IL MINISTRO HA PRESENTATO LE DUE PROPOSTE

Stato-Regioni, sanatorie, riordino di interventi e titoli, rigenerazione: il TU edilizia di Salvini. Piano casa al via da 660 milioni

La priorità per gli operatori sul TU edilizia è il riordino delle categorie di intervento e dei titoli, chiesta chiarezza assoluta. Il ministro la fa sua e ci aggiunge la rielaborazione del confine fra leggi statali e regionali, le procedure permanenti di rilascio dei titoli edilizi in sanatoria (anche in zone sismiche e su beni tutelati), le semplificazioni normative, la dimostrazione dello stato legittimo dell’immobile a colpi di silenzio-assenso. Il Piano casa afferma la volontà fondamentale di Salvini di rilanciare le politiche abitative, ma per ora il ministro ha fondi solo dal 2027 e non ha il ministero della Casa per governare il tema. L’Ance plaude al ministro: “Bene, serve intervento organico, ma non fermate la legge in Parlamento sulla rigenerazione urbana”.

17 Giu 2025 di Giorgio Santilli

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Stato-Regioni, sanatorie, riordino di interventi e titoli, rigenerazione: il TU edilizia di Salvini. Piano casa al via da 660 milioni

Nello stesso pomeriggio Matteo Salvini presenta due pilastri della sua costruzione di una politica da ministro delle Infrastrutture: il Piano casa e la legge delega per la riforma del testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001). La sfida di far tornare in Italia una politica abitativa dopo 25 anni di silenzio governativo sul tema è enorme e il ministro l’affronta con indicazioni a 360 gradi che vogliono dare una risposta a esigenze sociali sempre più diffuse. Un buon impianto di partenza, sia pure con fondi per soli 660 milioni di euro e, per giunta, a partire dal 2027. Ma la riforma del TU dell’edilizia potrebbe essere una sfida addirittura più eroica, se Salvini fosse capace di tenere la barra a dritta verso una riforma organica della materia, chiara, forte e capace di sciogliere mille contraddizioni irrisolte, senza strizzare troppo l’occhio – come pure fa al sesto dei suoi sette punti – a uno dei suoi temi preferiti, le procedure di rilascio del titolo edilizio in sanatoria.

Partiamo proprio da qui, dai sette punti illustrati da Salvini per la riforma del Dpr 380. Con una premessa: che i risultati dell’indagine fatta dal ministero presso gli stakeholder dicono nettamente come ci sia il tema “sempreverde” delle semplificazioni, ma a farla da padrone, fra le esigenze degli operatori, è il riordino delle tipologie edilizie e dei titoli collegati. Tradotto in termini più chiari: le file agli sportelli comunali e le perdite di tempo di imprese e professionisti per il rilascio dei permessi sono sì importanti e vanno ridotte ancora, ma oggi gli operatori chiedono di sapere esattamente, e in tutta Italia, che tipo di intervento stanno facendo se presentano un progetto e che titolo serve per realizzarlo. Ristrutturazione o nuove edificazione nel caso per esempio di una demolizione e ricostruzione e serve un permesso per costruire o basta una Scia? E se costruisco (o ricostruisco) qualche piano in più in una zona urbanizzata, quale procedura devo seguire? Esempi semplificati per esprimere le domande che davvero oggi terrorizzano gli operatori, guardando a una normativa nazionale contraddittoria e piena di buchi, al contrasto con le norme regionali, tutte cose che sono alla base di disastri come quello milanese, quasi impossibile da districare.

Il rapporto fra legge statale e leggi regionali

Fa bene quindi Salvini a mettere al primo posto dei suoi sette punti il titolo “chiarire gli ambiti di competenza statale e regionale”, con l’ambizione di aggiornare il testo unico alla riforma del titolo V e alla giurisprudenza costituzionale e dettare una “puntuale definizione dei vincoli derivanti dalle competenze esclusive e conocrrenti dello Stato” e una “chiara perimetrazione degli ambiti della legislazione regionale”. In questo quadro andranno definiti anche i livelli essenziali delle prestazioni e individuati i principi fondamentali del governo del territorio. Qui il confiine con la riforma urbanistica si avvicina molto.

Le semplificazioni

Se il primo punto promette di dare una grande solidità all’impianto riformatore, con il secondo rientriamo in quelle semplificazioni della normativa e dell’attività amministrativa che sembrano richiamare più slogan politici che sostanza. Questo punto è tutto da capire e declinare. Anche la realizzazione di un “manuale operativo per le pubbliche amministrazioni e gli utenti” è un sogno su cui si sono infrante molte ambizioni politiche un po’ troppo semplificate. Comunque, partita aperta.

Il riordino delle categorie di intervento edilizio

Il terzo punto è il “cuore” della riforma di cui dicevamo: riordinare le categorie di intervento edilizio. La promessa è “la revisione e il riordino delle categorie di intervento edilizio, sulla base di una graduazione della trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio”. C’è anche un più criptico “ricorso a formule definitorie idonee a consentire la chiara riconduzione delle principali attività edilizie alle diverse categorie”. Il documento illustrato abbozza cinque categorie di intervento: 1) interventi di trasformazione del territorio che ciomportano una modificazione permanente del suolo inedificato; 2) interventi di trasformazione del patrimonio edilizio, anche con riferimento ad attività di demolizione e ricostruzione  di immobili esistenti comportanti sostituzione edilizia; 3) interventi di adeguamento funzionale del patrimonio edilizio; 4) interventi di ristrutturazione o manutenzione non incidenti sulla trasformazione del territorio; 5) edilizia libera, anche con riferimento a interventi di manutenzione ordinaria, manufatti leggeri, anche prefabbricati e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee. Ci sarà certamente modo di discutere di questa griglia, ma qui la partenza sembra positiva.

Razionalizzazione dei titoli edilizi

Il quarto punto è dare certezza ai procedimenti di rilascio dei titoli con la “razionalizzazione e riordino di regimi amministrativi edilizi e urbanistici e dei connessi titoli abilitativi, secondo criteri di proprzionalità”, “dare certezza sui termini previsti per il rilascio o la formazione dei titoli edilizi”, “promuovere l’efficienza dei procedimenti” attraverso digitalizzazione e sportelli unici. Il quarto punto è strettamente collegato al terzo e anche qui l’impianto iniziale sembra positivo.

Rendere permanente silenzio-assenso e sanatoria?

Il quinto e il sesto punto faranno molto discutere, anche nell’agone politico, perché incarnano l’anima liberalizzatrice di Salvini che al quinto punto propone di “semplificare la dimostrazione dello stato legittimo” – necessità sacrosanta richiesta anche dagli operatori e dai proprietari di case dopo le deroghe concesse al Superbonus e il tentativo parzialmente riuscito del salva-casa – ma lo fa proponendo subito il silenzio-assenso come soluzione alla gran parte dei mali. Troppo poco per esprime un giudizio, ma è evidente che qui siamo entrati nella “seva oscura” del cammino riformatore.

Come conferma il punto sesto, “riordinare le difformità e le procedure in sanatoria”, vero chiodo fisso nella mente del ministro. Che ha – intendiamoci – una parte di ragione se guardiamo alle richieste che arrivano anche dagli ordini professionali, per esempio i Geometri, quando propongono – e le parole sono riprese pari pari da Salvini – di “definire a livello nazionale una comune classificazione delle tipologia di difformità dal titolo abilitativo edilizio”. Gli altri due paragrafi fanno un passo ulteriore nella “selva oscura”:  semplificare e razionalizzare i procedimenti amministrativi finalizzati al rilascio o alla formazione dei titoli in sanatoria e prevedere procedure in sanatoria per le difformità di minori entità relative ai beni tutelati e in zone di rischio sismico.

Non tarderanno gli attacchi dalle opposizioni sulla volontà di definire le procedure per una “sanatoria permanente”, ma il discrimine sarà anche qui le modalità in cui saranno scritte prima le norme della legge delega e poi quelle del decreto legislativo attuativo della delega.

Lo scippo della rigenerazione urbana

C’è infine il settimo punto: rigenerazione urbana. Politicamente esplosivo perché Salvini si appropria del tema, scippandolo di fatto alla legge in discussione al Senato. Obiettivi, definizioni, incentivi, Salvini non lascia nulla alla concorrenza e ridefinisce il campo da gioco. Gli obiettivi chiave sono “superare la frammentarietà definitoria che oggi contraddistingue la rifenerazione urbana e gli interventi di recupero edilizio”, “definire un sistema di semplificazioni procedurali e sostanziali rispetto alle procedure ordinarie”, “introdurre un sistema di incentivi regolatori, premialità e crediti”. E giusto per far capire a Forza Italia – la forza della maggioranza che ha sempre rivendicato il tema e la legge in discussione al Senato – che è proprio uno scippo, Salvini scrive che occorre approvare “un quadro definitorio organico sugli interventi riconducibili alla rigenerazione urbana”.

Una via di uscita per un compromesso fra il ministro e Forza Italia potrebbe pure esserci perché gli incentivi di cui parla Salvini sono regolatori, premialità volumetriche e “crediti edilizi” affidati alle Regioni mentre la sua proposta non parla mai di incentivi fiscali o contributi in moneta. Questa parte – ammesso che la Lega superi le proprie preclusioni al Fondo nazionale per la rigenerazione urbana previsto dalla legge al Senato e il ministro Giorgetti sia disponibile a trovare risorse effettive – potrebbe restare nella legge Gasparri-Rosso. Comunque sia, vedremo scintille.

Il piano casa e le politiche abitative

Il piano casa parte da una disponibilità finanziaria attuale di 660 milioni (100 milioni per il 2027-2028, altri 500 milioni per il 2028-2030). Nella definizione che ne dà Salvini “costituisce uno strumento programmatico per contrastare il disagio abitativo sul territorio nazionale, teso al rilancio delle politiche abitative come risposta coerente ed efficace ai bisogni della persona e della famiglia”.

Le finalità sono: “definire le strategie per la riorganizzazione dell’offerta abitativa; integrare i programmi di edilizia residenziale e sociale; dare nuovo impulso alle iniziative di settore; definire modelli innovativi di governance e di finanziamento dei progetti; razionalizzare l’utilizzo dell’offerta abitativa disponibile”.

Alla ricerca di nuovi strumenti finanziari

Se la disponibilità di fondi dal 2027 è il punto debole del piano, Salvini cerca di correre ai ripari con nuovi strumenti finanziari. Il Partenariato pubblico-privato serve per integrare le risorse pubbliche mediante l’individuazione di strumenti
finanziari che favoriscano lo sviluppo del PPP, l’attrazione di capitali privati, la bancabilità delle medio-piccole operazioni proposte da privati.

La previsione di un Fondo per l’abitare dovrebbe essere caratterizzato dalla “natura rotativa” (le risorse vengono cioè destinate alle Regioni per sostenere gli attuatori finali per la realizzazione e la gestione degli alloggi e dei servizi abitativi) e dalla “natura di garanzia” (a sostegno di forme di prestito a lungo termine con l’impiego di importanti capitali da parte di istituti di credito nazionali europei).

Da chi dovrebbe essere composto questo Fondo per l’abitare? Da fondi immobiliari, da un sistema integrato di fondi (SIF) come sono stati il FIA e il FNAS di Cassa depositi e prestiti, dal credito di istituti finanziari nazionali e comunitari (es. Cdp e BEI), da fondazioni e casse di previdenza, da fondazioni bancarie, da strumenti finanziari nazionali e comunitari. Salvini non lo dice ma da questa utlim voce dovrebbero arrivare anche i fondi Pnrr non spesi per i Pinqua, reindirizzati a questo nuovo strumento. All’assemblea di Confindustria Assoimmobiliare Salvini aveva parlato di 300-400 milioni ma secondo le stime ministeriali non ufficiali questa cifra potrebbe essere anche più alta.

Gli aspetti progettuali

Gli aspetti progettuali dovrebbero puntare sulla progettazione territoriale (“piani e progetti calibrati sulle esigenze delle specifiche realtà territoriali tenendo conto, nel dettaglio, anche degli aspetti connessi e collegati, quali, per esempio, povertà energetica, vetustà del patrimonio edilizio, dati concernenti l’edilizia residenziale pubblica e sociale, rischio sismico e idrogeologico, aspetti socioeconomici, culturali, paesaggistici e ambientali”), su recupero e riqualificazione (“azioni di recupero del patrimonio immobiliare esistente e di riconversione di edifici aventi altra destinazione e di rigenerazione del tessuto urbano”) e della mixité (“soluzioni abitative varie e flessibili come il co-housing, il senior housing, l’housing
intergenerazionale che promuovano forme miste e integrate di offerta residenziale, al fine di rispondere, in termini di
durata, accompagnamento e spazi a diverse esigenze abitative e capacità di reddito”).

Tre questioni decisive da affrontare, un tentativo da sostenere

Slogan? Chiacchiere? Poco di più in effetti, perché a oggi tre sembrano gli aspetti decisivi di questa iniziativa politica detta  Piano casa. Il primo è la fondamentale volontà politica di Salvini di farlo e, facendolo, di riaffermare l’urgenza di politiche abitative per l’Italia. La seconda è la necessità di una strumentazione di govenance molto forte, che Salvini ha già identificato nel “ministero della Casa” inserito nel Mit ma che nessuno per ora da Palazzo Chigi ha dato segni di volergli concedere. Anzi, si registra un certo attivismo al Mef da parte della sottosegretaria Lucia Albano che ha la delega al patrimonio immobiliare pubblico e la tessera di Fratelli d’Italia. Il terzo aspetto è proprio quello finanziario. Qualcuno potrebbe chiedersi a che serve agitarsi, annunciare, presentare se i primi 100 milioni – cifra irrisoria rispetto ai fabbisogni – arriveranno nel 2027-2028. Per queste tre ragioni, l’uscita dal Pnrr sarà decisiva. Per il recupero di fondi da spendere da subito e perché all’ultimo miglio del Pnrr Salvini si presenta come il ministro più attrezzato, con proposte serie e una task force molto competente, con la possibilità di fare una ottima figura politica rispetto alla gran parte dei suoi colleghi che annaspano nella palude senza sapere come uscirne.

Il plauso dell’Ance

Il ministro si guadagna il plauso dell’Ance che cheide “un intervento organico per rispondere al disagio abitativo e alle necessità sociali”. “Bene l’impegno del Ministro delle Infrastrutture per riportare il tema della casa in cima all’agenda politica dice il comunicato dei costruttori -. Quella del disagio abitativo è un’emergenza che purtroppo sta coinvolgendo fasce di popolazione sempre più ampie, a cominciare dai giovani. Per questo serve un intervento organico che coinvolga le istituzioni, i capitali privati e gli operatori che, come Ance, stiamo chiedendo da tempo. Positiva anche la presentazione della delega sul Testo unico edilizia che insieme alla legge sulla rigenerazione urbana, attualmente in discussione in Parlamento, rappresenta un tassello indispensabile per modernizzare le nostre città”. Quest’ultimo punto sembra l’unico che mette i punti sulle i e suona quasi come un avvertimento: non fermate la legge al Senato.

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