LO SCENARIO TEHA

Data center: in Italia investimenti fino a 23 miliardi, occupazione al triplo al 2030. Lombardia al top, il nodo energia

Il nostro Paese può puntare su un modello energetico unico, che può contare su diverse fonti di energia: dall’idrogeno al biometano, dalle rinnovabili all tecnologie per la carbon capture. Ma pesa il problema infrastrutturale: entro il 2028, il volume dei dati passerà da 149 a oltre 394 zettabyte, il consumo energetico dei data center è destinato a crescere di 6 TWh ma sebbene la produzione energetica da fonti rinnovabili aumenterà di 42 TWh nello stesso periodo, garantendo energia sufficiente, si rischia di perdere il potenziale. A guidare il mercato globale sono gli Stati Uniti, con oltre 5.000 Data Center, seguiti dall’Ue con 2.220 unità.

23 Apr 2025 di Mauro Giansante

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Data center: in Italia investimenti fino a 23 miliardi, occupazione al triplo al 2030. Lombardia al top, il nodo energia

Se è vero che i dati sono il nuovo petrolio, l’Italia potrà essere un bacino prezioso nel prossimo futuro. Questo perché, secondo gli scenari delineati dal think tank The European House – Ambrosetti, il mercato dei data center al 2030 vedrà il nostro Paese consolidarsi come quinta potenza europea (7,6% del mercato continentale) e 12esima al mondo, arrivando ad abilitare 23 miliardi di investimenti tra nuove costruzioni, approvvigionamento e riempimento dei server It per le infrastrutture. Triplicando, inoltre, l’occupazione nazionale. Numeri e prospettive a dir poco succulente, più o meno sulla scia di quanto proiettato già dall’osservatorio del politecnico di Milano lo scorso anno, che – spiega Teha – si inseriscono in un contesto in cui la grande espansione dei centri di elaborazione (per via della crescente domanda di storage e calcolo avanzato, alimentata dall’intelligenza artificiale e dalle infrastrutture ad alte prestazioni) vedrà crescere il volume dei dati da 149 a oltre 394 zettabyte (cioè, un trilione di giga). E a guidare il mercato globale sono gli Stati Uniti, con oltre 5.000 data center, seguiti dall’Ue con 2.220 unità.

Le tendenze globali: dominio Stati Uniti

Sempre a livello globale, entro il 2030 il 60% sarà Hyperscale,  evidenziando un chiaro orientamento verso la centralizzazione delle infrastrutture digitali per rispondere alla crescente domanda di soluzioni scalabili ed efficienti. Parallelamente, crescerà lo sviluppo di infrastrutture distribuite e di scala più contenuta, progettate per rispondere a esigenze specifiche delle imprese, come la gestione di dati sensibili, la riduzione della latenza e il rispetto di requisiti normativi. Due modelli che, secondo il rapporto, non sono in contrapposizione, ma che possono integrarsi, offrendo risposte complementari alle diverse necessità. Per garantire uno sviluppo equilibratoè necessario costruire uno scenario di riferimento che orienti le scelte di investitori, aziende e istituzioni pubbliche, per raggiungere un equilibrio tra architettura informatica, efficienza digitale e criticità realizzative, con particolare attenzione al tema energetico.

Gli scenari sull’Italia

Quanto all’Italia, invece, potrà essere protagonista e diventare hub tecnologico di riferimento in Europa. Tuttavia, non senza sfide e nodi da risolvere. Dagli investimenti nel capitale umano qualificato alle infrastrutture per distribuire l’energia in modo efficiente. Secondo l’analisi, tra le soluzioni c’è quella di creare un Net Zero Digital Energy Hub, un modello integrato di pianificazione territoriale che concentri gli investimenti in infrastrutture It ed energetiche. La Lombardia sarà ancora la Regione protagonista, dice Teha. Dei 513 megawatt di capacità installata in Italia al 2024, ben 317 MW si trovano in Lombardia (61,8% del totale), con 238 MW concentrati nella sola Milano (46,4% del totale), posizionando la città tra le principali piazze emergenti in Europa.

In termini nazionali, però, la posizione del nostro Paese è strategica all’interno dell’area mediterranea, favorendo la connessione di flussi dati tra Europa, Medio Oriente e Africa. Ma, avverte il think tank, il suolo nelle aree più strategiche si sta esaurendo e altri Paesi, come quelli della penisola iberica, stanno diventando sempre più competitivi. L’attrattività dell’Italia nel settore dei Data Center dipende inoltre dalla capacità di affrontare alcune sfide fondamentali. Tra queste, la necessità di migliorare la connettività, semplificare i processi autorizzativi e ridurre i costi energetici (oggi il prezzo dell’elettricità per le imprese in Italia è il più alto al mondo, circa 0,54 euro/Kwh), attrarre e formare capitale umano qualificato, considerando che ad ora solo il 18,5% dei giovani italiani tra i 20 e i 29 anni possiede una laurea in materie Stem, ampiamente al di sotto della media Ue (23%).

Il nodo infrastrutture perla distribuzione energetica

Il nodo energetico è quello più preoccupante, però. Non solo dal punto di vista della disponibilità complessiva delle risorse ma piuttosto per la capacità di distribuirla in modo adeguato, stabile ed efficiente. Tra il 2020 e il 2028, spiega il rapporto, il consumo energetico dei data center è destinato a crescere di 6 TWh ma sebbene la produzione energetica da fonti rinnovabili aumenterà di 42 TWh nello stesso periodo, garantendo energia sufficiente, la mancanza di infrastrutture adeguate rischia di vanificare questo potenziale.

Ecco allora che serve pianificare bene gli investimenti, con tempi certi e realizzazioni sicure di nuove costruzioni: un data center richiede un anno e mezzo/due per essere realizzato. Secondo Ambrosetti, il modello attuale, basato su una logica di pianificazione degli investimenti “on-demand”, non è più sostenibile: con richieste di connessione alla rete che oggi ammontano a circa 40 GW, si rischia un potenziale raddoppio del fabbisogno elettrico nazionale senza un piano che orienti gli investimenti in modo razionale. Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha avviato i lavori per definire una roadmap nazionale chiara e condivisa.

Il Net Zero Digital Hub sopra menzionato potrà servire, in questo senso, per promuovere un modello integrato di pianificazione territoriale che concentri gli investimenti in infrastrutture It ed energetiche e utilizzi risorse diversificate, come idrogeno, biometano e tecnologie di cattura e stoccaggio della CO₂, per garantire tempi certi, minimizzare l’impatto ambientale e assicurare flessibilità, in una logica di neutralità tecnologica. La realizzazione di isole energetiche indipendenti dedicate ai data center potrebbe inoltre migliorare la sicurezza energetica, riducendo la competizione con altri settori e garantendo un approvvigionamento stabile. Infine, secondo il rapporto Teha, serve un cambio di passo per definire delle best practice tecnologiche ed accelerare I processi autorizzativi nei casi in cui, ad esempio, un’infrastruttura massimizza l’efficienza di impianto e di sistema, minimizza l’impatto territoriale e i rischi infrastrutturali, genera ritorni concreti per le comunità locali oppure è carbon neutral e a basso impatto ambientale.

“Serve una visione chiara e una collaborazione interfiliera: un dialogo strutturato che coinvolga tutti gli attori della catena del valore, dalla gestione dei dati alle infrastrutture energetiche, fino al settore pubblico”, ha detto ieri Alessandro Viviani, Associate Partner e Responsabile della Community Data Center di Teha. Perché “i data center sono motori d’innovazione e un’occasione per rafforzare la resilienza economica del Paese, stimolando occupazione qualificata e investimenti in settori come l’impiantistica e il real estate”. La strada per governare il nuovo petrolio passa da qui.

 

 

 

 

 

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