 per cento.
Nei settori più ampi, quali commercio e trasporto e il settore pubblico, la produttività per occupato è diminuita, mentre la produttività per ora lavorata ha mostrato una sostanziale stagnazione. I servizi legati alle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni hanno registrato un notevole aumento della produttività, trainato dalla forte crescita del valore aggiunto lordo. Tuttavia, rispetto alla variazione osservata nei quattro anni precedenti la pandemia (per utilizzare un orizzonte temporale analogo) tale settore ha registrato il rallentamento più marcato della crescita della produttività dopo il settore delle costruzioni.
Per alcuni settori, il periodo di quattro anni comprende due fasi distinte. Nel settore manifatturiero, ad esempio, fino alla metà del 2022 la crescita cumulata della produttività per occupato era pari al 3,7 per cento mentre quella della produttività per ora lavorata era pari al 5 per cento. Tuttavia, lo shock ai prezzi dell’energia ha contribuito a far entrare la produttività in territorio negativo. Pertanto, rispetto al periodo precedente la pandemia, la crescita cumulata è divenuta negativa se misurata per persona occupata ed è aumentata solo dell’1 per cento se misurata in termini di ore lavorate. Tra il quarto trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2022, i settori dei servizi a elevata intensità di contatti hanno registrato un aumento della produttività per occupato pari allo 0,3 per cento e un incremento della produttività per ora lavorata pari allo 0,7 per cento. Tra il terzo trimestre del 2022 e il primo trimestre del 2024,
a ciò ha fatto seguito un calo dell’1,5 per cento della produttività per occupato e dello 0,5 per cento della produttività per ora lavorata.
“Nel complesso, il rallentamento della produttività è in larga misura il risultato di shock avversi che incidono sulla crescita del PIL. La pandemia e lo shock dei prezzi dell’energia hanno gravato sul PIL dell’area dell’euro, determinando un calo generalizzato della produttività, data la sua natura prociclica”, sintetizza infine l’analisi della Bce, “Margini di profitto più elevati, associati a salari reali più bassi, a una forte crescita della forza lavoro e a una riduzione delle ore medie lavorate, hanno complessivamente contribuito a sostenere la crescita dell’occupazione, aumentando nel contempo la prociclicità. Con il venir meno di alcuni di questi fattori, in un contesto caratterizzato dall’indebolimento degli utili e dall’aumento dei salari reali, ulteriori miglioramenti del mercato del lavoro – avverte- diventeranno sempre più difficili da conseguire qualora non siano sostenuti da una crescita più vigorosa della produttività”.