indagine Federmeccanica
Il Mar Rosso mina la competitività dell’industria metalmeccanica
L’industria metalmeccanica soffre addirittura di più dell’industria generale e ad aumentare le difficoltà delle imprese del settore sono le ripercussioni connesse ai traffici marittimi nel Mar Rosso. Con l’allungamento dei tempi di approvvigionamento, l’aumento dei costi e la carenza di materie prime diventa sempre più difficile competere sui mercati internazionali
Tempi che si allungano, costi che lievitano, materie prime che mancano. La crisi del Mar Rosso mina sempre di più la competitività delle imprese metalmeccaniche che accusano sempre maggiori difficoltà a causa delle tensioni geopolitiche in aree strategiche come il Mar Rosso. E’ la 171ma indagine congiunturale presentata ieri da Federmeccanica a dedicare un focus a queste problematiche in un contesto in cui l’industria metalmeccanica soffre ancora di più dell’industria in generale. Nella prima metà del 2024, i risultati della produzione industriale rimangono
ancora in terreno negativo: -0,8% nel secondo trimestre rispetto al precedente (era già -1,3% nel primo) e -1,7% nel confronto tendenziale (dopo il -3,9% segnato nel primo trimestre). Nel settore metalmeccanico si riscontra una situazione ancora più difficile: in termini congiunturali, nel secondo trimestre il calo produttivo è stato dell’1,5%, dopo il -2,1% registrato nel primo; mentre in termini tendenziali, alla contrazione del 3,9%, segnata nei primi tre mesi dell’anno, ha fatto seguito un -3,4% nei successivi tre.
Federmeccanica rimarca, dunque, come “la difficile fase economica che stiamo vivendo oramai da diversi anni, ma soprattutto l’incertezza sulla sua evoluzione futura, sta condizionando significativamente la produzione del settore metalmeccanico; inoltre, le tensioni geopolitiche in atto in aree strategiche, soprattutto per quel che riguarda le catene di approvvigionamento, rendono sempre più difficile il contesto nel quale devono operare le nostre imprese metalmeccaniche, con pesanti ricadute anche sulla capacità di competere delle stesse”. E una delle problematiche emergenti da questo scenario internazionale è rappresentata dalle difficoltà connesse ai traffici marittimi che attraversano il Mar Rosso.
Nel secondo trimestre la percentuale di imprese che risente delle conseguenze derivanti da tali difficoltà cresce, passando dal 40% scorso all’attuale 42%. Ma dove si riscontrano le principali ripercussioni di questa situazione? Il 46% delle imprese metalmeccaniche soffre in termini di allungamento dei tempi; per il 40% comporta un incremento dei costi, mentre il 9% ritiene di perdere competitività e il 4% di avere
maggiori difficoltà di accesso ai mercati. Per fronteggiare una situazione così complessa, tra gli accorgimenti che le imprese hanno adottato
o stanno adottando, l’incremento delle scorte è valutato nel 36% dei casi, modalità alternative di trasporto merci (treno, aereo, ecc.) nel 30%, il reperimento di nuovi fornitori in Europa e/o in aree non interessate da tali difficoltà nel 29%, mentre nel restante 5% le imprese adotteranno altre soluzioni.
“Il contesto fin qui descritto, come detto, sta creando gravi disagi al sistema produttivo dell’industria nazionale e di quella metalmeccanica in particolare”, sottolinea Federmeccanica che ha chiesto alle proprie associate di esprimere un giudizio sui possibili rischi che le aziende dovranno/potranno affrontare nel prossimo futuro. Il rischio di una carenza di materie prime ed energia è considerato importante nel 72% dei casi, poco importante nel 24% e indifferente nel 4%. Relativamente ai possibili cambiamenti dello scenario macroeconomico globale, che si tratti di frammentazione dei mercati, di conflitti, dazi, politiche di austerity o altro, il pericolo è giudicato importante per il 67% delle relative risposte, poco importante per il 27%, mentre per il 6% è indifferente. In relazione alla possibilità dell’interruzione di attività il rischio è giudicato importante nel 38% delle risposte inerenti, poco importante nel 41% e indifferente nel 21%. Per quanto riguarda la carenza di forza lavoro qualificata la problematica è giudicata importante nel 62% dei casi, poco importante nel 32% e indifferente nel restante 7%.
Tornando allo scenario generale tratteggiato dall’indagne congiunturale, nel primo semestre del 2024 la produzione metalmeccanica è diminuita in maniera diffusa in tutti i comparti dell’aggregato, ma in particolar modo in quello degli autoveicoli e rimorchi i cui volumi di produzione hanno segnato cali congiunturali sempre più accentuati nei singoli trimestri. Le dinamiche produttive sono state disomogenee nei diversi comparti e questo anche perché il settore metalmeccanico è un settore fortemente eterogeneo sia per l’inclusione di una vasta
gamma di attività produttive, molto diversificate tra loro, sia per le differenti dimensioni che caratterizzano le imprese metalmeccaniche.
Anche nell’Unione Europea, in questa prima metà dell’anno in corso, l’attività metalmeccanica è risultata in forte sofferenza e le dinamiche produttive, ancora negative nei principali paesi membri, risultano evolvere in maniera differenziata. In Germania la produzione si è ridotta in temini congiunturali dell’1,9% nel primo trimestre e dell’1,3% nel secondo; in Francia dopo il crollo registrato del primo trimestre (-3,5% rispetto al precedente) nel secondo il risultato è stato ancora negativo (-1,2%), mentre in Spagna dopo il +1,2% congiunturale del primo trimestre, nel secondo ha cambiato segno con un -0,7%.
Nel corso dei primi sei mesi del 2024, l’export del nostro paese ha risentito della debolezza del commercio mondiale ancora condizionato dai tanti fattori di incertezza che caratterizzano il contesto internazionale. Le esportazioni metalmeccaniche, nella prima metà dell’anno in corso, si
confermano negative e la dinamica trimestrale, non solo convalida il trend discendente, che già nell’ultima parte del 2023 era entrato in terreno negativo (-1,1%), ma in questo secondo trimestre evidenzia un nuovo inasprimento (-4,3% dopo il -2,0% del primo trimestre). Complessivamente nei primi sei mesi dell’anno in corso, l’export settoriale è, infatti, mediamente diminuito del 3,2%, rispetto al primo semestre del 2023, mentre l’import si è ridotto del 6,5% e il saldo dell’interscambio è stato pari a circa 25,5 miliardi di euro, superiore ai 22,2 conseguiti nell’analogo periodo dello scorso anno. Con riferimento alle aree di destinazione, in questa prima metà dell’anno, più marcata è stata la contrazione registrata dalle esportazioni dirette verso l’Unione Europea (-5,5% su base annua), rispetto a quelle indirizzate verso i mercati esterni all’area (-0,5%), e il calo pur avendo interessato tutti inostri principali partner commerciali, è stato determinato in particolar modo dal crollo registrato sul mercato tedesco (-11,1% rispetto ai primi sei mesi del 2023).
I risultati dell’indagine trimestrale, confermano il proseguimento della difficile fase nella quale versa il settore, oramai da molti trimestri, e che non trova conforto nemmeno negli indicatori previsivi che, nel breve periodo, permango negativi: il 34% delle imprese intervistate dichiara un portafoglio ordini in peggioramento e sale al 39% (dal 32% della scorsa rilevazione) la quota di imprese che si ritiene insoddisfatta delle
consistenze in essere; il 32% delle imprese (in forte aumento rispetto al precedente 21%) prospetta una contrazione nei livelli di produzione totale; la percentuale di imprese che valuta cattiva o pessima la situazione della liquidità aziendale
aumenta dal 6% della scorsa indagine all’attuale 7%; siespande la quota di imprese che prevede una riduzione i livelli occupazionali nei prossimi sei mesi (14% in salita dal precedente 11%).