Brancaccio (Ance): “L’in house non è la risposta giusta per efficientare il sistema degli appalti, Fs e governo facciano una pausa, noi pronti a ragionare. Fatturato delle imprese TOP20 raddoppiato in quattro anni, la risposta è lì”

07 Ago 2025 di Giorgio Santilli

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Brancaccio (Ance): “L’in house non è la risposta giusta per efficientare il sistema degli appalti, Fs e governo facciano una pausa, noi pronti a ragionare. Fatturato delle imprese TOP20 raddoppiato in quattro anni, la risposta è lì”

ANCE OSSERVATORIO CONGIUNTURALE 2025

Stefano Antonio Donnarumma è convinto che per rendere più efficiente il sistema degli appalti le sue Fs debbano acquisire il controllo di alcuni “produttori” e creare nel gruppo ferroviario alcune verticalizzazioni che gli consentano di essere al tempo stesso committente e appaltatore in alcuni settori-chiave. Non sono mai state smentite le indiscrezioni che vedrebbero nel mirino dell’amministratore delegato di Fs società come Pizzarotti (costruzioni), Mermec (elettronica ferroviaria), Firema (treni). Un disegno dai contorni poco chiari, anche perché non è affatto scontato che il modello dell’in house porti efficienza, comprimendo concorrenza e mercato: perché Ferrovie dovrebbero gestire un’impresa meglio di chi fa proprio quel mestiere? Già i risultati come committente – qualità delle progettazioni, percorsi autorizzativi, governo dell’appalto, direzione lavori sul campo – non risultano brillantissimi a oggi, anche a guardare le difficoltà del Pnrr e del Pnc, nonostante le imprese abbiano garantito livelli di produzione molto elevati.

Il tema promette di essere il tormentone estivo nelle pagine di economia. Abbiamo chiesto, quindi, a Federica Brancaccio, presidente di Ance, l’associazione nazionale dei costruttori edili, cosa pensi di questa prospettiva che potrebbe riguardare direttamente imprese sue associate, sia in termini di acquisizioni (Pizzarotti lo è), sia in termini di sottrazione di quote di lavori al mercato, proprio in un periodo, il dopo-Pnrr, che già di suo porterà una flessione.

Federica Brancaccio, presidente di Ance

“Abbiamo letto anche noi queste notizie – dice Brancaccio – e pensiamo che prima di assumere qualunque decisione, Fs e governo dovrebbero fare una pausa di riflessione per aggiornare la fotografia reale del nostro settore. Abbiamo l’impressione che la fotografia a loro disposizione non sia aggiornata e noi ci rendiamo disponibili per un confronto. Abbiamo l’impressione che si pensi esista Webuild e poco altro. Ma non è così: negli ultimi quattro anni il settore è cresciuto in modo straordinario ed è cresciuta la capacità produttiva delle nostre imprese. Il fatturato delle prime 20 imprese è raddoppiato in 4-5 anni, allo stesso ritmo o forse a un ritmo maggiore di quanto accaduto a Webuild. Uno studio che abbiamo fatto di recente dice che il fatturato pre-Covid, quello del 2019, era per le TOP20 di 15,9 miliardi e che nel 2024 è di 27,1 miliardi. Stiamo parlando di imprese come Itinera, Ghella, Sicim, Saicef, Icm, Gcf, Renco, solo per citare alcune delle imprese che hanno presentato crescite di fatturato superiori al 100%. Aggiungo che da altri studi fatti, abbiamo verificato una crescita della solidità delle nostre imprese, anche in chiave finanziaria”.

Questa fotografia aggiornata, per certi versi effettivamente sorprendente, in che cosa potrebbe contribuire a modificare la posizione delle Fs? “Pensiamo – dice Brancaccio – sia importante che la medicina sia appropriata alla malattia che si vuole curare. Se l’ipotesi di costruire un in house risponde alla volontà di costruire altri campioni nazionali da affiancare a Webuild, pensiamo che la scelta giusta sarebbe aiutare le imprese che stanno crescendo e stanno dando risposte efficaci, a crescere ancora di più, a strutturarsi ancora meglio. La soluzione può essere assecondare, quindi, una spinta di mercato già in atto, nel rispetto dei principi della concorrenza, creando condizioni più favorevoli al loro sviluppo, a una sana concorrenza con una programmazione certa e stabile nel tempo, e non, come si vorrebbe fare con l’in house, sottraendo al libero mercato quote importanti di produzione in uno dei settori, come quello ferroviario, che ha programmi di crescita pù importanti”.

Brancaccio non vuole entrare troppo nei dettagli, riservandosi di approfondirli al tavolo che spera si possa avviare con governo e Fs, ma, se si parla con le imprese più esposte negli appalti ferroviari, viene fuori che già in passato le Fs avrebbero potuto perseguire una politica di maggiore distribuzione e minore concentrazione degli appalti assegnati. Per esempio prevedendo, in presenza di gare a più lotti, un divieto di acquisizione di più di uno o due lotti nella stessa gara. E comunque garantendo margini migliori a quelle imprese che hanno dimostrato di lavorare bene e di avere una struttura solida. Sappiamo invece che le imprese, nei dieci anni precedenti al Pnrr, sono state portate a margini ridottissimi, con la conseguenza di una crisi che ha portato alla scomparsa di molte grandi imprese storiche di un tempo. “Il fatto che non ci ritroviamo l’invasione di imprese straniere – dice Brancaccio – racconta che molto spesso l’inefficienza non viene dalle imprese, ma da un sistema che non garantisce condizioni di lavoro ottimali per chi sa portare avanti cantieri e opere. Per questo diciamo, facciamo l’analisi giusta prima di prendere una decisione, perché il rischio è che il rimedio sia peggiore del male: ridurre ancora l’area del mercato, anziché accrescerla e rafforzarla, indebolire il settore ora che si sta rafforzando”.

Un ultimo tema, che rischia di nascondersi dietro i disegni di Fs e di altre società pubbliche, è quello che si può sintetizzare con “il ritorno dell’Iri”. “L’Iri – dice Brancaccio – non può tornare perché non ci sono le condizioni degli anni ’60 e ’70. Le costruzioni di Stato non sono proprio una soluzione, oggi il mercato e la concorrenza sono le soluzioni giuste: non si può tornare indietro rispetto a questa strada. Uno dei rischi più seri è, che, dopo le Fs, ogni multiutility si candidi ad avere la sua impresa di costruzioni. Sarebbe devastante per il settore, per il mercato e per il Paese. Ricordiamoci i danni che hanno fatto in passato le costruzioni di Stato, noi siamo fermamente contrari”.

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