ESCLUSO IL SETTORE AUTOMOTIVE

Von der Leyen presenta il Clean Industrial Deal per salvare la competitività delle imprese europee e INSIEME la transizione verde: ribasso delle tariffe energetiche, iter brevi e flussi gas diversificati, sì al nucleare

26 Feb 2025 di Mauro Giansante

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Von der Leyen presenta il Clean Industrial Deal per salvare la competitività delle imprese europee e INSIEME la transizione verde: ribasso delle tariffe energetiche, iter brevi e flussi gas diversificati, sì al nucleare

Nuovo mandato, nuovo piano verde. Ma stavolta più industriale. E’ il giorno del Clean Industrial Deal a Bruxelles, Ursula von der Leyen presenterà oggi insieme ai vicepresidenti la strategia che caratterizzerà i prossimi cinque anni sulla scia del vecchio, ma non accantonato, Green Deal. Il suo bis a Palazzo Berlaymont, come ormai noto, sarà meno verde e più competitivo. O almeno proverà a disegnare un’Unione con questi tratti. E allora il Cid, il Clean Industrial Deal appunto, non sarà un piano isolato bensì si inserirà nel contesto dell’Action Plan for Affordable Energy, con l’obiettivo di ridurre i costi energetici, migliorare l’efficienza del mercato dell’energia e sostenere le imprese europee nella decarbonizzazione.

Gli obiettivi – si legge nelle ultime bozze visionate da Diario Diac – vanno dalla riduzione dei costi energetici per famiglie e imprese, abbassando le tariffe (ma non solo), al rafforzamento dell’Unione dell’energia, passando per il supporto all’industria europea nella transizione ecologica. E ancora, verrà impressa una spinta sulla transizione dal lato dello sblocco degli iter per gli impianti di produzione rinnovabile, puntando poi sul potenziamento delle reti e sulle nuove tecnologie. Tra queste, idrogeno e “nuovo” nucleare. Un ruolo importante sarà assunto anche dallo stoccaggio e le comunità energetiche. Quanto al gas, si punta a una migliore regolazione e trasparenza nei mercati, acquisti centralizzati e diversificazione delle fonti. Dunque, non si tornerà indietro sulla strada degli approvvigionamenti (prettamente) russi, come invece ipotizzato qualche giorno fa sulla Stampa dal ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin. Ma il vero punto, poi, sarà arrivare al disaccoppiamento dei prezzi gas-elettricità.

Più in generale, verrà perseguito un quadro di maggior sicurezza, coordinamento e ottimizzazione intra-europea. L’orizzonte ultimo rimane quello della decarbonizzazione, ecco perché non verrà dimenticata la rotta tracciata dal Green Deal. Inoltre, Bruxelles attingerà anche a programmi esistenti, dal fondo per l’innovazione a Horizon Europe e InvestEu. Di più, il Cid supporterà il Competitiveness Compass, la strategia Ue per rilanciare la crescita economica e l’innovazione. Come? Anche con gli aiuti di Stato, da tenere attivi auspicabilmente fino a fine 2030.

Investimenti da 480 miliardi di euro e tanta semplificazione, appalti rivisti nel 2026

Tra i dettagli del piano visionato da Diario Diac, l’Ue punterà ad aumentare gli investimenti annuali in energia, industria e trasporti di circa 480 miliardi di euro rispetto al decennio precedente. La base verde del prossimo quinquennio sarà il 38% del bilancio europeo. Quanto al ribasso dei costi energetici, nel Cid si legge che “gli Stati membri hanno la possibilità di ridurre le imposte e i prelievi nazionali nella bolletta dell’energia elettrica, avvicinandosi alle aliquote minime di accisa previste dalla direttiva sulla tassazione dell’energia, pari a 0,5 euro/MWh per le imprese e all’aliquota Iva ridotta al minimo del 5% previsto dalla direttiva Ue , nonché di eliminare le imposte non legate all’energia e di trasferire quelle che finanziano l’energia”.

Sul capitolo semplificazioni energetiche, il Cid e il piano per l’energia a prezzi accessibili si accompagneranno al primo di una serie di pacchetti Omnibus per tagliare la burocrazia europea. La prima semplificazione riguarderà quattro testi di legislazione che non erano ancora stati recepiti da tutti gli Stati, sui quali c’era il rischio di un’applicazione differenziata tra le capitali: la tassonomia degli investimenti sostenibili dovrebbe diventare volontaria, anche se non per tutte le imprese ma per quelle sotto una certa soglia di dipendenti; semplificazione in arrivo anche per la direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale (Csrd) e per la direttiva due diligence sulla responsabilità aziendale; infine, per il meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiere (Cbam) dai cui vincoli saranno esentati i piccoli importatori. Proprio sul Cbam, è molto probabile che si andrà verso un rinvio dal 2026 al 2027 per l’applicazione della carbon tax sui conti delle aziende europee.

Una delle normative Omnibus che verranno approvate oggi, punta a mobilitare almeno altri 50 miliardi di invesimenti aggiuntivi, tra pubblico e privato “per finanziare attività a più alto rischio a sostegno delle politiche prioritarie dell’Unione, come la Bussola della competitività e il Clean industrial deal”. Nel dettaglio, la bozza prevede un aumento della garanzia Ue disponibile di 2,5 miliardi che, secondo Bruxelles, dovrebbe portare ad una mobilitazione di circa 25 miliardi di investimenti pubblici e privati. Gli altri 25 miliardi dovrebbero arrivare dalle maggiori possibilità di combinazione delle risorse disponibili nell’ambito dei programmi preesistenti con il Fondo InvestEu. La bozza ipotizza un risparmio di circa 200 milioni dalle semplificazioni della rendicontazione, in particolare per le piccole e medie imprese (Pmi). Quanto agli appalti, nel 2026 sarà introdotta una proposta formale per rivedere l’attuale quadro europeo.

Per il piano auto appuntamento al 5 marzo (e l’acciaio il 4)

Non ci sarà, invece, alcun capitolo automotive nel Clean Industrial Deal. A confermarlo, ieri, Andrea Cardinali, Direttore Generale di Unrae (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri): “Non conterrà alcuna misura per il settore auto, contrariamente a quanto anticipato a metà gennaio dal Vicepresidente Esecutivo Stéphane Séjourné, che aveva assicurato entro 40 giorni “soluzioni efficaci con l’obiettivo di stimolare la domanda di auto pulite, fra le altre cose con una strategia legata al rinnovo delle flotte aziendali”. Appuntamento, allora, al Piano d’Azione che dovrebbe essere presentato dalla Commissione Europea il prossimo 5 marzo, come risultato del ‘Dialogo strategico sul futuro dell’industria automotive europea’, avviato lo scorso 30 gennaio. Per l’acciaio, invece, la data fissata ieri per il dialogo strategico è il giorno prima: 4 marzo.

Il plauso politico di Renew: obiettivo 90% di emissioni in meno al 2040

Ieri, intanto, è arrivato un primo plauso politico al piano. Renew Europe, guidata dalla presidente Valerie Hayer, ha infatti espresso “un forte sostegno per un settore industriale europeo competitivo e sostenibile”. Accogliendo “con favore il fatto che la proposta si concentri sulla riduzione dei costi energetici, sulla facilitazione degli aiuti di Stato e sul rafforzamento delle difese commerciali, pur mantenendo alte le nostre ambizioni climatiche”. Renew Europe ritiene che il Clean industrial deal sia “un passo fondamentale per garantire che le industrie europee rimangano innovative e resilienti nel mercato globale”. Il gruppo sostiene le misure che rafforzano la competitività e accelerano la transizione verde dell’Europa. “L’Europa deve guidare il rinnovamento industriale rendendo le nostre industrie più competitive e rimanendo fedele ai nostri impegni sul clima”, afferma la presidente di Renew al Parlamento Ue. Sul pacchetto Omnibus, Hayer si aspetta “che la Commissione dimostri che la semplificazione significa raggiungere i nostri obiettivi politici più velocemente e in modo più semplice ed economico”. Infine, Renew Europe si aspetta anche un chiaro impegno a raggiungere un obiettivo di riduzione delle emissioni del 90% entro il 2040. Un target previsto dalle ultime bozze. “Se così fosse, avremmo rassicurazioni sul fatto che questa è una Commissione che mantiene la rotta”, ha concluso Hayer. Una rotta, quella dell’Unione europea, che si accoda a quella precedente ma punta verso l’obiettivo net-zero con tante strade parallele per non scontentare nessuno (“transizione sì ma sostenibile economicamente e socialmente”, come dicono le destre continentali), almeno a parole. E non soccombere più a Stati Uniti e Cina. Sulla riuscita, anche perché l’Ue è ancora un insieme di Stati autonomi su tanti fronti, si vedrà.

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