LA CONSULTAZIONE DEL MIT: LE RISPOSTE DI ANCE E PROFESSIONI

TU edilizia: la parola d’ordine non è più semplificare, ma razionalizzare (e superare il grande caos)

Per i costruttori le continue correzioni e integrazioni “hanno frammentato fortemente tale normativa, rendendo difficile e incerta la collocazione delle tipologie di opere all’interno della categoria di intervento”. Ora occorre “la razionalizzazione delle tipologie di intervento, con una migliore delimitazione fra le diverse categorie edilizie, in modo da consentire una collocazione univoca”. Per i professionisti tecnici “il primo punto è relativo al riordino e alla revisione delle tipologie di intervento edilizio: la  declinazione delle categorie di intervento deve dare priorità all’attenzione nei confronti del costruito, nel quadro dei principi della sostenibilità”. A seguire, “razionalizzazione dei titoli abilitativi relativi a ciascuna delle tipologie di intervento edilizio che dovrà basarsi sulla riduzione dei titoli edilizi”.

12 Mar 2025 di Giorgio Santilli

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La parola “semplificazioni” non è ancora bandita del tutto, ma certamente è finita una certa retorica delle semplificazioni che, a forza di semplificare, spezzettare, frammentare, deresponsabilizzare, ha prodotto disastri. Altre parole prendono il sopravvento: riordino, razionalizzazione, contraddizioni, delimitazioni. Caos. E superamento del caos.

Il clima diffuso era già chiaramente questo, ma la consultazione avviata dal ministero delle Infrastrutture con una sessantina di stakeholder per ricevere proposte sul “riordino del testo unico sull’edilizia” – esclusivamente per via telematica sulla piattaforma del ministero – conferma che ormai il nemico numero uno da battere, superare, archiviare è la strada totalmente smarrita della semplificazione. Le memorie dei due soggetti più importanti in questo ambito – i costruttori dell’Ance e le tre professioni tecniche (ingegneri, architetti e geometri) unite in un documento unitario – vanno decisamente in questa direzione.

Le proposte dell’Ance: serve chiarezza

Ecco la prima e più importante analisi dell’Ance: “L’art. 3 del Dpr 380/2001 (TU edilizia) contenente le definizioni degli interventi ediliziè stato oggetto nel tempo di numerose modifiche e integrazioni che, pur andando nella direzione della semplificazione e agevolazione di alcuni interventi finalizzati al recupero e alla riqualificazione del patrimonio edilizio, hanno frammentato fortemente tale normativa, rendendo difficile e incerta la collocazione delle tipologie di opere all’interno della categoria di intervento, anche per mancanza di coordinamento con altre disposizioni sia all’interno del TU edilizia, sia nell’ambito di normative di settore (Legge 241/1990, Dlgs 42/2004, ecc.), In particolare si riscontra una difficile delimitazione dei confini di tutte le diverse categorie di intervento. Il panorama normativo è stato reso ancora più incerto dall’entrata in vigore della tabella A del Dlgs 222/2016 che non è stata più aggiornata nel tempo e dove sono presenti varie contraddizioni che occorre superare rispetto a quanto stabilito dal Dpr 380/2001. Anche la giurisprudenza – continua l’Ance – ha contribuito ad alimentare interpretazioni normative divergenti fra loro con ‘pesanti’ ricadute sulla certezza e fattibilità degli interventi edilizi”.

Più avanti, in una risposta successiva, il concetto viene ripreso: “Occorre incentivare le operazioni sul patrimonio edilizio esistente attraverso la semplificazione e la razionalizzazione delle tipologie di intervento, con una migliore delimitazione fra le diverse categorie edilizie, in modo da consentire una collocazione univoca”. E ancora: le criticità “risiedono principalmente nella difficile individuazione del titolo edilizio richiesto per la tipologia di intervento, in considerazione anche delle modifiche normative che nel tempo sono state apportate alla definizione delle categorti edilizie”. Lo stress è tale e tanto che per la prima volta si arriva a mettere in discussione, sia pure parzialmente, il passaggio epocale “da un sistema improntato sostanzialmente su un’attività prettamente autorizzativa della pubblica amministrazione” a “un regime maggior responsabilizzazione dei professionisti incaricati con l’inroduzione di nuovi istituti giuridici (Cila, Scia) per semplificare il lavoro delle aministrazioni locali e per andare incontro ad una maggiore celerità nella cantierizzazione degli interventi”. Ebbene, anche questo sistema ultrasemplificato, è “funzionale per diversi aspetti”, ma “presenta delle criticità che risiedono principalmente nella difficile individuazione del titolo edilizio richiesto per la tipologia di intervento”.

Alla fine la posizione dell’Ance torna sul concetto di semplificazione, ma è una semplificazione subordinata a una chiarezza della direzione di marcia. Servirebbero quindi “la valorizzazione delle funzioni di certificazione e asseverazione dei tecnici, come la Scia e la Cila”, ma soltanto “procedendo allo stesso tempo ad una maggiore tipizzazione delle relative proedure”. E ancora, l’incentivazione del permesso di costruire convenzionato come strumento di velocizzazione rispetto ai piani urbanistici attuativi. Ma anche la rimodulazione dei termini di efficacia dei titoli edilizi per superare l’attuale disciplina di proroga dei termini, generatrice di confusione; oppure l’introduzione di una istruttoria preliminare che faciliti la successiva presentazione “dell’opportuno titolo edilizio”.

Le proposte di ingegneri, architetti e geometri

Per il primo punto, il punto più importante, del riordino del TU edilizia, le parole usate dal comunicato unitario dei Consigli nazionali di ingegneri, architetti e geometri/geometri laureati sono pressoché sovrapponibili a quelle usate dall’Ance. Ecco il testo dei tre Consigli: “Il primo punto è relativo al riordino e alla revisione delle tipologie di intervento edilizio: la  declinazione delle categorie di intervento deve dare priorità all’attenzione nei confronti del costruito, nel quadro dei principi della sostenibilità. Segue la razionalizzazione dei titoli abilitativi relativi a ciascuna delle tipologie di intervento edilizio che dovrà basarsi sulla riduzione dei titoli edilizi”. Ancora meglio si potrà capire questa posizione quando i tre Consigli renderanno pubblico il documento di sintesi delle proposte avanzate dal Mit.

Si passa poi a un tema più specifico delle professioni tecniche, con una eco anche delle tematiche del decreto salva-casa. Si parla della “definizione delle diverse tipologie di difformità che va formulata nell’ottica di una massima semplificazione e chiarezza interpretativa, che può essere raggiunta con due sole tipologie ben demarcate, la parziale difformità e la totale difformità”. Poi un chiarimento metodologico a tutto campo, di grande significato. “Così come per i Titoli Edilizi . idice il comunciato – le difformità dovranno divenire norme di principio, uniche e valide sull’intero territorio nazionale. Quanto allo stato legittimo immobiliare e relativi titoli legittimanti, esso deve espressamente prevedere, oltre ai titoli rilasciati, quelli divenuti efficaci anche in assenza di una diretta verifica degli uffici comunali, a condizione che siano maturate le condizioni di cui all’articolo 21-novies della L. 241/1990”.

Un capitolo è poi dedicato alle norme tecniche delle costruzioni su cui “si rileva che il Dpr 380/2001 fu promulgato anteriormente all’emanazione delle NTC 2018, pertanto il TU edilizia deve recepire i principi generali, i criteri di  pianificazione, progettazione, realizzazione e gestione delle opere strutturali da esse derivanti. Importante l’introduzione
della definizione del livello di affidabilità di una costruzione in relazione al livello di rischio. Occorre semplificare le pratiche strutturali: rendendole digitalizzate ed unificate in tutta Italia con modelli procedurali standard. Analoga definizione, da avere in modo univoco in tutta Italia, deve esserci sulla classificazione degli interventi rilevanti e non dal punto di vista strutturale”.

Altro tema carissimo ai professionisti tecnici: “la digitalizzazione delle procedure, l’istituzione dell’Anagrafe e Fascicolo digitale delle costruzioni” mentre “si considera la costituzione dello Sportello unico comunale una misura essenziale per lo
snellimento delle procedure amministrative”. Inoltre, “è considerata essenziale l’istituzione dell’anagrafe delle costruzioni per opere pubbliche e private e l’introduzione del fascicolo digitale della costruzione con la raccolta di tutte le informazioni relative al fabbricato”. In tema di responsabilità dei soggetti professionali “si chiede, in analogia e a rafforzare quanto indicato dalla legge sull’equo compenso, che il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di responsabilità professionale debba decorrere dal giorno del compimento della prestazione da parte del professionista ed esaurirsi nei 10 anni successivi”.

Sulla sostenibilità delle costruzioni, infine, “la nuova normativa edilizia deve prevedere il rispetto di criteri legati all’impatto ambientale ed alla gestione delle risorse nell’ottica del miglioramento delle condizioni di benessere e sicurezza delle persone e favorire, con l’allineamento delle politiche fiscali, la ristrutturazione e il riutilizzo adattivo dei fabbricati”.

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