L'audizione in Parlamento

Draghi: “I dazi minaccia per Europa e Italia, URGENTE agire su innovazione ed energia. La difesa comune è un passaggio obbligato”

Mai come ora l’Europa si trova a dover affrontare scelte “di grande momento”. E’ il monito che Draghi ha lanciato nel corso dell’audizione in Parlamento. L’ordine internazionale sconvolto dalle politiche protezionistiche dell’Amministrazione Trump trova il Vecchio Continente più vulnerabile rispetto agli altri attori per i ritardi accumulati, già di per sé, preoccupanti. C’è un rischio sicurezza e sulla difesa deve agire con urgenza come un solo Stato mentre per rilanciare la competitività deve intervenire su energie, semplificazione e innovazione

18 Mar 2025 di Maria Cristina Carlini

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Draghi: “I dazi minaccia per Europa e Italia, URGENTE agire su innovazione ed energia. La difesa comune è un passaggio obbligato”

Il Rapporto sulla Competitività presentato sei mesi fa “non è diventato obsoleto” alla luce di tutti gli eventi che hanno mutato e stanno mutando l’ordine internazionale e che mettono in discussione i valori costituenti della società europea. Anzi, proprio per questo, è “ancora più urgente ed è diventato un Rapporto sulla politica industriale”. Come aveva già fatto davanti al Parlamento europeo, anche nel suo ritorno (mancava dal luglio 2022) nel Parlamento italiano, l’ex premier ed ex presidente della Bce, Mario Draghi, rilancia l’imperativo ad agire con urgenza, recuperando e rispondendo ai ritardi che, negli anni, l’Europa ha accumulato. La sfida è oggi ancora più pressante perché “la nostra prosperità, già minacciata dalla bassa crescita per molti anni, si basava su un ordine delle relazioni internazionali e commerciali oggi sconvolto dalle politiche protezionistiche del nostro maggiore partner. I dazi, le tariffe e le altre politiche commerciali che sono state annunciate avranno un forte impatto sulle imprese italiane ed europee”. E soprattutto perché “il tempo disponibile si è drammaticamente ridotto”, avverte Draghi nella sua audizione presso le Commissioni riunite Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue di Camera e Senato. Di qui l’auspicio che questi eventi “ci spingano con eguale energia ad affrontare le complessità politiche e istituzionali che finora hanno ritardato la nostra azione”.

Quello della difesa europea, a fronte dei rischi per la sicurezza con il nuovo corso alla Casa Bianca,  è  uno dei temi portanti dell’audizione di Draghi e delle domande poste dai parlamentari. Nè poteva essere diversamente.  Qui con toni netti Draghi incalza l’Europa ad agire come un solo Stato e ricorrendo al debito comune. Ma ampi passaggi del suo intervento, Draghi, li ha dedicati a questioni altrettanto cruciali che, nel giro di sei mesi, sono diventate ancora più urgenti: il costo dell’energia, la deregolamentazione e la politica dell’innovazione. Tre temi attraverso i quali passa il rilancio della competitività dell’Europa. Incidere su questi tre fronti significa intervenire sulle cause strutturali della sua inadeguatezza. C’è un dato che più di tutti la riassume “la persistente debolezza dell’economia del nostro continente è la quantità di risparmio che ogni anno fuoriesce dall’Unione Europea: 500 miliardi di euro nel solo 2024 – risparmi a cui l’economia europea non riesce a offrire un tasso di rendimento adeguato”.

Energia: la priorità è ridurre le bollette per imprese e famiglie

Draghi parte dall’energia: anche in questo caso, sono i dati a mettere in luce la vulnerabilità dell’Europa.  “In Europa, tra settembre e febbraio, il prezzo del gas naturale all’ingrosso è aumentato in media di oltre il 40%, con punte di oltre il 65%, per poi attestarsi a +15% nell’ultima settimana. Anche i prezzi dell’elettricità all’ingrosso sono aumentati in modo generalizzato nei diversi Paesi europei, e continuano a essere 2-3 volte più alti dei prezzi negli Stati Uniti. Questo problema è ancora più marcato in Italia, dove i prezzi dell’elettricità all’ingrosso nel 2024 sono stati in media superiori dell’87% rispetto a quelli francesi, del 70% rispetto a quelli spagnoli, e del 38% rispetto a quelli tedeschi. Anche i prezzi del gas all’ingrosso in Italia nel 2024 sono stati mediamente più alti rispetto ai mercati europei. Nei prezzi finali ai consumatori incide anche la tassazione, in Italia tra le più elevate di Europa. Nel primo semestre del 2024, l’Italia risultava il secondo Paese europeo con il più alto livello di imposizione e prelievi non recuperabili per i consumatori elettrici non domestici”. Numeri che traducono il  “perenne svantaggio” nei confronti della concorrenza straniera e che mettono a rischio “non solo la sopravvivenza di alcuni settori tradizionali dell’economia, ma anche lo sviluppo di nuove tecnologie ad elevata crescita. Si pensi ad esempio all’elevato consumo necessario per i data center”. Per questo,  “una seria politica di rilancio della competitività europea deve porsi come primo obiettivo la riduzione delle bollette – per imprese e famiglie”.

Inoltre, “a livello europeo, nel mercato del gas naturale è necessario esercitare il nostro potere di acquisto, sfruttando la nostra posizione di più grande consumatore al mondo di gas. Possiamo coordinare meglio la domanda di gas tra Paesi, ad esempio anche riempiendo gli stoccaggi con flessibilità in modo da evitare l’irrigidimento della domanda complessiva”. Va pretesa poi una maggiore trasparenza dei mercati. È indispensabile evitare rischi di concentrazione e rafforzare il livello di vigilanza. Gran parte delle transazioni finanziarie legate al gas è concentrata in poche società finanziarie senza che vi siano forme di vigilanza su di esse paragonabili a quelle su altri intermediari finanziari. Anche per quanto riguarda il gas è necessaria una maggiore trasparenza sui prezzi di acquisto alla fonte”.

Draghi si sofferma sullo sviluppo delle rinnovabili. “Il beneficio dei più bassi costi operativi delle rinnovabili raggiungeranno pienamente gli utenti finali solo tra molti anni. I cittadini ci stanno dicendo che sono stanchi di aspettare. La stessa decarbonizzazione è a rischio. I prezzi all’ingrosso dell’elettricità dipendono dal mix di generazione ma anche da come si forma il prezzo. In Europa, nel 2022, pur rappresentando il gas solo il 20% del mix di generazione elettrica, ha determinato il prezzo complessivo dell’elettricità per più del 60% del tempo. In Italia, per circa il 90% delle ore. Occorre certamente accelerare lo sviluppo di generazione pulita e investire estesamente nella flessibilità e nelle reti. Ma occorre anche disaccoppiare il prezzo dell’energia prodotta dalle rinnovabili e dal nucleare da quello dell’energia di fonte fossile. Non possiamo però unicamente aspettare le riforme a livello europeo. In Italia – sottolinea Draghi – sono disponibili decine di gigawatt di impianti rinnovabili in attesa di autorizzazione o di contrattualizzazione. È indispensabile semplificare e accelerare gli iter autorizzativi, e avviare rapidamente gli strumenti di sviluppo. Questo abiliterebbe nuova produzione a costi più bassi di quella a gas, che rappresenta ancora in Italia circa il 50% del mix elettrico (a fronte di meno del 15% in Spagna e di meno del 10% in Francia). Inoltre, senza aspettare una riforma europea, possiamo slegare la remunerazione rinnovabile da quella a gas, sia sui nuovi impianti che su quelli esistenti, adottando più diffusamente i Contratti per Differenza (CfD) e incoraggiando e promuovendo i Power Purchasing Agreement (Ppa).

“Se vogliamo l’autonomia energetica completa e la sovranità sul nostro approvvigionamento energetico, la produzione di energia non può venire dal gas”. “È una questione di tempi. Certamente sono stati fatti errori nel fissare obiettivi ambiziosi – dice ancora Draghi – ma soprattutto l’errore è stato non adeguare gli apstrumenti a quegli obiettivi”.

Semplificazione: meno regole e meno confusione ma no a una deregulation selvaggia

Draghi affronta, quindi, il ginepraio dell’iper regolamentazione e frammentazione a livello europeo che, come  già aveva rimarcato nell’audizione al Parlamento europeo, crea quelle barriere interne al mercato unico che equivalgano a un dazio del 45% sui beni manifatturieri e del 110% sui servizi. “La regolamentazione prodotta dall’Unione Europea negli ultimi venticinque anni ha certamente protetto i suoi cittadini ma si è espansa inseguendo la crescita di nuovi settori, come il digitale, continuando ad aumentare le regole negli altri. Ci sono 100 leggi focalizzate sul settore high tech e 200 regolatori diversi negli Stati Membri. Non si tratta di proporre una deregolamentazione selvaggia ma solo un po’ meno di confusione”, puntualizza Draghi. “Le regole – troppe e troppo frammentate – penalizzano, soprattutto nel settore dei servizi, l’iniziativa individuale, scoraggiano lo sviluppo dell’innovazione, penalizzano la crescita dell’economia. All’introduzione di nuove regole gli Stati membri spesso tralasciano di adeguare le normative nazionali e nei casi in cui le direttive della Commissione prevedano un’armonizzazione minima, aggiungono a esse altre prescrizioni nazionali che differiscono tra Paesi. Infine, la difesa del mercato unico di fronte alla Corte di Giustizia Europea è divenuta sempre più rara”.

Innovazione: sull’Ia il gap dell’Europa è incolmabile

Il Rapporto, ricorda Draghi, “esamina estesamente l’intero ciclo dell’innovazione dalla ricerca alla commercializzazione e presenta numerose proposte su ciò che l’Europa e i singoli Stati Membri possono fare per ridurre il gap con gli USA e la Cina e permettere alle imprese più innovative di svilupparsi in Europa invece di spostarsi negli Stati Uniti”. Ora, questo ritardo è diventato ancora più accentuato e, in particolare, sull’intelligenza artificiale è addirittura incolmabile. “I modelli di intelligenza artificiale sono diventati sempre più efficienti, con costi di addestramento che si sono ridotti di dieci volte da quando è uscito il rapporto.  In quest’area il Rapporto prende atto che il ritardo europeo è probabilmente incolmabile ma suggerisce che l’industria, i servizi e le infrastrutture sviluppino l’impiego dell’AI nei loro rispettivi settori. L’urgenza è essenziale perché i llm (large language model) si stanno espandendo anche verticalmente. La mancanza di finanziamenti è spesso citata come causa importante della debolezza del ciclo dell’innovazione in Europa. Il Rapporto propone una chiave di lettura in parte diversa. Solitamente un progetto innovativo diviene interessante dal punto di vista finanziario quando la sua scala può crescere al di là dei confini nazionali. Ma ciò in Europa è difficile perché il mercato dei servizi è molto frazionato. Ecco, quindi, che l’investitore di oltre oceano non offre al progetto innovativo solo il finanziamento ma anche l’accesso al mercato americano. La creazione di un vero mercato unico europeo dei servizi per 450 milioni di persone è quindi il vero presupposto per l’avvio di un ciclo dell’innovazione ampio e vitale. Un mercato dei capitali capace di indirizzare il risparmio verso le start-up più dinamiche offrirà i finanziamenti necessari.

“La difesa comune dell’Europa è un passaggio obbligato”

Centrale nell’audizione di Draghi è, come si è detto, il tema della difesa. “La difesa comune dell’Europa” è “un passaggio obbligato per utilizzare al meglio le tecnologie che dovranno garantire la nostra sicurezza” e richiederà anche una cessione di sovranità. Un processo nel quale “gli angusti spazi di bilancio non permetteranno ad alcuni Paesi significative espansioni del deficit” e dunque “il ricorso al debito comune è l’unica strada”, dice Draghi secondo il quale  interventi nazionali a scapito della spesa sociale e sanitaria sarebbero “la negazione” dell’identità europea che vogliamo proteggere difendendoci dalla minaccia dell’autocrazia. Per la difesa europea “occorre definire una catena di comando di livello superiore che coordini eserciti eterogenei” e che “sia in grado di distaccarsi dalle priorità nazionali operando come sistema della difesa continentale”, spiega. “Occorrerebbe che l’attuale procurement europeo per la difesa – pari a circa 110 miliardi di euro nel 2023 – fosse concentrato su poche piattaforme evolute invece che su numerose piattaforme nazionali”. Un frazionamento “deleterio”: a fronte di investimenti complessivi comunque elevati, i Paesi Ue alla fine acquistano gran parte delle piattaforme militari dagli Stati Uniti. “Come si trovano gli 800miliardi? Coinvolgendo di più il settore privato e per forza di cose ci sarà anche una quota di debito pubblico. Con questa nuova urgenza che è stata impressa dalle recenti dichiarazioni della Commissione sulla difesa europea è chiaro che le capacità di espansione del deficit per tanti paesi forse non le abbiamo – osserva  – quindi effettivamente bisogna ricorrere in qualche modo al debito comune”. “Io ho sempre sostenuto questa cosa da moltissimi anni – prosegue – La cosa principale è fare quei cambiamenti delle regole necessari per creare un mercato unico. Questa è la cosa più importante. Si parla di mercato unico dei capitali ma per avere un mercato unico occorre un’attività finanziaria comune”.

“Un’Europa che cresce finanzierà più facilmente un fabbisogno finanziario che ormai supera le previsioni del Rapporto. Un’Europa che riforma il suo mercato dei servizi e dei capitali vedrà il settore privato partecipare a questo finanziamento. Ma l’intervento dello Stato resterà necessario. Gli angusti spazi di bilancio non permetteranno ad alcuni Paesi significative espansioni del deficit, né sono pensabili contrazioni nella spesa sociale e sanitaria: sarebbe non solo un errore politico, ma soprattutto la negazione di quella solidarietà che è parte dell’identità europea, quell’identità che vogliamo proteggere difendendoci dalla minaccia dell’autocrazia. Il ricorso al debito comune è l’unica strada”, ribadisce ancora.

“Il Rapporto è una storia di pace. L’Europa ha davanti scelte di grande momento come mai nella sua storia”

Rispondendo alle domande dei parlamentari, Draghi torna ancora sullo spirito che permea il Rapporto sulla Competitività. “IL Rapporto è una storia di pace. Noi stiamo diventando sempre più poveri. Negli ultimi cinque anni, i consumi negli Usa sono aumentati del 13%, in Europa del 2%. Risparmiamo il doppio degli americani. Occorre capire come si fa ad allineare questi valori”. Tanto più ora che “l’Europa è più vulnerabile di tutti gli altri attori. Noi traiamo il 50% del nostro prodotto dal commercio estero, gli Stati Uniti il 26%, la Cina il 32%. Se gli altri mettono dei dazi e noi rispondiamo – ha aggiunto – creiamo un danno a noi stessi. Perché di fronte a una risposta degli altri siamo più vulnerabili, gli altri ci colpiscono più di quanto possiamo fare noi a loro”. E, per questo, “le scelte che ci sono davanti sono di grande momento come forse non mai dalla fondazione dell’Unione Europea”.  Nella Sala Koch del Senato, Draghi ha cominciato a parlare alle ore 10. L’audizione è durata complessivamente due ore e mezza. “Sentite io vedo che voi guardate l’orologio, quindi vi ringrazio moltissimo per l’attenzione. Grazie”, si accommiata così dai parlamentari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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