VERSO CITTà NEL FUTURO 2030-50

D’Angelis: tombati 30mila km di corsi d’acqua, Genova la città più sicura

Il presidente di “Earth and Water Agenda”, già coordinatore della task force di Palazzo Chigi Italia sicura, fa un quadro degli elementi di forte rischio idrogeologico in Italia indicando come fiumi e torrenti che scorrono sotto le nostre città rappresentano delle bombe a orologeria. E rigetta qualunque approccio fatalistico o catastrofista, confrontando quanto fatto a Genova e Milano. L’intervento nel capoluogo ligure, realizzato in sette anni da giunte di destra e di sinistra “senza perdere un secondo” per un costo superiore a 900 milioni, ha completato gli scolmatori del Bisagno e del Torrente Fereggiano e reso la città “la più sicura al mondo”. A Milano ci sarebbero i soldi per realizzare cinque aperture del Seveso, che ha subito 119 alluvioni dal 1975, e se ne è fatta una soltanto. Milano è anche la capitale europea della pioggia. La proposta: piani regolatori delle acque in ogni comune.

10 Apr 2025 di Giorgio Santilli

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Erasmo D’Angelis

Milano è la capitale europea della pioggia, non Londra o Parigi: 1162 mm/anno contro i 690 mm/anno della capitale inglese e i 720 di quella francese. Anche Torino (914 mm), Firenze (935 mm) e persino Roma (837 mm) si collocano al di sopra delle due metropoli nordeuropee. Complessivamente 301 miliardi di metri cubi di precipitazioni medie annue in Italia, con il caso emblematico della Sicilia che registra 15 miliardi di metri cubi l’anno di precipitazioni a fronte di un fabbisogno idrico (spesso non soddisfatto) di un milione di mc di acqua.

Forse sono questi i dati più sorprendenti che Erasmo D’Angelis, presidente di “Earth and Water Agenda”, già coordinatore della task force di Palazzo Chigi Italia sicura, ha esposto nel corso della presentazione di Città nel futuro 2030-2050, la Conferenza promossa da Ance e diretta da Francesco Rutelli che si terrà a Roma dal 7 al 9 ottobre. Il dato sulla “capitale della pioggia”. Il più sorpprendente, ma non il più drammatico, per un Paese che sta subendo un’escalation di alluvioni e di frane, registrando una media di cento eventi alluvionali l’anno dal 2000. L’Italia, “ultimo Paese della Terra emerso dalle acque”, è uno dei più esposti a eventi catastrofali: nell’ultimo secolo 29mila alluvioni e 11mila frane che hanno colpito 14mila luoghi e aree urbane. Negli ultimi due anni e mezzo sei grandi eventi alluvionali con 50 vittime e oltre 10 miliardi di euro di danni.

Il dato che però è capace al tempo stesso di fare una fotografia drammatica delle conseguenze prodotte dalla mano dell’uomo, di evidenziare un potenziale di pericolosità massima e al tempo stesso indicare però chiaramente cosa fare, è quello prodotto dall’espansione urbana con il “tombamento” di 30mila chilometri corsi d’acqua. Un dato impressionante. Il 90% della popolazione Italiana vive in centri urbani “hot spot” di stress climatici con rischi di esondazioni fluviali di corpi idrici superficiali e inondazioni pluviali per sistemi di drenaggio inesistenti o insufficienti a smaltire quantità di piogge superiori ai valori per i quali erano stati progettati.

D’Angelis ha più volte detto di rigettare qualunque approccio fatalistico o catastrofista: bisogna agire presto e bene, superare l’inerzia che deriva spesso dalle titubanze della politica e dalla frammentazione dei centri decisionali. Ha confrontato due casi emblematici, Genova e Milano.

Nel capoluogo ligure, nove interventi raccordati in un piano organico e realizzato in sette anni da giunte di destra e di sinistra “senza perdere un secondo”, per un costo complessivo superiore a 900 milioni: hanno consentito di completare e mettere in funzione gli scolmatori del Bisagno e del Torrente Fereggiano e reso Genova “la città più sicura al mondo”, dice D’Angelis.

Sull’altro fronte, Milano, con il Seveso che ha subito 119 alluvioni dal 1975. Ci sono già stanziati i soldi per realizzare cinque aperture del Seveso, ma se ne è fatta una soltanto. Una situazione di altissimo rischio, una città che vive sopra una bomba d’acqua. E non si può dire che i segnali non siano arrivati.

Infine, da D’angelis arriva una proposta: piani regolatori delle acque in ogni comune. Una proposta che farà discutere, per la sovrapposizione di troppi piani urbanistici e ambientali in ambito comunale, perché la scala giusta forse non è quella comunale, perché esistono già altre autorità con queste competenze. Ma D’Angelis difende la sua proposta: “Nessuno vuole creare ulteriori sovrapposizioni di competenze, che nel caso dei piani regolatori delle acque dovrebbero essere coordinate fra comune, Regione e autorità di bacino. Ma è assolutamente indispensabile che i comuni si dotino di strumenti di conoscenza e di monitoraggio dello stato dei corpi idrici nel loro territorio”.

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