LA RIFORMA NEL CODICE APPALTI

Il PPP contrattuale e istituzionale: spazi di utilizzo per la rigenerazione

Elaborata dalla Commissione europea, la formula giuridica del Partenariato Pubblico Privato (PPP) ha subito una profonda riorganizzazione sistematica con l’attuale Codice dei contratti pubblici di cui al Dlgs. 36/2023, il quale ne ha consolidato l’impianto per trasformarlo in un meccanismo più attrattivo per amministrazioni, operatori economici ed investitori istituzionali, vista la sua idoneità a realizzare progetti di interesse pubblico di ampio respiro e grandi dimensioni. (…)

06 Ott 2025 di Gabriella Sparano

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Come evidenziato, infatti, nella stessa Relazione introduttiva del Codice, il nuovo approccio normativo ha inteso rimediare proprio alle criticità emerse nell’ultimo quindicennio, che ha visto il PPP italiano penalizzato e sottoutilizzato a causa della frammentazione amministrativa, della scarsa concorrenza, della complessità delle procedure e dell’incertezza nella ripartizione dei rischi, nonché per un uso spesso distorto da parte delle politiche di bilancio.

E ciò è stato ottenuto attraverso una:

  • maggiore certezza del diritto tramite un quadro chiaro del riparto dei rischi tra le parti, pubblica e privata, coinvolte;
  • specializzazione degli enti concedenti, con possibilità di avvalersi di un organismo consultivo;
  • maggiore flessibilità e semplificazione delle procedure, anche tramite la digitalizzazione;
  • riduzione del rischio regolatorio;
  • maggiore attenzione agli aspetti legati all’esecuzione del contratto;
  • semplificazione del linguaggio;
  • disciplina esaustiva e auto-inclusiva del PPP, riducendo al minimo i rinvii ad altre normative, come invece avveniva sotto la normativa previgente.

Come, dunque, si configura e appare disciplinato oggi il PPP nell’articolo 174 e seguenti dell’attuale Codice?

In primo luogo, il PPP non identifica un unico e specifico tipo contrattuale, ma descrive una complessa operazione economica che può assumere diverse forme, il cui elemento unificante e distintivo è il legame contrattuale che, in quanto finalizzato ad un risultato di interesse pubblico, non può essere estemporaneo, ma deve essere “di lungo periodo” e in base ad esso il soggetto (partner) privato si impegna a fornire un servizio al pubblico, agendo al posto e in luogo del soggetto pubblico, pur rimanendone sotto il controllo, con conseguente copertura dei fabbisogni finanziari connessi alla realizzazione del progetto prevalentemente in capo alla parte privata, retribuita con la gestione dell’opera o del servizio.

Si parla, infatti, di PPP di tipo contrattuale, realizzabile attraverso le seguenti figure contrattuali tipiche:

  • concessione e finanza di progetto: il nuovo impianto chiarisce i rapporti tra queste due figure. Non si tratta più di contratti distinti (come nel Codice del 2016), ma la finanza di progetto è vista come una specifica modalità di finanziamento del medesimo contratto di concessione;
  • locazione finanziaria: questa figura si configura come un autonomo contratto caratterizzato dal coinvolgimento della società di leasing in veste di intermediario finanziario fin dalla fase di gara;
  • contratto di disponibilità: la caratteristica saliente di questo contratto consiste nel “mettere a disposizione” un’opera – che rimane di proprietà privata per l’intera durata – a fronte di un corrispettivo versato dall’ente pubblico. Nonostante il suo scarso utilizzo pratico, spesso supplito dalla concessione, si è scelto di mantenere questa possibilità per le Amministrazioni

Accanto a queste figure contrattuali tipiche, permane un principio di atipicità: in virtù della sua capacità di diritto privato, l’Amministrazione conserva la facoltà di creare schemi negoziali diversi da quelli espressamente nominati, a patto che i loro contenuti aderiscano alla regolamentazione pubblicistica generale per il PPP.

Infine, la norma parla anche di PPP di tipo istituzionale, contraddistinto dalla creazione di un’entità terza (come le società miste) detenuta congiuntamente da partner pubblico e privato, e la cui disciplina è demandata al testo unico sulle società partecipate e ad altre norme speciali di settore.

Proprio le predette caratteristiche e finalità fanno sì che il partenariato pubblico-privato sia uno strumento idoneo e strategico per la rigenerazione urbana consentendo, attraverso le diverse forme di cooperazione a lungo termine tra enti pubblici e operatori economici privati, di combinare le risorse e le competenze dei due soggetti per:

  • recuperare e valorizzare il patrimonio immobiliare pubblico spesso degradato o sottoutilizzato;
  • riqualificare aree urbane dismesse o periferiche;
  • promuovere lo sviluppo sostenibile e l’integrazione sociale e culturale delle comunità;
  • realizzare opere e infrastrutture che altrimenti non sarebbero possibili per la mancanza di fondi pubblici.

Il PPP, infatti, in quanto realizza un accordo contrattuale in cui il settore privato assume la responsabilità della progettazione, costruzione, finanziamento e gestione di un’opera o di un servizio, mentre l’ente pubblico mantiene la supervisione e definisce gli obiettivi di interesse collettivo, consente di ottenere i seguenti vantaggi per la rigenerazione urbana:

  • ottimizzazione delle risorse: il PPP consente di mobilitare capitali privati per progetti complessi e di grande portata, riducendo il carico finanziario per le amministrazioni pubbliche e i contribuenti;
  • efficienza e rapidità: l’esperienza e le competenze del settore privato possono accelerare i tempi di realizzazione e garantire una gestione più efficiente, efficace e innovativa delle opere;
  • allocazione dei rischi: i rischi legati al progetto (finanziari, operativi, ecc.) sono ripartiti tra il partner pubblico e quello privato, riducendo l’esposizione dell’ente pubblico;
  • valorizzazione del patrimonio: la riqualificazione di edifici e aree urbane genera valore economico, sociale e ambientale, migliorando la vivibilità e l’attrattività del territorio, consentendone un recupero a 360°, in termini non solo urbanistici ed edilizi, ma anche socioeconomici, tecnologici, ambientali e culturali;
  • innovazione: la collaborazione tra pubblico e privato può favorire l’introduzione di soluzioni tecnologiche innovative (es. arredo urbano intelligente, efficientamento energetico) e modelli di gestione sostenibili.

D’altra parte, anche il Disegno di legge sulla Rigenerazione urbana n. 1028, nel testo attualmente in discussione al Senato, presso l’8ª Commissione permanente (Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica) in sede referente, sebbene non richiami esplicitamente il partenariato pubblico privato, fa chiari riferimenti all’azione congiunta o all’intervento che coinvolge sia il settore pubblico che quello privato nell’ambito della rigenerazione urbana, vista come “un elemento essenziale per il miglioramento della qualità delle … aree urbanizzate (che) … si declina nel raggiungimento di due obiet­tivi fondamentali: da un lato nella rivitaliz­zazione di tessuti urbani degradati mediante il loro riutilizzo volto a un migliore impiego e, dall’altro, nel ridimensionamento del fe­nomeno del consumo e della impermeabiliz­zazione del suolo che, dal dopoguerra a oggi, continua la sua inesorabile marcia di­struttiva causando l’alterazione dei sistemi ambientali”.

Tali richiami sono rinvenibili nelle parti del DdL relative a:

  • l’intervento dello Stato: la rigenerazione urbana è vista come una politica di protezione ambientale che può guidare l’intervento dello Stato nelle attività economiche pubbliche e private;
  • gli obiettivi stessi del DdL: uno degli obiettivi del disegno di legge è favorire il riuso edilizio di aree già urbanizzate, compresi i complessi edilizi e gli edifici pubblici o privati in stato di degrado o abbandono;
  • gli strumenti di attuazione: gli interventi di rigenerazione nelle aree degradate si potranno attuare attraverso progetti e strumenti relativi a edifici e spazi pubblici e privati e tramite l’inserimento di funzioni pubbliche e private diversificate.

Tutti passaggi che indicano come la futura legge non si limiti a normare l’azione pubblica, ma ne preveda l’estensione o la collaborazione con iniziative del settore privato.

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