IL LIBRO DI ANNA CORRADO, ELENA GRIGLIO E G.M. RACCA

E-commerce pubblico, cantiere digitale, identity wallet: digitalizzare gli appalti è una via lunga, ancora modifiche mirate

 

Nonostante i fondamentali passi avanti realizzati con il nuovo codice degli appalti e con l’entrata in vigore della nuova fase dal gennaio 2024, l’analisi svolta dalle tre giuriste – fra cui la capo ufficio legislativo del ministero delle Infrastrutture – evidenzia ancora “criticità” e “modifiche mirate” da fare. Fortissimi rischi connessi alla “burocrazia digitale”, alla disparità di situazioni di partenza fra le PA, alla rigidità delle procedure tecnologiche, alla reiterata resistenza delle amministrazioni certificanti a mettere a disposizione del Fascicolo virtuale dell’operatore economico (FVOE) le proprie banche dati. Molti spazi per innovare – anche in termini di accelerazione delle procedure di esecuzione e dei pagamenti – abbandonando la mera traduzione da analogico a digitale. Le nuove direttive sugli appalti servano a recuperare i ritardi dell’Europa, seguendo il “modello italiano”

12 Mag 2025 di Giorgio Santilli

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E-commerce pubblico, cantiere digitale, identity wallet: digitalizzare gli appalti è una via lunga, ancora modifiche mirate

“La strada per la digitalizzazione è stata intrapresa con successo sebbene ci sia la consapevolezza che il percorso non sia concluso”. Restano “criticità” e occorre “che il Legislatore intervenga ancora con modifiche mirate”. A sorprendere non è il buon senso di queste parole ma la fonte da cui provengono: tre giuriste autorevoli – Anna Corrado, Elena Griglio e Gabriella M. Racca – di cui la seconda è capo dell’ufficio legislativo del Ministero delle Infrastrutture e la prima componente della struttura di missione del MIT e coordinatrice del gruppo di lavoro sulla digitalizzazione degli appalti. Due parti in causa. Quando Elena Griglio dice al Legislatore che bisogna ancora intervenire con “modifiche mirate”, parla evidentemente a se stessa e al suo ministro, mentre pubblicamente Griglio e Salvini hanno sempre avuto un atteggiamento fortemente conservativo del codice entrato nell’operatività a luglio 2023 e poi corretto una sola volta a fine 2024. Sarà interessante ora capire se queste modifiche mirate, della cui necessità le tre giuriste autrici delle conclusioni risultano convinte, entreranno nel decreto legge Infrastrutture (o forse nel capitolo Infrastrutture di un decreto omnibus) all’ordine del giorno del Cdm forse già la prossima settimana.

Corrado, Griglio e Racca hanno curato il volume “La digitalizzazione dei contratti pubblici” (Dike Giuridica, 271 pagine, 30 euro) che qui anticipiamo nelle sue conclusioni e che sarà presentato oggi nel corso di un dibattito al Consiglio di Stato. Il primo aspetto interessante del saggio è che si tratta di un’opera tutta al femminile, scritta da quindici autrici tutte protagoniste di questo mondo (ingegneri, informatiche, magistrate, avvocate, professoresse universitarie). Aldilà degli aspetti di cronaca e di attualità, che pure sono rilevantissimi, il volume contiene un’analisi puntuale dei principali aspetti della digitalizzazione e dello stato dell’arte sull’intero processo.

Da una parte il volume evidenzia senza alcuna remora i moltissimi rischi che corre, tuttora, il processo in corso. Dall’altra, indica strumenti (cantiere digitale, identity wallet, ecc.) che completerebbero il percorso o contribuirebbero a vincerne le resistenze, ma che ancora non sono stati adottati.

“L’utilizzo di piattaforme e la progettazione di servizi digitali – è scritto nelle conclusioni – possono produrre, infatti, una sorta di “burocrazia digitale” anche più insidiosa di quella associata alle attività amministrative analogiche”. E ancora: “Non ha senso trasformare pedissequamente una procedura analogica in digitale, portandosi dietro richieste di consenso o aggravi procedimentali quando tutto ciò può essere semplificato a monte riponendo fiducia nelle amministrazioni coinvolte, nell’applicazione delle norme, ovvero contando su piattaforme solide e affidabili che garantiscono organizzazione e gestione delle attività”. Va, in altri termini, “superata la malintesa dematerializzazione del cartaceo, riprodotta con strumenti informatici, che ha duplicato le criticità e non permette di ottenere tutti i vantaggi del digitale. L’obiettivo, anche europeo, è il passaggio dalle autocertificazioni – (Documento Unico di Gara Europeo, DGUE) – al Fascicolo Virtuale come unico punto interoperabile di raccolta di dati che rivelano l’assenza di cause di esclusione in tempo reale”. In questo senso è l’Europa, che si appresta a varare nuove direttive in materia di appalti e concessioni, a dover copiare dall’Italia.

Un passaggio fondamentale nell’attuazione del codice appalti è ”contrastare le resistenze che molte amministrazioni certificanti hanno dimostrato in questi mesi nel non mettere a disposizione del Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico le banche dati di cui sono in possesso per acquisire automaticamente le certificazioni richieste dal Codice e per rendere più celere l’attività di verifica dei requisiti, costringendo addirittura il Legislatore a introdurre più di una norma per sollecitare questa condivisione, modifiche normative che suonano più come “moniti culturali”, e che danno evidenza delle ritrosie registrate nella condivisione dei dati pubblici”. Questa bacchettata è di strettissima attualità, visto che si è dovuti intervenire anche con il correttivo per spingere le amministrazioni titolari di banche dati relative ad attività certificanti ad allinearsi alla strategia complessiva.

Qui scatta il suggerimento di uno degli strumenti alternativi da azionare come leva per vincere le resistenze. “In attesa del completo superamento di queste resistenze – dicono le tre curatrici –  potrebbe essere importante esplorare le opportunità che giungono dalla realizzazione dell’Identity wallet digitale, creando ai fini dei contratti pubblici il c.d. wallet dell’operatore economico nell’ambito del quale inserire una serie di certificazioni utili, che si aggiornino automaticamente grazie al collegamento con la PDND”. Potrebbe trasformarsi, quindi, in una sorta di “green pass dell’operatore economico, sotto forma di QR code da utilizzare per ogni tipo di procedura che integra il Fascicolo virtuale dell’operatore economico. Questo consentirebbe anche di eliminare definitivamente i certificati con validità a termine, secondo la superata logica cartacea”.

Un suggerimento anche all’Unione Europea che “dovrebbe superare la logica dell’autodichiarazione, favorendo l’interoperabilità e il modello di accertamento in tempo reale della qualificazione. Ciò potrebbe consentire la pre-verifica dei requisiti da parte del concorrente, con possibilità di sanare eventuali irregolarità prima della presentazione dell’offerta (self-cleaning). In tal modo, potranno essere evitati errori involontari e dichiarazioni non veritiere, con efficacia, tempestività e conseguente riduzione del contenzioso. In prospettiva, si potrebbe immaginare il completo superamento del sistema basato sull’autodichiarazione dei requisiti, con drastica riduzione degli oneri per la partecipazione alle procedure di affidamento. Ottenuta una verifica automatizzata della qualificazione degli operatori economici – continuano Corrado, Griglio e Racca – ci si potrà concentrare sulla migliore scelta del contraente, con l’esperienza di accesso alle piattaforme pubbliche di procurement che dovrebbe divenire sempre più simile a quella degli operatori privati dell’e-commerce, ma con a monte gare pubbliche (confronti concorrenziali) che assicurino la tracciabilità e il rispetto dei principi nazionali ed europei, evitando di consegnare le scelte di politica industriale e le scelte del procurement pubblico alle piattaforme private di e-commerce”.

Questo è uno delle proposte più innovative del libro. “Si potrebbe sviluppare un commercio elettronico pubblico, basato su mercati nazionali e locali (anche con sezioni dedicate al terzo settore) e trasparenti e su reti di fornitori qualificati, pronti non tanto a competere quanto a collaborare, con l’istituzione di un sistema di piattaforme nazionali di e-procurement, conformi alle disposizioni e agli standard europei, ovvero a quelli nazionali e di settore per i contratti sotto soglia. L’utilizzo delle piattaforme non costituisce un aggravio per il settore dei contratti pubblici, ma può essere invece una grande occasione di efficienza e di competenza. La produzione di dati assicura analisi che consentono di dare vita a nuovi e inattesi flussi informativi che possono essere alla base delle politiche pubbliche e della programmazione della spesa; ma per arrivare a questo è necessario che i dati ci siano e siano completi e puliti (con definizioni e modalità uniformi)”.

Non poteva mancare un riferimento all’introduzione, a partire dal 1° gennaio 2025, degli obblighi connessi all’utilizzo di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, la gestione digitale della fase esecutiva dei contratti dovrebbe registrare, quanto meno per il settore dei lavori pubblici di importo superiore ai 2 milioni di euro, un ulteriore salto di qualità. “Ciò – dicono le autrici – in quanto i vantaggi connessi alla gestione informativa digitale delle costruzioni si sommerebbero a quelli connessi alla gestione digitale delle attività tecnico/amministrative tipiche della fase di esecuzione del contratto, quali emissione Stati Avanzamento Lavori (SAL), autorizzazioni al subappalto, modifiche contrattuali e proroghe, sospensione dell’esecuzione, conclusione e collaudo. In questa prospettiva si potrebbe fare strada al ‘cantiere digitale’.  La sfida della tempestività e correttezza richiede l’attuazione della modellazione informativa, che avvia un possibile cambio di paradigma con la definizione di accordi di collaborazione basati sulla modellazione digitale delle prestazioni richieste, per assicurare la tempestiva esecuzione e la possibilità di incentivi e lotti aggiuntivi per chi esegua al meglio, in un’alleanza digitale tra stazione appaltante e operatori economici per l’intera durata del ciclo di vita del contratto pubblico. L’obbiettivo comune delle parti dell’accordo digitale diviene una tracciabile tempestività dell’esecuzione e dei pagamenti che renda condiviso e sinergico l’impegno verso il risultato”.

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