Piano strutturale di bilancio
Giorgetti fissa la TRAIETTORIA della spesa: +1,5% medio per 7 anni
Il Consiglio dei ministri ha svolto un primo esame del nuovo Psb. Ma il documento è ancora incompleto perché deve recepire gli aggiornamenti dell’Istat sulle stime di crescita del periodo 1995-2023. Il Piano fissa il target del rapporto deficit-pil sotto il 3% entro il 2026 e prevede un piano di riforme e investimenti per proseguire il percorso intrapreso con il Pnrr
Rapporto deficit-pil sotto il 3% nel 2026, una crescita della spesa netta all’1,5% in media: si scoprono le prime carte sul nuovo Piano Strutturale di Bilancio di medio termine. Il documento introdotto nell’ambito della riforma delle regole di bilancio europee è passato ieri a un primo esame del Consiglio dei ministri. Un piano non ancora compiuto dal momento che si attendono le revisioni statistiche apportate dall’Istat nell’ambito della “Revisione generale delle stime annuali dei Conti nazionali del periodo 1995-2023”, che saranno rilasciate il prossimo 23 settembre e saranno inserite nel Psb.
Come ha spiegato il Mef, al termine della riunione del Consiglio dei ministri, la traiettoria di spesa netta inserita nel Piano, che rappresenta il nuovo indicatore univoco sottoposto alla sorveglianza della Commissione, è in linea con le aspettative delle autorità europee. Nell’orizzonte temporale considerato dal Piano il tasso di crescita della spesa netta si attesterà su un valore medio prossimo all’1,5 per cento. La traiettoria, inoltre, è coerente con l’andamento dei principali saldi di finanza pubblica già previsto dal Programma di Stabilità dello scorso aprile.
Il Piano definisce anche le linee strategiche relative alle riforme e agli investimenti che il Governo ritiene di realizzare nell’orizzonte di riferimento, in particolare quelle funzionali all’estensione da 4 a 7 anni del periodo di aggiustamento. Due le finalità programmatiche del Piano:
la definizione del percorso della spesa netta aggregata, ovvero la spesa non finanziata da nuove entrate o risorse europee senza contare gli interessi passivi sul debito e gli effetti ciclici di particolari tipologie di spesa; un piano di riforme e degli investimenti da realizzare in un determinato periodo. In ogni caso all’Italia si applica la procedura di deficit eccessivo prevista dal precedente patto di stabilità.
Il Governo continua a portare avanti una politica fiscale prudente e responsabile, proponendo un percorso di rientro dal disavanzo eccessivo realisticamente più ambizioso di quello prefigurato dalla Commissione europea attraverso la traiettoria tecnica, impegnandosi a scendere sotto la soglia del 3% del rapporto deficit/PIL già nel 2026. Dopo il 2026, il percorso proposto consentirà di garantire la stabilità del debito pubblico italiano e permetterà alla finanza pubblica di affrontare con maggiore efficacia le sfide future. Il Piano include riforme ed investimenti che proseguono il percorso intrapreso con il PNRR e lo aggiornano per agire con maggiore incisività su sfide quali la PA, giustizia, miglioramento dell’ambiente imprenditoriale, compliance fiscale.
Dopo aver recepito le indicazioni dell’Istat, è atteso un nuovo passaggio del Piano in Consiglio dei ministri prima dell’invio alle Camere, che dovrebbe cadere nella prima settimana di ottobre. Poi l’invio a Bruxelles. La scadenza posta dalla Ue è quella del 20 settembre ma si tratta di una deadline flessibile anche perché sono molti i Paesi in ritardo. Ma entro il 15 ottobre i piani andranno presentati.
Anche se è stato soltanto un primo esame, la sessione di bilancio entra nei fatti nel vivo con la relativa caccia alle risorse, che in realtà è già cominciato. Il Psb tratteggia il quadro di finanza pubblica entro cui disegnare la prossima legge di bilancio, che approdera’ in Cdm entro il 15 ottobre. L’entità della manovra dovrebbe attestarsi intorno ai 25 miliardi di euro. Il cuore della legge di Bilancio rimane la conferma del taglio del cuneo fiscale fino a 35 mila euro. Un intervento che richierebbe quasi 11 miliardi di euro. Si tenta ora di allargare la platea dei beneficiari comprendendo anche la fascia fino a 55-60 mila euro e questo richiederebbe altri 2 miliardi. Confermando anche le altre misure varate lo scorso anno, servirebbero, secondo le stime dell’Upb, circa 18 miliardi. Sul tavolo c’è la revisione delle tax expenditure. E, non da ultimo, la messa a punto di politiche di contrasto al calo demografico, caldeggiata dal ministro Giorgetti. Allo studio del Mef, ci sarebbero modifiche dell’assegno unico o sgravi fiscali ad hoc per le famiglie piu’ numerose. Altro tema caldo l’ipotesi di far rimanere i dipendenti della Pa su base volontaria fino a 70 anni.